#178 -Il ritorno dei Monosurround

I Monosurround (Erik Schäffer e Ramtin Asadolahzadeh) sono stati tra i primi, tra 2001 e 2002, a ‘cucinare’ house ed elettronica gettando le basi di una vera e propria corrente stilistica che di lì a poco avrebbe spodestato del tutto la dance più scanzonata e commerciale. “I Warned You Baby”, hit internazionale che ha consacrato il loro nome nel 2002, fu la prima tappa di una carriera che nel corso del tempo sembrava destinata solo a crescere ed ingigantirsi ma che poi, inspiegabilmente, si è quasi arenata. Segno che mantenere saldo il successo è più arduo e complicato di conquistarlo. La manciata di apparizioni sulla 1st Decade dei Northern Lite non ha fornito altri imputs decisivi al duo che, dopo un anno di silenzio (il 2005) è riapparso su Hammarskjöld e sulla Citizen di Vitalic. Le attenzioni nei confronti dei Monosurround tornano ad aumentare ed è proprio sul desiderio implacabile di rientrare nella cerchia dei top names che oggi presentano “Early Days”, una vera e propria raccolta che racchiude 11 tracce (rimasterizzate) appartenenti all’arco creativo 1999-2004. Dalla citata “I Warned You Baby” a “Bo Bullet” sino alla memorabile “Take Me, Love Me, Hate Me” e alla grintosa “Creepy Guys” toccando anche tre inediti. Il tutto è scaricabile dal loro shop online (http://www.monosurround.de). In realtà “Early Days” esce solo con l’intento di smuovere le acque prima della pubblicazione, prevista per la prossima primavera, di “Gloryland”, il primo album dei Monosurround, sul quale non è stato svelato ancora nulla. Parallelamente remixano “Delia” dei canadesi Procon. E l’attenzione si risveglia.

-Blackbelt Andersen “Sirup” (Full Pupp): considerato uno dei migliori artisti messi sotto contratto dalla nordica Full Pupp, Daniel Tjus Andersen completa il follow-up di “Alfaz De Pi”. La prima volta che ho posato la puntina su “Sirup” mi è sorto il dubbio sul numero degli rpm: 33 o 45? Già, perchè all’inizio pare davvero che sia tutto troppo rallentato ma basta attendere un solo minuto per accorgersi che la ‘scena’ si sia già nitidamente delineata. Percussioni afro e bassline acidissimo sono le due componenti fondamentali del brano, reso ancor più appetibile nel classico Diskomiks di Prins Thomas (sulla b side) che dona un feeling più compatibile con le esigenze della dancefloor. Ps: l’album è dietro l’angolo. Per ascoltarlo, pare, bisognerà attendere solo poche settimane.

-Aa.Vv. “Acido E.p. 5” (Acido Records): non mi stancherò mai di ripetere che le cose più eccitanti e genuine arrivano sempre e solo dalle piccole realtà che se ne infischiano dei trends e delle direzioni del mercato globalizzato. Acido Records è proprio una di queste realtà. Fondata nel 2004 da Dynamo Dreesen in quel di Berlino come struttura autopromozionatrice di serate, mette in mostra una serie di stili che passano dall’acid (e non poteva essere altrimenti visto il suo nome) al minimal più integralista sino ad una dance dai lineamenti sperimentali. E’ praticamente quel che accade in questo nuovissimo #005 che esplora chicago-house ed italo-disco mediante i contributi di 100Records (la sua è abstract infossata in ricordi ebm rallentati), Acidboychair con beats circolari puntellati da suoni acuti e il citato Dressen con un tool tipicamente minimal made in Berlin. Le mie preferite sono “Lovers Love To Ride” di Luke Eargoggle, lievemente più dubby rispetto ai suoi classici lavori (sintetico nei bassi ma più morbido nell’involucro melodico con tanto di riferimento all’avventura Catnip) e “Provo” di $tinkworx, pura italo-disco (strumentale) rivisitata e corretta in modo eccelso. Per fortuna c’è ancora chi crede nella musica underground. Quella vera s’intende.

