#197 -Il decennale di Traum Schallplatten

Sono già passati dieci anni da quando Traum Schallplatten mise il naso nello scenario musicale europeo. Ritagliandosi costantemente uno spazio delineato nel mercato continentale (e non solo), la label tedesca diretta da Riley Reinhold (alias Triple R) e Jacqueline Klein è riuscita a generare, negli anni, altri marchi di indiscusso successo come My Best Friend e Trapez, con l’intento di esplorare sempre con più passionalità ogni angolo della musica elettronica contemporanea. Per festeggiare il decennale esce la raccolta “Traum 100” (cento uscite in dieci anni), che raduna una serie di brani che uniscono, quasi per magia, quel che di rilevante è accaduto nella club music negli ultimi tempi. Affascinato dalle melodie ma anche dal ritmo, il team di Traum sceglie undici pezzi firmati dagli artisti che, a loro modo di vedere, rappresentano meglio la scuderia: da Dominik Eulberg a Bukkador & Fishbeck, da Minilogue a Thomas Brinkmann, da Jesse Somfay a Super Flu sino a Moonbeam, Gabriel Ananda e Fairmont. Messo da parte l’amore iniziale per la musica ambient e per le delicatezze elettroacustiche, Traum Schallplatten è diventato un nome di riferimento per chi bazzica minimal, tech-house e neo-trance sin da tempi non sospetti (a Colonia, dove la label ha fissato il suo quartier generale, questi generi rappresentano praticamente da sempre la strada maestra da seguire). A sostegno dell’uscita di “Traum 100” è partito un lungo tour mondiale che toccherà anche l’Italia, il prossimo 14 dicembre, con un party al Goa di Roma. Auguri Traum.

-Der Räuber Und Der Prinz “Der Elektrische Reiter” (Amontillado Music): la label di Düsseldorf, nota per aver lanciato gli Unit 4 ed aver ripubblicato i mitici Propaganda, torna a farsi sentire con un progetto intriso di storia. A partire dal nome del duo, formato da Ralf Beck dei citati Unit 4 e Sebastian Philipp dei Noblesse Oblige, ispirato da un classico dei Deutsch Amerikanische Freundschaft (noti anche come D.A.F.), per terminare in uno stile inconfondibile, un sagace ‘frullato’ tra new-wave e post-punk, con evidenti attinenze alla Neue Deutsche Welle, la branca tedesca nata in parallelo alla electronic body music. “Der Elektrische Reiter” è proprio questo, un rimando al suono teutonico prodotto circa un trentennio fa intrecciato a lievi romanticherie (nella Stripped Version) che, per rimanere ai giorni nostri, paragonerei al Keen K più intimista. A chiudere è la stupenda “Torpedo Vogel” in cui il pfunk si fa sentire nitido per i cultori di un suono che, purtroppo, va estinguendosi.

-Mix Mup “Something More To Play” (Mikrodisko Recordings): ve le ricordate le prime produzioni di Mix Mup sulla Erkrankung Durch Musique di Mooner? Bene, questo Mikrodisko riparte proprio lì dove erano terminate, con lo strascico della musica retro. Ubicata tra suoni acidi ed un vocal-sample campionato e poi innestato su una tagliente Tr-909 è “Nothing More To Say” mentre incrociata tra deep e disco, con poca melodia, è “Fresh Breeze”. Poi, se avete ancora voglia di giocare con le stramberie di questo autore, calatevi nelle atmosfere soft di “How Much I Love You”, tra planate neo-trance e riverberi chilly.

