#175 -Cadenza, icona del minimal

Tra le più importanti depositarie del minimal di nuova concezione, la label di Luciano pare aver molto da dire negli ultimi mesi. Sembra passata un’eternità da quando il suo nome sbucò, praticamente dal nulla, nel reticolo della Imploz di Ginevra (correva la primavera del 2003) insieme ad altre realtà rimaste nel (quasi) completo anonimato quali Arm, Phictiv, Plak e Viking Music. Lo stesso Luciano (Lucien Nicolet, classe 1978) sembrava solo uno dei tanti quando all’inizio del nuovo decennio/secolo/millennio cominciò ad incidere, per etichette underground come Mental Groove, Bruchstuecke, Perlon e Max Ernst, brani che ricalcavano un suono che la massa rifiutava quasi seccamente. Oggi le cose sono cambiate a tal punto che lo svizzero (ma per lungo tempo trasferitosi in Cile) si è ritrovato ad essere un top-dj a livello mondiale, pago di aver dimostrato di saperci fare sia dietro la consolle che davanti al laptop dello studio d’incisione. ‘Ammanettato’ stilisticamente a tutta la scuola cilena (leggi Atom Heart, Ricardo Villalobos, Dandy Jack, Argenis Brito ed altri) Luciano ama ‘surfare’ sulle misure basiche e sulla musicalità blanda di un genere musicale oggi più che idolatrato dalle masse. In questo nuovo appuntamento con Cadenza mette da un lato i classici della sua corposa discografia (“Orange Mistake”, “Amael”, “Extension”, “Funk Excursion”, “Bomberos”) firmati con amici come Quenum, Pier Bucci, Lee Van Dowski e Serafin e dall’altro i beats che meglio rappresentano l’essenza della sua label. “Cadenza Contemporary 01 & Classics” infatti sfoglia quelle particolari timbriche germogliate all’interno della cultura latina, poi sovrapposte con dovizia alla classica intelaiatura della musica da ballo. Tra i prescelti Digitaline, Petre Inspirescu, Andomat 3000 & Jan, Rhadoo, Alejandro Vivanco e Pikaya. Una vera icona del minimal.

-Aa.Vv. “Secretsundaze Vol. 1” (Secretsundaze): è una doppia compilation ad aprire il catalogo di questa nuova label inglese. Da un lato Giles Smith, dall’altro James Priestley, uniti dall’amore per le ritmiche tech-house, per le percussioni e per le rimembranze dal fascino old-school. Così ci si imbatte in due tracklists vibranti colorite, grazie a Giles Smith, da Monne Automne, Einzelkind, Ian Pooley, Larry Heard e Will Saul. Priestley invece mette la testa sotto il funk con Reverso 68, Kissogramm, Franck Roger, Manuel Tur, Future Beat Investigators, Yello, Andomat 3000 & Jan, Kaos, Redshape, Doctor’s Cat e il mitico Michoacan con “2 Bullets”. I ‘mixatori’ poi tirano in ballo anche le proprie “Warriors” e ” Chariots”. Buona la prima.

-Moog Conspiracy “Elements Of Density” (Elektrotribe): ‘testa’ di Elektrotribe, Romain Favre rilascia il suo album di debutto che in moltissimi punti pare conquistato in modo definitivo dal gusto per il cinematico. Il suono che ne deriva, certo, è assai intriso di new-minimal ma c’è più di qualcosa che riesce ad invadere altre campiture stilistiche. Esempio emblematico è rappresentato da “XRay”, coi suoi toni altalenanti tra barocco e gotico, che crea un discorso decisamente più raffinato ed idealista rispetto al classico tool del 2007. L’alone di ombre e chiaroscuri aleggia su tutte le tracce ordinatamente collocate in “Elements Of Density” come “Spark”, “Rabbits Invasion” e “Dark Side Of The Moog”. Tutto è immerso in serpentine sonore oscillanti sganciate da ogni tipo di semplicistica catalogazione. E’ come se Favre prendesse il noize e il dub per installarlo sui canonici 4/4. L’effetto lo porta ad insediarsi tra Dapayk, Superpitcher e il Kalkbrenner di qualche tempo fa.

