#142 -Alexander Robotnick, un vanto per l’Italia

Per l’anagrafe è Maurizio Dami ma il mondo della musica lo conosce da oltre un ventennio come Alexander Robotnick. Ideatore, assieme a Daniele Trambusti e Stefano Fuochi, della band ‘dance cabaret’ degli Avida (riapparsa proprio di recente grazie ad un progetto edito dall’olandese Crème Organization) Robotnick conquista l’attenzione del mondo nel 1983 grazie a “Problèmes D’Amour” ritenuta ancora oggi un cult senza tempo della dance elettronica. Transitando per progetti di matrice etnica (Masala, Govinda e The Third Planet) il producer toscano viene reintrodotto all’electro nei primi anni del duemila grazie all’album “Oh No … Robotnick!” e l’e.p. “Les Grands Voyages De L’Amour” sulla francese Hot Banana che lo porta a collaborare con Kiko e The Hacker. Da quel momento è un’escalation di successi che proietta il suo nome nei circoli moderni della dance meno convenzionale come Yellow Productions (per cui firma il mix-cd “The Disco-Tech Of … Alexander Robotnick”) e la già citata Crème Organization che rilascia un’album fatto di polverosi inediti rimasti nell’armadio per lungo tempo (“Krypta 1982”) a cui s’aggiunge la lista di remix confezionati per Trans Mania, Future Forward, Robotti e Peter Katafalk. Oggi, alla luce del completo reinserimento nella scena internazionale (Dami è stato uno dei protagonisti del penultimo “Slices”, il dvd tedesco che illumina l’ambiente musicale contemporaneo con accurate panoramiche giornalistiche) viene riproposta la mitica “Problèmes D’Amour” che grazie alle sue trame inconfondibili ha costituito un modello ispirativo per personaggi come Juan Atkins, Larry Levan, Derrick May, François Kevorkian, Marshall Jefferson, Larry Heard e molti altri ancora. Il progetto, pubblicato dalla storica Materiali Sonori (che quest’anno celebra trent’anni di attività) e distribuito per l’occasione dalla Clone di Rotterdam, propone ben dieci versioni del classico tra cui anche la primissima risalente a circa 25 anni fa, il remix di Carl Craig, un’inedito edit 2006 colorito da effettistica moderna ed una Usa Version frutto di una potente rimasterizzazione digitale che la rende attualissima. Ad anticipare l’uscita del cd, previsto per la fine di marzo, è un vinile che contiene Original, 2006 Edit, Usa Instrumental ed Usa Version, la stessa che i più attenti avevano già individuato in “Hellboy”, la collection italo-disco selezionata e mixata da Dj Hell uscita in tiratura iper-limitata nel 2005. Alexander Robotnick, che nulla ha a che fare col quasi omonimo Dr. Robotnik apparso più volte sulla piccola label finlandese Rikos Records, è ancora e meritatamente sotto i riflettori.

-Aa.Vv. “Flesh/Latex” (Spacelab): prosieguo al “Mode: Electro” del 2004, “Flesh/Latex” diffonde musica elettronica di qualità bypassando le logiche commerciali e i circuiti legati a noiosi copyright che hanno il demerito di frenare gli artisti nella distribuzione della propria musica. “Flesh/Latex” promuove uno stile dal respiro più ampio che valica abbondantemente le aspettative di chi sviluppa il gusto solo all’interno dei canonici 4/4. Nel ventre della raccolta ci si imbatte nelle connessioni electro-new-wave di 8-Bit Apocalypse, nelle melodie decadenti di Luke Eargoggle & Volfram, nel noize di Mass_Prod, nel punk avveniristico di Khima France, nei rumorismi astratti di Everybody’s Jabituliki, nell’ebm contemplato in echi solari di Quebec Connection e nell’inselvaggita rave-techno di Sabastian Boaz. Poi c’è ancora tempo per assaporare i bleeps contorti ed obliqui di Travelogue, l’onirismo sintetico dei Pigneto Quartet, le schegge elettroniche di Rodion, i patterns detroit-electro di Andreas Herz, l’obscure-disco dei C-34, l’analog-pop di Pnz e il rumore d’avanguardia di Thalido. Sono esattamente questi i materiali sonori per i corpi che si eccitano e provano piacere attraverso il contatto con le macchine.

-Patrick Pulsinger “Dogmatic Sequences -The Series 1994-2006” (Disko B): dopo quella di Dave Clarke arriva la raccolta del tedesco (ma austriaco d’adozione) Patrick Pulsinger. Ideatore di Cheap Records che negli anni novanta ha conquistato un ruolo primario nella scena techno internazionale, l’artista riprende in mano il progetto “Dogmatic Sequences” che giusto pochi mesi fa ha completato col Part III uscito dodici anni dopo i primi due (1994). Tutto ora viene convogliato in un appassionante cd in cui emerge con forza la techno dei loops stretti e violenti spesso intrisa di industrial e di neo-ebm intercalata a dosi di abstract-noize e jazz sperimentale. Un progetto che evidenzia più che bene le capacità dell’autore che da oltre un decennio continua a stupire con trovate ingegnose ed avvicenti, mai sottese alla banale voglia di adattarsi alle fredde esigenze di mercato.