-DMX Krew “Ionospheric Exploration” (Kust Musik): ripagando la pubblicazione su Breakin di “Drakskeppet” dei Faceless Mind, Edward Upton approda sulla Kust di Johan Inkinen con un maxi e.p. dalle carte in regola per rimanere negli annali dell’electro. “Ionospheric Exploration” si getta a capofitto in quello stile che, pur non mostrando nuovi tratti distintivi rispetto al passato, risulta essere sempre al passo coi tempi. Per “Digital Input” e “Left Brain” l’inglese si ispira palesemente da “Gesamtkunstwerk” di Dopplereffekt, pietra miliare nel cammino della musica electro dell’ultimo ventennio. Più radioso e disco-oriented il contenuto di “Plasma Bubble” ed “Alpha Centauri”, a disposizione di chi vuole bere alla salute di vecchie uscite su Ersatz Audio o White Leather. L’autore torna ad assecondare i suoni portati in superficie da James Stinson e Gerald Donald con “The Ascent Of Man” (qui il paragone più azzeccato mi sembra quello con Arpanet) e “Target Disk Mode”, ardita detroit-electro facilmente confondibile con quella promossa dai citati Faceless Mind. A chiudere “Radiation Suit” dalla quale volano via schegge tecnologiche in seguito alla deflagrazione di strumenti d’altri tempi. Lo considero uno dei migliori dischi in assoluto nella folta discografia di DMX Krew.

-Keen K “Structures E.p.” (Das Drehmoment): attivo da anni in quel sottobosco italo-electro di cui più volte vi ho parlato in Electronic Diary, Keen K incide il nuovo Das Drehmoment facendo appello al suo istinto meno melodico e rivolto ad un segmento più intellettualista che in più punti si riaggancia al mondo Rephlex. “Structures” ha le caratteristiche dell’ambient, squarciato da “8 Puls Beat” e “B-Love” dominate dalle sincopi, dal vocoder e da una vicendevole compensazione tra melodia e bassline. Connesse alle materie electroidi influenzate dai Kraftwerk sono invece “8 Ant-Test”, “Retro 4/20” e “White Bit” in cui, più di qualcuno, scorgerebbe anche qualche attinenza al mondo acquatico dei Drexciya. Il disco, stampato in sole duecento copie, si presenta in tre copertine differenti realizzate da Dinasix. La caccia è aperta!

-Force Of Nature “III” (Mule Musiq): dopo svariati singoli il duo nipponico, scelto, nel 1997, dalla Roland per confezionare alcuni patterns della nota groovebox Mc-505, incide un album tenendo sempre ben a mente tutti gli elementi fondamentali del proprio sound. Dall’afro alla disco transitando per il funk, l’hip-hop, il fusion e il break, Yotsukaido ‘KZA’ Nature e Kento ‘Dj Kent’ Sasaki non deludono le aspettative dei fans e in questo “III” (faccio riferimento alla versione europea commercializzata dalla Mule Musiq di Tokyo) si scorgono un mare di finezze di cui potremmo parlare per ore. Ma, forse, ci basta sapere che c’è musica da ballo (“To The Brain”, “I-Ight”, “Straight Ahead”), un pò di soft-electro (“Underfeated”, “Transmute”), soluzioni break’n’bossa (“Bring It”, “Traderoute”, “Mens Elogies”, “Active Force”) e rimandi al cosmic-sound (“Supernova”, “Sequencer”, “Kontinents”, “Liberate”) in cui, prestando attenzione, potreste addirittura scorgere un pizzico del Divine style (Bobby Orlando docet). Il Giappone ci manda, ancora, ottima musica.

-Anthony Rother “My Name Is Telekraft” (Telekraft): è in vetta alla chart di Dave Clarke, gode del supporto di Miss Kittin, The Hacker, Karotte, Kiko, Gregor Tresher e Monika Kruse. Okay, rimane pur sempre Anthony Rother ma credo che, nel corso degli anni, il suo stile, più che evolversi e maturare, si sia insterilito. Per presentare al pubblico la ‘sorella’ di Datapunk, sulla quale presto apparirà anche il nuovo lp, il tedesco ridisegna, seppur parzialmente, la tela sonora, lasciando trasparire, da “Digital Vision”, qualche lieve assonanza col più futuristico “Hacker” del 2002. Alla fine, però, si rischia di esclamare: ‘è troppo minimale per essere Rother!’. Per fortuna c’è la title-track, “My Name Is Telekraft”, più legata allo stile indimenticato dei primi tempi (“Sex With The Machines”, “Simulationszeitalter”), sebbene i cultori del classico suono electro ‘alla Anthony Rother’, avranno a che ridire su questa evoluzione verso sponde ritenute fin troppo commerciali. Attendiamo l’album per il verdetto finale.

