#115 -L’estate 2006 di Berlino [10-09-2006]

Un’estate 2006 da memoriale quella di Berlino non solo per l’inaugurazione della stazione di Lehrter Bahnhof realizzata dagli architetti Gerkan, Marg e Partner, per i Mondiali di Calcio (purtroppo risolti non a favore della squadra di casa) e per la gradita riappazizione della Love Parade (dopo due anni di blackout) tornata ad affollare la Grosser Stern (proprio lì dove si erige la famosa Siegessäule), il Teufelsberg (il monte del diavolo con l’ex stazione radar) e gli ombrosi viali di Tiergarten. La capitale tedesca respira di continuo un’aria di festa, quella che per decenni è mancata soprattutto a causa di problematiche legate alla sfera politica (vedi la Guerra Fredda che ha tenuto la città divisa per quasi trent’anni attraverso l’invalicabile muro). Proprio quel muro che ancora oggi si può toccare con mano facendo un salto all’Eastside Gallery nella Mühlenstraße o nel toccante Topography Of Terror in Kochstraße, nelle immediate vicinanze del tristemente noto Checkpoint Charlie sulla Friedrichstraße. La Berlino di oggi è mossa da una vitalità straordinaria che emerge da architetture al limite dell’immaginario come la celeberrima Fernsehturm che, coi suoi ben 368 metri d’altezza, si staglia nel cielo della Alexanderplatz, la sede della Cancelleria progettata dagli architetti Schultes e Frank e il centro Sony (in Potsdamer Platz) con la torre di 103 metri d’altezza e il tetto a tenda. Durante le ore notturne la vita berlinese non smette di pulsare e così ci si imbatte in eventi che fanno del centro tedesco un vero e proprio crocevia di presenze multietniche. Ad attirare le folle durante questa estate targata 2006 sono stati innumerevoli eventi che, anche nelle ultime settimane tra agosto e settembre, non hanno smesso di affiorare. Il 13 agosto, al Pfefferbank nell’ampia Schönhauser Allee, si è tenuto il Big Summer Session con predilezione per i suoni della modernista minimal-house programmata da Silversurfer, Pier Bucci, Frankie Flowerz ed LB Bad mentre il 17 e il 18 agosto si è consumato, nella Stralauer Allee, il Krautok Festival (giunto alla sua decima edizione) che ha coinvolto personaggi di spessore come Alexander Kowalski, Eric D. Clark (un tempo nei Whirlpool Productions), Fabian Feyerabendt, Snax, Housemeister, On/Off, Soffy O e Toktok. Il 26 e 27 agosto poi è stata la volta dell’Open Water che ha raccolto oltre 100 dj’s come Marco Remus, Fengari, Dr. Motte, Tomcraft, Dj Hooligan, Hardy Hard, Miss Yetti, Trick & Kubic, Emerson, Jan Driver, Dave Shokh, Elektrixx, Holgi Star e chi più ne ha più ne metta. Proprio il 26 agosto, al noto Maria Am Ufer nella Stralauer Platz, si è tenuto l’Erbse Birthday Special con una consolle folta di nomi come Savas Pascalidis, Tanith, Jeremy P. Caulfield, Dave DK e P.Toile. Ad esibirsi nei live sono stati invece Format:B (from Highgrade) e gli osannati Autotune della Fumakilla. Stessa location per il We Love Neon che nella notte tra il 12 e il 13 agosto ha fatto ballare grazie al sound martellante di Tim Wright aka Tube Jerk, Dave Tarrida, Colin Dale, Mark Hawkins, Frank Müller alias Beroshima e Gabriel Palomo. In grande rilievo anche il Summer Spirit Festival svoltosi dall’1 al 3 settembre in una zona periferica in compagnia di personaggi del calibro di Trentemøller, The Advent, Dj Rush, Dave Angel, Anja Schneider, Ben Klock, Funkwerkstatt, Gunjah, Jennifer Cardini, Kombinat 100, Ron Flatter e molti altri ancora. Il 2 settembre ha visto anche lo svolgimento del DMA (Dance Music Award) in compagnia di artisti rappresentativi come Anthony Rother, Chris Liebing, Digitalism, Kid Alex, Moonbootica, Northern Lite, Paul Van Dyk, Timo Maas, Tom Novy e Sven Väth. Una stagione estiva da urlo quindi per Berlino che continua ad incarnare il ruolo di capitale della musica elettronica europea. Le strobo spezzano i movimenti, i wood e le smoke-machines trasportano verso atmosfere da science-fiction, le luci psichedeliche si mischiano alle migliaia di insegne luminose che di notte diventano microscopici puntini visti dalla cupola vitrea del Reichstag subito dopo la Brandenburger Tor. E così Berlino continua a vivere di luce propria nell’attesa di consumare un altro importante evento, il consueto Popkomm, previsto dal 20 al 22 settembre in quel di Messedamm.

