#167 -Il mix-cd di Claude Vonstroke

Dopo James Holden e M.A.N.D.Y. la londinese Resist mette una delle sue raccolte di maggior successo nelle mani di Claude Vonstroke. Il dj-producer di San Francisco (all’anagrafe Barclay Crenshaw), si è fatto conoscere in tutto il mondo con la stramba “Deep Throat” del 2005 che ha spianato la strada per i successivi “The Whistler” e “Who’s Afraid Of Detroit?”. L’americano parte dal presupposto di miscelare al meglio la solidità dei ritmi house alla freschezza dei suoni elettronici che, se sfruttati bene, danno sempre risultati positivi. Per la nuova “At The Controls” sceglie una lunga gamma di pezzi che definire techno-house non sarebbe errore. In particolare si scorge un certo reintegramento dell’elemento tribale e dell’afro che comunque non sposta la preferenza di strumenti elettronici ai pianoforti e trombe e parti vocali troppo elaborate. In questo quadro sono inscritte le presenze di Heckmann, Dj Koze, Luca Bacchetti, Simon Baker, Jaxson, gli immancabili Italoboyz e Samim, Martin Brodin, Mono Junk, Matthias Tanzmann, Dan Berkson, Gui Boratto, Holger Zilske e lo stesso Vonstroke (in compagnia di Christian Martin) per “Groundhog Day”. Buono per riascoltare tutto ciò che è stato consumato nelle consolle di Ibiza durante la trascorsa stagione estiva.

-Aa.Vv. “Karneval Der Verpeilten: Mukke” (Force Tracks): Force Tracks, tra le vere anticipatrici del micro-sound, nasce nel 1999 come sublabel della più anziana Force Inc. ideata da Achim Szepanski. Per l’occasione concede un numero del suo catalogo al Karneval Der Verpeilten, il festival open-air che si tiene a Berlino ogni anno (la prima domenica di settembre). Il progetto, eclettico come pochissimi al momento, interpella tutti gli artisti coinvolti nell’evento: da Captain Comatose ad Acid Pauli, da Raz Ohara ad Autotune, da The Dose a Metope passando per Donna K e BONAPARTE. Dentro ci trovate di tutto, dall’acid al dubpop, dalla techno ai rumorismi che oggi sono tanto di moda sino all’electro più spassosa (Pilocka Krach) e al sid-style più demenziale ed anticonformista (Girls United). Tutto è mixato ed editato in digitale da Mauxundmoriz.

-Lucio & Pep “Our Fuck House” (Elektrotribe): per l’uscita del loro primo album i fratelli Giuseppe e Lucio Carpentieri sono lieti di presentare un vero harem fatto di donne provenienti da ogni parte d’Europa (e non solo). Musica che prende le sembianze femminili e viceversa per un lp che idealmente diviene la ‘casa del peccato’ in cui ascoltare e ballare potrebbe essere solo un diversivo a qualcosa di ancor più piacevole. “Jessica”, “Adriana”, “Elisa”, “Jane”, “Roberta”, “Vivienne” sono alcuni degli esempi in cui i fratelli salernitani miscelano con straordinaria velocità electro, house, minimal e glitch. A volte più lisergici ed allucinogeni, altre più lineari e velati, i brani di “Our Fuck House” sputano fuori con la solita veemenza i costrutti che le masse discotecare di oggi vogliono sentire nei locali. Per concludere c’è l’ironia ed fx a manetta in “Luisona A Ribbell”, i concetti scanzonati di “Our Sister Pasqualina” e le sgomitate di curiosi fischi in “Lucia & Peppina”. Quando la musica è donna.

-Andrea Doria & Alex D’Elia “Arsenico E.p.” (BluFin): il ravennate Andrea Doria continua a rappresentare il punto italiano di sicuro appoggio per la tedesca BluFin. Per il nuovo e.p., #30 di un catalogo che non accenna a rallentare la sua andatura spedita anche in un periodo come questo in cui la vendita del vinile ha subito una brusca flessione, Doria si lascia affiancare da D’Elia (amico sin dai tempi di Atlantis Ita, 1999) con cui plasma “Arsenico”, pezzo contraddistinto dall’uso del noize e da refreins di synth velenosi (giusto per rimanere in tema col titolo) che fanno da cornice ad un ritmo irresistibile. In “Summertime” si lascia più spazio alla melodia e a bassi che si spiegazzano come fogli umidi al vento e che penetrano nel pulsante groove. L’effetto non si discosta poi così tanto da “Body Language” (M.A.N.D.Y. vs. Booka Shade). L’ultima nota è segnata da “Exit” che indica, manco a farlo apposta, la via d’uscita, il corridoio poco illuminato in cui Doria e D’Elia si divertono ancora a combinare fx rumorosi con bassi aciduli. Qualcuno la chiama dirty-electro-house, quella che in fin dei conti l’eclettico artista (anni fa noto come MC Hair) si porta dietro sin dai tempi della smash-hit “Bucci Bag” (2002).