-Ronny & Renzo “Big Smack & Flies” (King Kung Foo): i più attenti li potrebbero ricordare per “Uniqorns”, uscito nel 2006 col remix dei Quiet Village Project. Altri invece li hanno conosciuti più recentemente attraverso il remix di “Alone” di Mutron. Sono Ronny & Renzo, che ora ritornano con un brano abilmente incastrato tra downtempo e sognante electro melanconica. Perfettamente bilanciato tra il lounge e il trip-hop, “Big Smack & Flies” trova modo per essere ‘sporcato’ dagli effetti low-fi ricordando molto l’elvetico Bauchamp. Più racchiuso entro l’oscurità è invece il remix dei norvegesi Mungolian Jet Set (PÃ¥l Nyhus e Knut Petter Sævik) che pizzicano il dub avvicinandosi il più possibile allo stile delle colonne sonore da film. La loro rivisitazione strizza l’occhio allo stile Strange Life e a tutte le più recenti varianti e ramificazioni musicali che Danny Wolfers ci ha consegnato negli ultimi due anni, meno dance e più cinematiche.

-Elec Pt.1 “Untitled” (Bunker): Guy Tavares torna ad investire sulla musica di Andreas Gehm, alla terza esperienza sulla sua label (dopo “Acid Coloniae” e “Dangerous For The Environment”). L’attenzione del tedesco non si schioda affatto dai suoni ovattati della gothic-electro a cui l’etichetta di Den Haag è legata indissolubilmente. Forse meno sfibrante rispetto ai precedenti, questo e.p. senza titolo, snodato su cinque tracce altrettanto ‘untitled’, fluttua su vibrazioni nebbiose alla Polytron (ricordate “Porno Tampere”?) e su ricordi di violenta e graffiante electronic body music. Non manca, ovviamente, la note acid-house affiancata per l’occasione da una rivisitazione geniale di matrice hypnotic trance che, pur prendendo qualche distanza in più dal classico stilema bunkeriano, non deluderà le aspettative dei fans sparsi per l’Europa (e non solo). Più di qualcuno potrebbe trovare punti in comune con lo stile dell’ormai defunta Kommando 6 di Beta Evers.

-Nicolas Courtin “Les Yeux Fermés” (Ciel Sonore): per tutti quelli che (come me) nel 2003 consumarono letteralmente il suo “Asteroides” su Erkrankung Durch Musique il ritorno di mr. Courtin suonerà quasi come una benedizione scesa dal cielo. Un cielo sonoro visto il nome della label fondata insieme agli amici Cedric Decoster e Gregory Tancre. In un periodo come quello che viviamo in cui una certa dance elettronica inizia a sentire la netta mancanza della musicalità di un tempo, Courtin rappresenta una ventata d’aria fresca sebbene gli elementi centrifugati nel maxi e.p. (presentato come full-lenght) siano quelli della vecchia disco e dell’electro retro. Succulento il tracciato che parte da “Les Yeux Fermés”, una funky-disco spaziale ispirata (forse) dalla spettralità dei Goblin (Simonetti docet) ed attraversa “Dusk”, disarmante miscela electro-disco (avete presente il primo Legowelt che viveva tra le mura della Bunker?) e “Nightmare On A Desert Port”, più sognante e magica, portentosa quasi quanto il trucco più ingegnoso del più bravo tra gli illusionisti. Si cambia registro con “Le Voyage” ove la fanno da padroni ritmi kraftwerkiani e bassi spezzati alla Luke Eargoggle presto raggiunta dalle romanticherie disco giocate sulle ottave di “Filaments Of Light”. A conclusione di tutto il sonno eterno di “Coma”, fuga dell’autore francese nel mondo della musica ambient. Un ritorno fulminante per Nicolas Courtin. Speriamo solo che ora non si voglia assentare per altri quattro anni.