-Thugfucker “Ahh” (Thugfucker Recordings): lasciando sempre più da parte l’iniziale electro-house i Thugfucker (Holmar Filipsson e Greg Oreck) si dedicano ad un concettualismo melodico aggrappato, per certi versi, all’italo-dance del passato ma riletta in chiave bleepy e traghettata nei circuiti geometrici e lineari tipici della produzione tedesca degli ultimi due anni. Le evidenti scorribande sulla tastiera tendono a rievocare lo stile che ogni estate prende piede nei clubs ibizenchi e ciò viene sottolineato ancor di più dalla presenza di suggestivi pads. Il remix è di Julien Veniel alias D’Julz, il popolare dj parigino che mette da parte tutto quello enunciato sinora prediligendo un livello istintivamente minimale sul quale innesta ramificazioni house di nuova concezione di tanto in tanto ‘sporcate’ dall’ormai classico low-fi.

-Octave One “Off The Grid” (Tresor): attivo sin dal 1990 il team degli Octave One (i cinque fratelli Burden) ritorna a due anni dal caustico “The Theory Of Everything”. Le tracce dell’album preso in licenza dalla 430 West di Detroit sono smisuratamente techno, a volte inselvaggite dall’acid (“The Third Degree”), in altre dagli inserimenti tribali (“Rock My Dub”, “Mind’s Reality”, “Empower”) ed in altre ancora da un funk spiritato (“Headrush”). L’arte del loop viene (prevedibilmente) messa a fuoco soprattutto in “Wiretaps” ove è il groove a divenire l’indiscusso protagonista di un tracciato irto di ritmo e compressioni furbe. Non mancano sbilanciamenti trasversali verso la rave in chiaro stile 90’s (“Love And Hate”), l’incrocio col breakbeat (“The Oddasee”), la sviolinata deep (“Daystar Rise Again”) e l’incavo nella flessibile progressive dal retrogusto dark (“Off The Grid”).

-Shahrokh SoundofK “Chicago” (Compost Black Label): a pochi mesi dall'”Owlflight E.p.” (su Compost) il duo formato da Shahrokh Dini ed Andreas Köhler riappare sulla ‘sorellina’ Compost Black Label con un disco che si ributta, come tanti in questo periodo, negli anni novanta. “Chicago” infatti è ispirata dalla jackin’ music imbottigliata in un basso piegato nei moderni effetti mentre “Physiology” è un’entusiastica risposta alla deep-house che di tanto in tanto riappare in certi esperimenti nordeuropei. Armonie lievemente epiche generate da un sapiente uso dell’arpeggiatore lasciano poi spazio alla più scricchiolante “Squeezer” intagliata entro intense cariche emotive che strizzano l’occhio allo stile Âme in cui si assapora funk, jazz e la frizzante carica della disco.

-Cdjjj “Minimol E.p.” (Sincrotone): è l’italiano (ma da anni residente a Barcellona) Giancarlo Giusti alias Cdjjj il prescelto per tagliare il nastro inaugurale di Sincrotone. Apparso per la prima volta con “Playmate” (sulla tedesca Audiomatique) l’artista ha sempre dimostrato di avere un debole per la techno-house d’impostazione progressive, miscela catalizzatrice di disparate culture musicali apparentemente poco conciliabili. A credere in questo sound è la neonata Sincrotone (refuso di sincrotrone, un tipo di acceleratore di particelle applicato alla fisica nucleare), net-label nata tra le mura di sonorità gotiche ed ombreggiate. Sogni proibiti, frequenze inedite, toni sfibrati da trame vampiresche: queste le caratteristiche di “Minimol E.p.” che si sbeffeggia della terminologia con cui i giovanissimi si riempiono la bocca convinti di aver scoperto qualcosa di nuovo. Sincrotone non ha questa pretesa ma solo quella di produrre radiazioni elettromagnetiche con la sua musica in cui elettroni e protoni viaggiano insieme nel buio di anfratti danteschi.

-Sneak-Thief “G-String Orchestra” (Klakson): per l’imminente apparizione su Klakson il canadese (trapiantato in Germania) Michel Morin decide di sbalordire come non mai. “G-String Orchestra” vive all’insegna di una tensione scura ravvivata da percussioni mai invadenti ed un basso che pare ispirato dal vecchio Gary Low. Dark, electro e new-wave sono gli approcci di Morin che recita anche armoniche ‘legoweltiane’ alternate ad incursioni su una tastiera letteralmente divorata da una capacità indiscutibile di sbalordire. Altro capolavoro è “My Sullen Mistress” capace di far rivivere le affannose emozioni rintracciabili nel progetto Polygamy Boys che l’autore porta avanti assieme al tedesco Stephan ‘Dj Gitano’ Busche. Più sorridente è invece “Robinson’s Funk” con cui si lambiscono sponde di una certa electrofunk olandese (Seymour Bits, la stessa Klakson) ed italiana (Pigna) mischiata a coinvolgimenti hip-hop piuttosto sbarazzini.

-Aa.Vv. “Characterize Part 1” (Aesthetik): Mark Broom alza la mano all’appello proponendo “Livin In The City”, traccia che vive all’interno di un segmento piuttosto scuro sebbene il buio venga squarciato più volte dall’intensità di pads romantici. Più geometrizzato è il sound di Texture, “Late For Work”, meno frenetico come bpm e posato su beats che danno l’impressione di uno strano rollio. Il bravo Johan Fotmeijer invece si arrampica su bizzarrie sonore regalando, attraverso “Not Human”, un vero puzzle ricamato su tonalità acute e ritmi che paiono grovigli di suoni digitali. Ultimo, solo per ordine di apparizione, il baldanzoso Tom Dazing che, reduce dall’avventura sulla MB Selektions di Marco Bailey, si dedica al glitchy style (“Click Trick”) plasmando ritmi basici ammanettati a suoni ‘palleggiati’, ormai tipici per la scuola minimal contemporanea. Cresce la curiosità per il Part 2 che, presumibilmente, arriverà prima dell’estate.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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