-Hardfloor “The Life We Choose” (Hardfloor): occorrerebbero fiumi d’inchiostro e decine di pagine web per riassumere, pur sommariamente, la frenetica attività degli Hardfloor (Oliver Bondzio e Ramon Zenker), insieme sin dal 1991 con la missione unica di far tremare i dancefloors dell’intero pianeta. Oltre quindici anni non sono bastati al duo tedesco che oggi incide il settimo album (il secondo sulla propria label dopo “Four Out Of Five Aliens Recommend This” del 2005) fondendo ancora gli stessi elementi con cui è arrivato al successo ossia ritmiche ispirate dalla house di Chicago degli anni ottanta e la potente techno dei novanta, selvaggia nel suo incedere e priva di ogni tipo di contaminazione commerciale. Il Tb-303 è sviscerato in tutta la sua potenza su ritmi lividi che corrono impavidi nel vento dell’energia che, ad essere sinceri, oggi manca in quasi tutte le produzioni (soprattutto le tedesche). “The Trill Acid Theme”, “…Me, Three”, “Melorec”, “Itz Ok” e “Swiffer” sono solo alcuni degli esempi con cui gli Hardfloor scatenano il putiferio sulla pista mentre la title-track, “The Life We Choose”, si lascia andare sull’electrofunk alla Afrika Bambaataa ed “Apollo & Zeus” circola sull’epica downbeat straziata dai lampi acidi. Un album magico e mai noioso nonostante gli elementi centrifugati siano (quasi) sempre gli stessi da anni. Lunga vita agli Hardfloor.

-Terence Fixmer “Electrostatic” -remixes- (Planete Rouge): fu proprio con “Electrostatic”, pubblicata in sordina nel 1999 da un’allora sconosciuta Planete Rouge, ad introdurre la musica di un poco popolare Terence Fixmer nelle grazie di Dave Clarke, Sven Väth, Jeff Mills e Dj Hell (quest’ultimo ristampa il disco sulla sua International Deejay Gigolo e mette sotto contratto l’artista per due album e diversi singoli). In otto anni Fixmer (esploso a livello internazionale col progetto Fixmer/McCarthy condiviso con Douglas McCarthy, leggendario leader dei Nitzer Ebb) è divenuto il vero capostipite del movimento new-ebm che si pone il fine di ridare linfa vitale al genere nato in Belgio oltre un ventennio fa dall’unione tra industrial e punk elettronico. Con questo disco però il francese cerca di non prendere troppe distanze dalle esigenze del mercato attuale e mette la storica “Electrostatic” nelle mani di Audion (Matthew Dear) che la converte completamente in un tool dai rintocchi minimali. Meno lontana dall’originale è invece la rivisitazione dei Motor (Olivier Grasset e Bryan Black, già XLover) che pestano i piedi alla techno di Detroit cingendola con fasce dark. Per chi non ha avuto la fortuna di assaporare l’originale ecco servita sul piatto anche una potente remastered che tornerà a far tremare i muri delle vostre case.

-Heinrich Dressel “Mons Testaceum” (Strange Life Records): periodo particolarmente ispirativo per Valerio Lombardozzi (Composite Profuse, V-MR) che, lasciandosi alle spalle le recenti esperienze con Bunker e Crème Organization, approda sulla Strange Life di Legowelt con un mini-album (inciso su cdr) di pura analog-ambient-electro. L’artista, per l’occasione camuffato da Heinrich Dressel (tributo al famoso archeologo tedesco che frugava la collina del Monte Testaccio alla ricerca di cocci da classificare) abbandona le esigenze del dancefloor per dedicarsi ad una scia musicale scandita da rintocchi alla Goblin (ricordate Claudio Simonetti in “Profondo Rosso”?) e solcata da maestose flessioni armoniche scaturite da improvvisazioni virtuose. Se “Journey Through The Caves Under The Hill” può essere accomunata alla soundtrack di un film di spie durante la Guerra Fredda e “The Magic Broken Teapot” riporta al Legowelt di “Tower Of The Gipsies” (2003), “Fohat Digs Holes In The Amphora” s’incunea nelle colonne sonore horror, “Night Comes In The Broken Pots Forest” s’avvicina alle fantasie di Gerald Donald, “Ghastly Signals From The Night” è liquido come pozioni magiche e “The Dawn From The Top Of The Hill” fluttua come un ectoplasma esoterico, mistico ed un pò maligno. Archeological-music for modern ears.