-Dinky “Get Lost 03” (Crosstown Rebels): marchio ormai affermato in tutta l’Europa (e non solo) quello della Crosstown Rebels di Damian Lazarus e Matthew Styles è una delle icone più rappresentative del nu-minimal britannico. “Get Lost”, raccolta di set mixati che la label dirama nel mondo con lo scopo di diffondere il nome dei suoi artisti, giunge al terzo atto e viene affidata alla cilena Alejandra Iglesias alias Dinky (o, a volte, Miss Dinky). L’itinerario su cui passeggia la bella dj-producer è fatto di house, deep, minimal e qualche tocco latino. Tanti gli artisti coinvolti dalla sua tracklist: da Guillaume & The Coutu Dumonts a Dan Berkson, da Matt O’ Brien a Samuel L. Session, da Radio Slave a Dennis Ferrer e Cassy passando, ovviamente, per le sue “Lost In The Forest”, “Horizontal” e “She”. Quando il microsound è donna.

-$tinkworx “Aquapolis” (Vext): un grandioso ritorno per JT Stewart che nel tempo è riuscito a costruirsi un’ottima reputazione attraverso apparizioni su etichette di un certo peso come Down Low, Bunker, Delsin, Rush Hour, Keynote, Platinum Projects e New Religion. A due anni dalla sua ultima incisione ritorna per aprire (in modo stupefacente) il catalogo di Vext, nuova label fondata da Gerard Hanson (E.R.P., Convextion). Il disco è palesemente ispirato dalla liquid-electro dei Drexciya: passando dalla “Northside” alla “Westside” per poi piegare sulla “Southside” e la “Eastside” infatti non si fa che masticare suoni sinistri e rabbrividire con basslines che scivolano come su sostanze fluide ed appiccicose. Gli snodi meccanici dei bassi non si contano come del resto i riferimenti alla produzione ‘donaldiana’ (Dopplereffekt, Arpanet giusto per citarne qualcuno) di misure ritmiche taglienti e cumuli di materie nebbiose. Solo in fondo appare un pò di luce con “Mudpump” in cui le sincopi hanno il sopravvento su un risultato che riporta al più recente Gosub.

-Scratch Massive “Like You Said” (Chateaurouge): “Like You Said” è il terzo singolo estratto da “Time”, un album che in Francia e Germania ha destato clamore riportando l’attenzione al duo, creato nel 1999, da Maud Geffray e Sebastien Chenut. Oggi, ad avvalorare il brano, sono due inediti remix: il primo è di Boris Brejcha alias Anna (dalla berlinese Autist Records), pieno zeppo di low-fi e microschegge dub caricate in un groove pulsante ed assai contagioso mentre il secondo è della bella Chloé Thevenin (nota semplicemente come Chloé) che lascia sfilare il suo personale tocco minimal-noize intarsiato di fine deep-house. Sul vinile non manca l’Original Mix in cui le tenebre sono squarciate da tetri synths a volte capricciosi. La luce filtra con più intensità solo verso la fine quando salgono voci vocoderizzate e quando il ritmo si riempie e non lascia scampo e vie di fuga.

-Etienne De Crécy “Commercial E.p. 2” (Pixadelic): segnalai il primo volume (rivelatosi un best-seller) nell’estate del 2006 (leggi Electronic Diary #109) ed oggi, questo secondo atto, non può che confermare il talento mai messo in discussione del francese (dietro anche a Motorbass e La Chatte Rouge insieme a Philippe ‘Zdar’ Cerboneschi dei Cassius). “Punk” è posta tra nu-acid e post-punk-electro-rock in una salsa che ricorda certe modulazioni alla Daft Punk, Justice e, perchè no, alla Alex Gopher. “Funk”, pur se meno scoppiettante della prima, mantiene vivo il suo incedere nel ricordo del french-touch applicato alla techno. Il remix di “Funk” è ad opera dei Bloody Beetroot (pare siano italiani), un elaborato super stiloso nel quale confluiscono il punk e il funk in un impasto sbilenco, rumoroso, distorto e chiaramente influenzato dal moderno suono francese esportato con classe e successo da artisti come Vicarious Bliss, SebastiAn, Uffie e il redivivo Mr. Oizo.