-Aa.Vv. “Electric Injection” (Harthouse): ci pensa Roland Bone a selezionare e mixare questa raccolta che tenta di riportare ai fasti d’un tempo la Harthouse, la mitica label nata nel 1991 da un’idea di Sven Väth, Heinz Roth e Matthias Hoffmann ed ora assorbita dalla Daredo di Mannheim. 17 gli esempi di moderna musica elettronica rivolta al dancefloor firmati da Extrawelt, Özgür Can, Hardfloor, Alexi Delano, Zoo Brazil, Alex Flatner, Joel Mull e Stanny Franssen. In rilievo i ben ritrovati Human Resource con “Dominator (Is Hell The One And Only Dominator?)”, classico della techno dei primi anni novanta ricostruito dalle sapienti mani di Dj Hell e l’esclusivo “Eaux Trouble” di Terence Fixmer che prosegue nel sostenere la new-ebm. E la missione di Harthouse continua.

-Wollion “Ibilektro” (BluFin): mix-cd atto a ricordare le calde notti ibizenche trascorse nel ballare musica electro-house. Quella in cui la BluFin e i suoi principali alfieri (come Wollion e l’amico Lützenkirchen) credono ciecamente da oltre un anno a questa parte. I suoni modaioli scorrono veloci nelle tracce di Kurd Maverick, Trentemøller, Kolombo, Cirez D, Yello, Booka Shade, Carlos Montes, Damon Gee & Olivier Giacomotto, Moguai, Mike Litt, Karotte e molti altri ancora. Una raccolta essenziale per chi ama l’electro-house, entrata di diritto nel gergo dei giovanissimi oggi attirati dai suoni technologici.

-Dynarec “Body Sequencer E.p.” (Electrix): il misterioso producer (noto anche come Speakwave e Chris Kalera) incide un disco che riporta l’Electrix ad una pregiata forma di electro che non tutti sono ancora in grado di ‘decifrare’ e quindi apprezzare. Nelle quattro tracce il francese dona scariche di electro puritana non distanti dallo stile del compianto Drexciya, beats corrosi dai suoni old-school ed incroci tra le linee melodiche di Japanese Telecom e i breaks lividi dei finnici Imatran Voima. Una su tutte ? “Need No Paper” col suo electrofunk in grado di far riecheggiare il mondo delle nature morte promesso dalla Stilleben di Luke Eargoggle.

-Eclat “Revolution” (Morris Audio): rimasto solo a condurre il progetto nonostante il disco in questione sia firmato ancora con Giulio Andreini, Francesco Parra entra nel mondo Morris Audio dopo le avventure tra le mura di celebrate labels come la Music For Freaks di Luke Solomon, la Moodmusic di Sasse e la Players Paradise dei Dirt Crew. “Revolution” gioca le carte della techno-house saldate insieme da un velo acido. Il pulsante groove poi tende a rammentare lo stile napoletano di qualche anno fa reso attualissimo dalle graffiate del glitch. Il remix è affidato a Marzio Aricò alias Prudo che costruisce con dovizia i beats dal fascino tech-house e dal tiro progressive. Non mancano incursioni metalliche che fanno del pezzo una gemma moderna di musica prodotta esplicitamente per ballare.

-Ditone “Generic Signal” (Heatray): seconda apparizione per la Heatray (nonostante sia il #001 di catalogo) nella quale si ritrova la voglia di osare e di sbandierare ai quattro venti l’amore per la vintage electro. Quattro le tracce, tutte senza titoli, edificate entro suoni vintage (rim-shots e cowbell in prima linea), soluzioni progressive, battute sincopate e geometrici basslines. In particolare dalla info 1 riaffiorano i suoni dell’indimenticata “Under The Influence” dei Chemical Brothers (dall’album “Surrender”, 1999). Cultura analogica su vinile.

-Silicone Soul “The Pact” (Soma): conosciuti anche in Italia grazie alla hit “Right On!” di qualche anno fa, i Silicone Soul (Graeme Reedie e Craig Morrison) si fanno risentire ancora sulla label scozzese degli Slam! con un nuovo 12″ sviluppato intorno a due tracce estrapolate dal terzo album, “Save Our Souls”, atteso per la fine di settembre. Se con “The Pact” vi potrete immergere in un’estiva hi-tech-funk a volte abbracciata alla modaiola electro-house, “The Unforgiven Dub” sbatterà sotto la vostra puntina una house dal respiro atmosferico e deep piuttosto distante e differente da quella che il duo aveva impresso in “Staring Into Space”. Un ritorno alle origini ?