-Michal Ho “Screw The Coffeemaker” (Tuning Spork): uscito su vinile già a giugno “Screw The Coffeemaker” si ripresenta in formato cd. Artista di punta della scuderia di Jay Haze nonchè compagno dell’ormai popolare Samim nel progetto Samim & Michal, Michal Holy presenta un prodotto unto di macchie di caffè fatto essenzialmente di tech-house piena di suoni plastici, elementi ritmici intrecciati su sè stessi, melodie scarne e disadorne. I bassi rarefatti poi sono rinchiusi in sè stessi e lasciati scorrere su una serie infinita di scricchiolii e cigolii. Ad arricchire la nuova versione in cd ci sono tre brani inediti: “Got To Be Like That”, “Quitior” e “Gisele”, tutti palesemente influenzati dalla micro-dub alla Dapayk. Ps: la caffettiera in copertina è un made in Italy!

-Dream Disco “Take Me Home” (Das Drehmoment): dopo la pre-release dalla tiratura limitata a 200 copie la Das Drehmoment di Daniela Schwarz ritorna sul suono di Dream Disco, progetto ideato da Dj Overdose. L’olandese, che all’attivo vanta consistenti collaborazioni esternate in progetti come Los Hombres Nova, Get It Boyz, The Hasbeens, Los Muchachos Gruesos e Novamen, è un vero asso nell’assemblare melodie solari su beats geometrici ricamati in gloriosi basslines analogici e parti vocali tipicamente italo disco. “Take Me Home” gira che è un piacere (preferisco la Vocal Mix alla Dubstrumental Mix), con quei suoni puliti, lineari, scevri di effettistica ma nel contempo vivi e sempre pronti a vibrare. Ad essere riproposta sul vinile è la già conosciuta “In Your Eyes” che, oltre all’annunciato remix di Dj Technician (alfiere di Bunker), ora vanta anche una rielaborazione ad opera di Speculator, il newyorkese (sarà vero?) noto anche come Grackle e che insieme a Legowelt forma il misterioso duo degli Smackulator. Musica per orecchie fini. Come tutte le perle Das Drehmoment del resto.

-Paul Brtschitsch “Spindrift” (Rootknox): dopo “Monoplaine” la Rootknox reimmette in circolo le bizzarrie ritmiche di Paul Brtschitsch, artista dal nome impronunciabile almeno quanto l’ipnotismo infuso da sempre nelle sue numerose produzioni (sin dai tempi di Taksi, progetto condiviso per anni con l’amico André Galluzzi). Il Brtschitsch di oggi non perde affatto la grinta anzi, pur allineando i suoi grovigli percussivi al gusto neo-minimal, riesce a mantenere praticamente intatta la voglia di frullare gli anni novanta col suono trendy che va per la maggiore nei clubs europei. Ciò è quel che accade in “Spindrift”, traccia dal gran tiro che non molla mai, nemmeno per un istante, incuneata in quella magia che, purtroppo, manca in molte produzioni tedesche degli ultimi tempi.

-Smackos “Pacific Northwest Sasquatch Research” (Strange Life Records): anno particolarmente ispirativo il 2007 per Danny Wolfers che torna a vestire i panni di Smackos per il quarto album (dopo “The Age Of Candy Candy”, “Waiting For The Red Bear” e “Computer Day”). L’avventura riprende lì dove era stata lasciata in sospeso, con l’immagine di un geniale musicista asserragliato nel suo home-studio pieno zeppo di strumentazioni d’altri tempi intento nel piagiare tasti, muovere manopole, collegare cavi, registrare su vecchi supporti magnetici. A guidarlo è l’amore per le colonne sonore di musica elettronica nate negli anni settanta (il paragone con Carpenter è più che ovvio), a volte rischiarate da un alone luminoso che potrebbe essere accomunato, senza paura, al filone dei Boards Of Canada, Autechre, The Sabres Of Paradise, Maxïmo Park, LFO e, più in generale, a tutta la (numerosa) famiglia Warp. Da ascoltare in religioso silenzio sotto l’albero di Natale. Ma con le lucine spente.