-Dream Disco “In Your Eyes” (Das Drehmoment): appena 200 le copie (incise solo da un lato) di questo nuovo ed emozionante episodio targato Das Drehmoment. Protagonista è Dj Overdose (Los Hombres Nova, Get It Boyz, The Hasbeens, Novamen) che sinora ha mostrato un volto legato essenzialmente all’electrofunk. Con Dream Disco invece stupisce e dimostra di avere attinenze anche con l’electro-vintage-disco caratterizzata essenzialmente da beats, synth, basslines e voce (anche femminile). Basico (come certe cose fatte uscire in precedenza su Viewlexx) ma perfetto nella sua coesione, il pezzo rende subito l’idea dei (bei) tempi che furono gli anni ottanta. Con “I Hope” il vocoder prende il sopravvento su bassi ottavati e pizzicati su ritmi plasmati con vecchie rhythm-box. Arpeggi quasi trance poi completano la visione dell’italo-disco rivista secondo l’ottica olandese e pubblicata dai tedeschi (tra i pochi a non essersi lasciati sopraffare dal trend del minimal). Ps: sul promo-cd in mio possesso c’è spazio anche per il remix di Dj Technician (Bunker, Clone) in cui tutto è strutturato sull’electrofunk coi battiti rallentati e i bassi spezzati. Proprio alla “Planet Rock”.

-The Micronauts “Reaction” (Citizen): stampato su vinile bianco latte, il Citizen #20 è un’anticipazione di ciò che potrete trovare in “Damaging Consent”, il nuovo album dei mitici The Micronauts capitanati da Christophe Monier. Electro, techno, acid, hip-hop e rock vengono mescolati con dovizia, gli stessi stili che ormai, sin dai tempi dei primi Daft Punk, costituiscono il perno fondamentale di tutta la dance elettronica made in France. “Reaction”, con un classico basso ottavato, riporta al concetto dell’electro-techno che ha dato il meglio di sè tra 2001 e 2003 mentre “Distracted” si posa su costruzioni ritmiche più vicine alla tech-house con un delay impetuoso, suoni acuti liquefatti ed un imperante basso in battere. Bonus-track è il remix di “Bruce Lee” per gli Underworld (il cd conterrà “A Remixes Retrospective” con molte altre rivisitazioni per gruppi come OMD, Death In Vegas, Mirwais, The Chemical Brothers, Pizzaman, Neneh Cherry ed altri) che si districa in un labirintico mix tra acid-house e techno, un pò basico negli elementi, con una cassa grassa ed un basso in levare tipicamente 90’s.

-Fastgraph “Evasive Manoeuvres” (Klakson): a passi felpati la Klakson di Dexter e Steffi raggiunge il suo #016 cedendolo al bravo Frank De Groodt che per l’etichetta in questione ha già inciso “Systematic” (2001) e “../../” nel 2002. L’olandese, ricordato anche per progetti paralleli come The Operator, Sonar Base, Pieces Of A Pensive State Of Mind e The Optic Crux torna al suono meccanico ispirato dal preistorico Drexciya e ben distribuito in quattro tracce avveniristiche e da tener ben lontane dalle orecchie di chi ha un’idea riduttiva sulla musica electro. “Evasion” ricorda con esattezza la stramberia del Glass Domain del 1991 (rimesso in circolo da Clone dodici anni dopo) e “Vsat” lascia scorrere bleeps scattanti, basslines magnetici e meccanicamente azionati da una forza cibernetica. L’old-school di Detroit col suo spiccato meccanicismo non va dispersa nemmeno in “Attack Vectors” lievemente tinteggiata di nero mentre in “Bar Code” suoni spezzati e spumeggianti come bolle di sapone si piazzano su ritmi che zampillano come acqua dalla fontana miscelata a suoni vintage da C64. Un Klakson indicato agli amanti di un certo suono robotizzato e poco incline alle mode del momento.