-Aa.Vv. “Diamanten Und Raketen” (Klang Elektronik): è questa la nuova saga della Klang (fondata nel 1993 da Heiko Schäfer ed Atanasios Christos Macias) che prosegue il concetto della “Famous When Dead” apparsa per anni sulla ‘sorella’ Playhouse. Successi più recenti (i ‘diamanten’) alternati a diverse anteprime ancora sulla rampa di lancio (i raketen’) sono legati dall’amore per la post-techno che si esterna attraverso Avus, Johannes Heil, Misc., Alter Ego, Destillat, 2 Dollar Egg, Phage & Daniel Dreier e Raudive aka Oliver Hô. Da non sottovalutare gli astrattismi scomposti di “Ding Dong” di Bergheim 34 (riletto dall’estroso Jan Jelinek camuffato dietro Farben) e la primitiva semplicità della techno anni novanta infusa nelle partiture di “D.O.S.” di Jamal R. Moss alias Hieroglyphic Being, un tempo compagno di Traxx e Deecoy nel progetto The Dirty Criminals.

-Casco “Cybernetic Love” (Radius): è lo storico dj genovese Salvatore Cusato ad incarnare l’anima del progetto Casco, gemma pregiata della vecchia ma indimenticata italo-disco che oggi vive una seconda giovinezza grazie alla belga Radius. La label di Spacid, dopo aver ripubblicato (nel 2004) “Stop” e “Living Up” attraverso due remix ad opera dei finnici Bangkok Impact e Putsch ’79, mette le mani sulla storica “Cybernetic Love” lasciandola in pasto all’olandese Remy ‘Dexter’ Verheijen, colui che muove i fili della Klakson. Ad ottobre, su Music Control, sarà la volta dell’album che conterrà , tra i tanti, anche la trilogia “Cybernetic Part II”, “Cybernetic Part III” e “Cybernetic Part IV” in puro Moroder-style. Un vero vanto per l’Italia.

-Arne Weinberg “Doctrina E.p.” (Affected Music): vinile colore azzurro pastello per un disco che però, seguendo i suoni adoperati, avrebbe dovuto essere nero come la pece. Il tedesco infatti, nelle quattro tracce, affronta discorsi a metà strada tra la tribal-techno e l’electro d’altri tempi sempre e solo tinteggiata da colori scuri ed atmosfere sensibilmente connesse agli strati deep. “Dark World” ne rappresenta l’esempio emblematico coi suoi suoni glaciali e i ritmi sincopati. La tiratura si ferma alla copia 500.

-Soultourist “Yeah!” (Drumpoet Community): terza uscita per la nuova sussidiaria di Compost che ha fissato il suo quartier generale a Zurigo. Protagonisti sono i Soultourist, vero e proprio collettivo composto da Tobi Foster, Ron Shiller, Phil Wüger e Big Clap, vicini ad un filone che trae linfa dal boogie, dal soul e dalla house prima maniera. “Yeah!” infatti pare nascere dal sound oscuro di Chicago, sia nella Original che nella dub di DK. Più slow-motion le rimanenti, “Maniac Love” e “Maniac Beats”, che fanno calare i bpm sino a 100 andando a spulciare i suoni della musica psichedelica e dell’afro anni settanta.

-Lars-Christian Müller “Mind Cookies E.p.” (Whirlpoolsex Music): non aspettatevi grandi novità dal punto di vista stilistico (la label di Leipzig non si è mai distinta per questo) ma sicuramente “Mind Cookies” è il disco da utilizzare a centro serata. Müller, aiutato da Patrick Strube, si diverte a maneggiare i suoni della 909 e a far volteggiare nell’aria le atmosfere della chicago anni novanta. Il tunnel è di tech-electro-dark-house e porta diretto verso un ideale combo tra i bassi ruvidi di Trentemøller e i glitches di Andy Vaz.

-Ike Yard “1980-82 Collected” (Acute): nato nel 1980 dalla collaborazione tra Fred Dewey e Stuart Argabright, il progetto Ike Yard affonda le radici nel primo post-punk, nelle avanguardie elettroniche incrociate con la new-wave, in sensazioni ebm dal retrogusto industrial. Questa collection voluta dalla Acute (in collaborazione con Carpark) sceglie 18 tracce tra cui classici senza tempo come “Night After Night”, “Sense Of Male” e “Loss” e vari unreleased come “Wolfen”, “War=Strong”, “20” e “Dancing+Slaving” pronti a far vibrare, a 26 anni dalla loro nascita, le corde del suono newyorkese che più si avvicinava all’oltraggiosa produzione europea.

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