-Nick Chacona “Eagle City” (Internasjonal): la direzione della Fupp Pupp non gli basta e così crea la sua personale etichetta con cui darà voce allo stile che gli sta più a cuore ossia la funky-cosmic-afro-disco-house. Si tratta di Thomas ‘Prins Thomas’ Hermansen, divenuto, insieme agli amici Hans-Peter Lindstrøm e Todd Terje, una punta del tridente norvegese che negli ultimi tre anni ha destato più attenzione nel mondo della dance. Per dare la giusta spinta ad Internasjonal l’artista convoca l’americano Nick Chacona che in “Eagle City” mischia trance, house, disco, soul e funk creando un continuum allo stile di Michoacan e in “Mariacha” sfida l’afrobeat a colpi di basslines più aciduli con cui, forse, vuole ricordare l’acid-house ma attraverso una tensione diversa ed indubbiamente più calda. Si prospetta una grande label questa Internasjonal.

-Kiko “Alone In The Dark” (Different): nonostante sia già adorato da Miss Kittin e Laurent Garnier non credo di trovarmi di fronte al miglior Kiko. Anzi. “Alone In The Dark” è banalizzata dall’uso di un basso in reverse e da soluzioni armoniche che mi (e forse ci) fanno rimpiangere il periodo legato a “Monique” e ai fantasismi rinchiusi entro le palizzate di “Midnight Magic” (2001). Poi c’è “Maximale” ove vaghe reminiscenze a Vitalic e “Good Sluts Factory” (su Gigolo) si rincorrono tra scurismi gotici e frammenti neotrance. Pur sforzandomi non riesco a ritrovare il Christophe Dallaca più smagliante, quello che lasciava vibrare le corde dei sentimenti coi progetti sulla sua (ormai dispersa) Hot Banana. Se il nuovo album è costruito su questi presupposti, aimè, dovrò sforzarmi di cercare la creatività altrove.

-Simone Fedi “Belzebù Tales” (Eskimo): la belga Eskimo, tra le etichette che nell’ultimo quinquennio si è impegnata più a fondo nel ricercare punti di contatto tra la musica moderna e quella del passato, mette le mani sulla musica di Simone Fedi, il toscano che insieme a Francesco Piccirillo forma gli A.M.P., incontrati, giusto qualche mese fa, con una release su Laboraudio. Questa volta però la tech-house viene messa da parte a favore di un ritorno al vintage e agli strumenti veri. Con “Belzebù Tales”, pura slow-rock-disco dalle venature anni ottanta, potete iniziare il programma mente con “Judas!”, che poggia i piedi sulla disco-house, saprete far muovere il pubblico con picked-bass ed accenni melodici. La più conturbante a mio avviso è “2M/6FT” con quelle belle percussioni saldate ai ritmi e quel funk spudorato ed incastrato alla perfezione in ricordi synth-pop. Che classe!

-Sébastien Tellier “Sexual Sportswear” (Record Makers): insieme a Sébastien Tellier, in questo progetto, c’è Guy-Manuel De Homem-Christo che, prima di essere il fratello maggiore di Play Paul, è uno dei Daft Punk. Comunque nel brano in questione non c’è praticamente nulla di ‘daftpunkesco’: tutto ruota sull’ellissi di un melanconico arpeggio di estrazione trance (prendete “Communication” di Armin o “Barber’s Adagio For Strings” di William Orbit per rendervi conto delle somiglianze) e di un ritmo sincopato dal disegno molto facile che, nell’insieme, contribuiscono nel creare quasi una magia. A sporcare la limpidezza dell’Original è SebastiAn (Ed Banger) che mantiene intatto il velo quasi da requiem ma coniugandolo nel classico paradigma noize-electro-rock che la Francia inizia ad esportare con successo, quasi come accadde con la filthered-house un decennio fa. L’appuntamento si rinnova a febbraio quando Tellier tornerà nei negozi di dischi col nuovo album “Sexuality”. Noi, ovviamente, lo aspettiamo con ansia sicuri che conterrà più di qualche gradita sorpresa.