-The Work “Givin’ It Up/Just Talk” – “Don’t You Know/Take My Love” (Powerblytt): inizio a credere fermamente che la creatività musicale più viva si sia spostata, almeno negli ultimi due-tre anni, dalla Germania alla zona settentrionale dell’Europa. A dire il vero già qualche tempo prima avevamo sentito con forza ed impeto nomi come Ural 13 Diktators, Mr. Velcro Fastener, Bangkok Impact, Imatran Voima e molti altri ma da quando Hans-Peter Lindstrøm ha saputo reintrodurre la funk-disko-afro, la situazione è variata ulteriormente. Powerblytt è parte integrante di questa (nuova?) realtà, immersa nelle nevi e nel gelo quasi perenne. Fondata due anni fa da Kjersti Marie Blytt e Lars Jacob Tynes Pedersen, l’etichetta di Bergen appare nei negozi di dischi già a settembre del 2006 ma, causa una distribuzione non molto efficace, la doppia a-side “Givin’ It Up/Just Talk” rimane (ingiustamente) nell’anonimato nonostante la qualità eccelsa ed un paradisiaco remix di SkatebÃ¥rd. Un buon motivo per parlarne ancora, giusto quando il duo dei The Work ci riprova con altri due puzzle nati da tessere pop 80s ed italo disco. Questa volta il remixer è Nightmoves, già interpellato dalla francese Kitsuné per ‘ricostruire’ “Atlantis To Interzone” dei Klaxons. Che la Norvegia stia prendendo il posto della Germania?

-Alexander Robotnick “Disco Sick” (Endless Flight): dopo aver messo le mani su “A Coffee Shop In Rotterdam” (leggi Electronic Diary #176) la nipponica Endless Flight (‘figlia’ di Mule Musiq) s’appropria anche di “Disco Sick”, secondo estratto da “My La(te)st Album”. Il brano, uno dei migliori a mio avviso dell’ultimo full di Maurizio Dami, rappresenta la perfetta combinazione tra suono retro e futurista, narrato da un vocal hook vocoderizzato ed un ritmo che incornicia in modo sublime le atmosfere. Il producer toscano (scopertosi da qualche anno anche dj) ne realizza un remix che spinge più sul lato deep enfatizzando bassi e percussioni ed avvicinandosi alla house di nuova concezione. Sul lato b invece c’è il remix di Tensnake (quello della Mirau) che ripercorrendo idealmente le tappe di Miami Vice, smorza il tutto attraverso movimenti funky e classiche intelaiature electro, adatte a pagare l’omaggio ad un genere che affonda le origini negli anni settanta. Uscirà il 4 febbraio.

-Cristian Vogel “The Never Engine” (Tresor): Cristian Vogel e Tresor: due nomi che hanno dato moltissimo alla scena techno dell’ultimo quindicennio e che oggi andrebbero citati con un senso di rispetto. Rispetto perchè, seppure il mercato sia cambiato radicalmente, entrambi continuano impavidamente ad adoperare solo la voglia di nuovo per ‘tirare avanti’. “The Never Engine” è un full-lenght davvero ‘full’ di boati technoidi, ritmi sequenzati ed impetuosi, loops spumeggianti ed intricati che non possono non appartenere che alla techno. Fatta eccezione per qualche sviolinata più tenue e controllata (“BOPX_BOCX (variant1)”, “SKX engineUndercover” e “BOPX_BOCX (variant2)”) il restante ci lascia assistere ad una vera parata di energia compressa ed inscatolata in un meccanismo che mai tradisce la consolidata tradizione di Tresor. Evviva la coerenza e chi può vantare di possederla. E vi assicuro che oggi sono davvero pochi.