-Alphawezen “Comme Vous Voulez” (Mole Listening Pearls): che stile questi Alphawezen! Tra i migliori nomi della Mole Listening Pearls ora capeggiata da Robert Jan Meyer, il duo formato da Ernst Wawra ed Asu Yalcindag incide un nuovo album tenendo bene a mente gli elementi dell’electro, del downtempo più raffinato e di un pop melanconico che in questo periodo dell’anno calza veramente a pennello. Contrariamente a quello che qualcuno potrà credere, il Mole in questione non si basa solo sulle classiche misure slow-tempo ma anche su casse che battono il movimento quaternario come quelle di “Film 3 (Brigitte Bardot)”, su bassi tipicamente electro new-wave (“Freeze”) e su ritmi tech-house (“Road Movie 1”). Per il resto “Comme Vous Voulez” ci riserva emozionanti sorprese a base di una fine electronic-slow-pop, tenue nei colori, mai invasiva nei ritmi e leggiadra nelle parti cantate. Per intenditori.

-Pig & Dan “Imagine” (Cocoon Recordings): Igor Tchkotoua e Dan Duncan, insieme dal 1999, iniziano l’attività di producers relegandosi alla deep-progressive-house che trova in personaggi come Anthony Pappa, Sander Kleinenberg, Deep Dish, Sasha, John Digweed, Laurent Garnier ed Hernan Cattaneo i primi sostenitori. Pian piano il sound incorpora elementi della house di nuova generazione che sposa anche techno ed elettronica e ciò ha fatto si che i due potessero divenire i nuovi astri della grande costellazione Cocoon insieme ad altri nomi come Argy, Adam Proll, Guy Gerber, David K e Jacek Sienkiewicz. Pig & Dan forgiano eclettici brani in cui riflettono di luce propria filigrane di bassi e pads sferici che agganciano ora i minimalismi alla Guido Schneider (“Imagine”, “Saturday Morning”, “Futile”), poi l’espressività di Trentemøller (“Sly Detector”, “Globetrotter”, “Moths”) e l’emozionalità plastica di Vladislav Delay (“Sympathy For The Devil”, “K-OS”). Una vera ridefinizione della musica da ballo che, mai come oggi, vive un periodo di continua interazione tra i generi e che mette in serissima difficoltà chi è abituato a classificare tutto entro ingombranti parametri.

-Faze Action “Disco Warrior” (Faze Action Records): attivi sin dal 1995, Robin e Simon Lee sono tornati recentemente sulla bocca (e nelle orecchie) dei dj’s grazie allo sferzante “In The Trees” remixato da Carl Craig e Jerome Sydenham & Tiger Stripes (l’originale risale al 1996). “Disco Warrior” invece è nuova di zecca, cantata da Tesita D’mour e che lascia spiazzati grazie ad un sound funk-disco, inequivocabilmente connesso alle materie anni settanta-ottanta. La Special Disco Mix, col suo tocco acustico (sono trombe vere) riporta diretti al periodo in cui la palla avvolta dai quadratini in vetro fungeva da punto focale mentre la Dub Mix vibra su bassi alla Bangkok Impact, ritmi alla Patrick Cowley e percussioni tipiche dell’afro-funk a cui oggi numerose etichette (come Bear Funk) fanno riferimento per ogni propria uscita. Davvero un più che gradito ritorno per i fratelli che per anni sono stati colonne granitiche dell’indimenticata Nuphonic che ha cessato di esistere nel 2002.

-Aa.Vv. “Future Sounds Of Jazz Vol. 11” (Compost): la leggendaria saga ideata da Michael Reinboth nell’ormai lontano 1995 tocca il suo undicesimo capitolo. Rarità ed esclusive sono assicurate anche questa volta tenendo a mente il suono del jazz condiviso con attitudini differenti (dall’electro alla house). Anticipatrice del future-jazz e del downtempo più raffinato e meno commerciale, Compost si attiva per rintracciare esclusive come Joash, Yannah Vaidevit, No Theory e The Invisible Session col tocco soul-detroit alla Henrik Schwarz. Poi c’è la deep-house di Dennis Ferrer, i ritmi variopinti di James Din A4, Koop (questi ultimi remixati da Prommer) e di Zeynep Erbay da Istanbul sino ai Blackjoy (nel vibrante Prins Thomas Diskomiks), a 400 Blows (l’originale è del 1985) in cui si mischia jazz e disco e al mitico remix che Maximilian Skiba ha realizzato per “Violet Violin” dell’esordiente Wojtek Urbanski. Sul sampler vinilico troverete anche una bonus-track firmata da Neil Landstrumm.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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