-Dusty Kid “Luna” (BPitch Control): Paolo Lodde, insieme ad Andrea Ferlin, forma i Duoteque ma da solo è attivissimo con un numero considerevole di progetti come Spacejump, Playmate, Ray, Keyem, Bibi’s Ghost, Momomusique ed altri ancora. Con Dusty Kid, già apprezzato su etichette di spicco quali Boxer, Kling Klong, Southern Fried e Systematic, adesso getta l’ancora nel porto di Ellen Allien che ha dichiaratamente detto di essersi innamorata della moderna visione deep-house dell’artista italiano. “Luna”, insieme a frammenti di house strumentale, frulla melodie celestiali ermeticamente chiuse nel recinto della nu-house che, per alcuni, sembra proprio una sorta di trance rallentata. Due i remix: quello di Tadeo, agganciato al gusto per il loop della techno di qualche tempo fa ma depurata del suo tratto più ‘mascolino’ e quello di Lee Van Dowski che invece gioca con ritmi e suoni in un costrutto che sembra crescere troppo lentamente e mai raggiungere la classica ‘botta’ capace di far capovolgere la pista. A voi la scelta.

-Sun Electric “Lost & Found (1998-2000)” (Shitkatapult): dimenticate per anni (forse troppi?) sugli hard-disk di ormai malandati pc, le tracce dei mitici Sun Electric (Tom Thiel e Max Loderbauer) tornano a suonare grazie alla Shitkatapult di Marco ‘T. Raumschmiere’ Haas. Piuttosto complesse da inquadrare in una matrice a causa della loro continua miscellanea e dell’assenza di una vera e propria identità stilistica, le tracce che confluiscono in “Lost & Found (1998-2000)” sono da considerarsi veri e propri esperimenti che sfiorano il noize, l’experimental e l’electroacustico. A risvegliare più delle altre la mia voglia di ‘sperimentalismo’ sono “Ohaya”, col suo bel basso digital-funk e “Choc Au Lait” che ricalca il dub e il drum’n’bass alla Burial.

-Jor-El “Body Trance E.p.” (International Deejay Gigolo): lo “Space Tracks” uscito nell’estate del 2005 aveva lasciato dietro di sè una scia più che positiva, soprattutto nel cuore di chi nutre un particolare feeling coi suoni dell’electro-disco dal fascino retro. La lunga attesa faceva sperare in qualcosa di ancor più eclatante e sorprendente ma “Body Trance” non è proprio quello che ci si poteva aspettare da Jor-El. Il dj-producer svedese infatti mette completamente da parte i generi sopra menzionati imboccando una strada più modaiola, non così lontana dai classici canoni del mercato discografico attuale. Sia “Elektrotrance” che “Heart Beat” infatti si pongono in un punto idealmente collocato tra trance moderna ed un’electro appena accennata dai basslines la cui stesura non è certamente all’altezza delle passate “In Memory Of” ed “I Want Disco”. Un passo indietro quindi per il nordico ed anche per una Gigolo che, nonostante il cambio di veste grafica, continua a non convincermi più come un tempo e che pare l’ennesima vittima dell’omologazione.

-Aa.Vv. “Elaste Vol. 2” -Teaser E.p.- (Compost): dopo Mooner Industries tocca a Tom Wieland (Les Gammas, 7 Samurai, Panoptikum) selezionare il secondo appuntamento con “Elaste” che si propone come una sorta di archivio di preziose (e a volte dimenticate) gemme dance degli anni settanta ed ottanta. Per gustare l’intera carrellata bisognerà armarsi di pazienza ed attendere febbraio ma nel frattempo la Compost decide di anticipare qualcosa attraverso questo e.p. che racchiude tre brani. Stesa per lungo sulla a-side c’è l’afro-disco senza tempo di “Que Tal America?” dei Two Men Sounds, targata 1979, un classico che Larry Levan proponeva sempre al Paradise Garage. Il lato opposto si apre con “Glückskugel” dei (manco a farlo apposta) Panoptikum che paga l’omaggio a Bruno Spoerri, pioniere svizzero della musica elettronica che già nei primissimi anni ottanta creava ritmi proto-techno che dopo qualche tempo avrebbero costituito le basi per il sound di Carl Craig e di tutta la scuola di Detroit. Il brano fu composto esplicitamente per la lotteria della TV nazionale svizzera ma alla fine fu rifiutato poichè ritenuto troppo frenetico. A tirare il sipario è “Nepa Dance Dub” di Tony Allen & Afrobeat 2000, altro esempio di afrobeat disco, risalente al 1984 ed estratto dal catalogo dell’inglese Earthworks. Tony Allen, ex batterista di Fela Kuti, riuscì addirittura a combinare ritmi africani al primordiale breakbeat. “Elaste Vol. 2” promette davvero tanto come potete vedere. E sentire.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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