-Ralph Lawson “Ralph Lawson’s 2020Vision” (20:20 Vision): membro dei 2020 Soundsystem Ralph Lawson compila la raccolta finalizzata ad esporre, nella migliore delle maniere, l’essenza della sua label fondata nell’ormai lontano 1995 e distintasi praticamente da subito per una miscela stilistica in bilico tra house e funk elettronico. Meno banale e soprattutto meno prevedibile della moltitudine di releases tedesche emerse nell’ultimo biennio, la raccolta tende a gonfiare i ritmi in modo più intelligente possibile soprattutto facendo leva sulla creatività, dote che (purtroppo) i tedeschi stanno perdendo progressivamente. Tra i testimonials dell’iniziativa troviamo Nick Chacona, Burnski, The Youngster, Spirit Catcher, Brett Johnson & Dj Heather, Simon Baker, Random Factor e l’immancabile Paul Woolford (asso nella manica di 20:20 Vision) prima con l’osannata “Erotic Discourse” e poi con “Knives”.

-Melchior Productions Ltd. “No Disco Future” (Perlen): tra le label antesignane del genere minimal la Perlon di Zip e Markus Nikolai ritorna con un progetto edito sia su vinile (doppio) che cd. L’autore è Thomas Melchior mentre il contenuto è fatto di strutture a spirali che si rincorrono praticamente sempre e da subito, ora tra vortici deep (“Where’s The Happiness”, “Water Soul”) e poi tra ritmi intrecciati col dub (“Out There”, “The Hypnotist”) sino a sfociare in anse romantiche e dolci come zucchero filato (“Her Majesty”, “Black Mother”). Tra le più trendy individuo “Coming Up” e la già conosciuta “Don Juan” modulata alla Samim. Evoluzioni ritmiche, di tanto in tanto illuminate da melodie appena accennate, per un progetto dal titolo fin troppo esplicativo: che l’era del vinile sia giunta proprio al capolinea?

-Deadbeat “Eastward On To Mecca” (Wagon Repair): quella di Deadbeat sarà la prima release che la canadese Wagon Repair farà uscire nel 2008. La scelta d’inserire uno come Scott Monteith nel proprio roster artistico deriva da una mirabile escalation in mezzo a strutture di spicco (Background, Klitekture, Cynosure, Onitor e ~scape) e partecipazioni ad eventi di un certo peso come Sonar, Transmediale e Mutek. L’autore dichiara di aver forgiato le tre versioni assemblando gli stessi elementi: è come se un pasticciere riuscisse ad estrarre tre differenti torte dal forno mescolando gli stessi ingredienti. In “Mecca” ci si imbatte in una miriade di percussioni ed un oceano di suonini aguzzi che alla fine si fanno da parte per lasciar passare una linea melodica sinuosa, “Mecca Dub” offre un tracciato più pensoso, tra deep e dreamy, con tanto di trombe filtrate e synths saltellanti ed infine “Mecca Drum Jack” si tuffa nel ritmo più eclatante, tra afro e percussioni nere. Decisamente più dance rispetto a cose passate che mettevano mano all’abstract e al dancehall, il disco è un chiaro esempio di techno-house caleidoscopica.

-Sébastien Tellier “Narco” (Record Makers): è caduta su uno dei più fantasiosi autori francesi la scelta di affidare la soundtrack di “Narco”, la pellicola del 2003 diretta da Tristan Aurouet e Gilles Lellouche. La storia di un uomo affetto da narcolessia che nei suoi momenti di torpore sogna un mondo di super-eroi così viene tradotta e traslata in musica dall’eclettico musicista, a volte trascinato dalla dance meno convenzionale ed altre issato in alto dalla forza del suono orchestrale racchiuso in albums come “L’Incroyable Vérité” o “Politics”. “Narco” si spinge sino nelle insenature dell’abstract attraverso una sequela di composizioni in cui la prima qualità ad essere evidenziata è senza ombra di dubbio l’eleganza. “La Ballade Du Georges”, “Dixi”, “Pam! Exit La Folle” e “Pupkin Et Ses Démons” sono solo alcune delle gemme che la Record Makers (per quei pochi che non lo sapessero, è la label degli Air) ha voluto in questo full che non lascia da parte nemmeno il fortunato “La Ritournelle” in circolazione sin dal 2003 ed avvalorato dal contributo di Tony Allen (pioniere dell’afrobeat nonchè batterista per Fela Kuti).

Electric christmas and eclectic new year

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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