-Brian James “Rubber Doll” (Aesthetik Records): una volta si canticchiavano, sfoderando un inglese sconnesso, i brani preferiti al dj di turno sperando che li potesse suonare. Oggi è una cosa che non accade più visto che i motivi fischiettabili da emulare sono praticamente scomparsi dallo scenario dance. Prendete il nuovo di Brian James ad esempio, un energico flusso di ritmi e suoni oscillanti, non molto impegnativo dal punto di vista strutturale ma certamente un asso nella manica da giocare per ribaltare la dancefloor. Il follow-up di “Micromekanik” è fatto di musica techno (questa non è minimale sebbene la massa si sia fossilizzata su questo termine), e “Rubber Doll” o “Panic In Detroit” (hey, il titolo dice tutto!) ne sono una conferma lampante. Loop su loop i brani crescono sino a lambire il rave-style di “Bubbling Custard” che si muove, quasi asincronicamente, su ritmi apparentemente fuori tempo. Ad impreziosire l’Aesthetik #007 è anche il remix che Santiago ‘Xpansul’ Ferrer ha realizzato per la title-track: un autentico esempio di suono techno grondante energia.

-Ghecko “Firelight” (Flexx): Flexx è una di quelle labels che dedica la sua attenzione alla musica electro-disco degli anni ottanta, dispersa nelle memorie di chi quegli anni li ha vissuti facendo il dj e da scoprire per la prima volta per chi, all’epoca, era un ragazzino o non era ancora nato. Per questo #011 si recupera, dal lontano 1983, “Firelight” di Ghecko, considerato un must introvabile dagli appassionati. “Firelight” è il punto d’incontro e scambio tra melodie moroderiane e canzone tipicamente italo-disco, combo che negli ultimi anni ha costituito il punto nodale d’interesse di un numero sempre crescente di autori ed etichette nord-europee. Ad ingolosire la release è la versione del danese Flemming Dalum, apprezzato selezionatore e miscelatore di questo genere musicale, che assomiglia ad un taglio edit da sfruttare nei clubs desiderosi ancora di sognare con le fantasticherie italo-disco di quasi trent’anni fa.

-Argy “Focus On” (Poker Flat Recordings): dopo Guido Schneider tocca ad Argy continuare lo scintillante percorso dei “Focus On”. Ed ecco sfilare in passerella, come è accaduto qualche settimana fa a Cannes, le sue gemme migliori, intercalate ad inediti, una manciata di remix ed importanti collaborazioni. Nonostante il volto incattivito in copertina, il suono del giovane produttore greco esplora delicatamente l’apertura registrata negli ultimi anni tra house e techno. Difficile stabilire da quale parte della bilancia si sposti l’ago vista la perfetta simbiosi tra i due generi, acerrimi nemici per anni ed oggi riscoperti uniti come due fratelli gemelli. Ascoltando le sfibrate acide di “Love Dose” o le cavalcate deep di “Malena” non potrete che muovere il piede a tempo. E poi dovete continuare coi loops intriganti di “Cantstandlovegetaway” realizzati insieme a The Mole e coi ricordi old-school di “Anemone” firmata con Solomun. Ma “Focus On” riserva anche altre sorprese, come “Another Sin” con la bella Maral Salmassi, “Our Drums” con Dj Gregory, “Under No Illusion” con Bayoga ed altro che potrete scoprire in versione cd (mixato) o vinile.

-Munk with Asia Argento “Live Fast! Die Old!” (Gomma): un’inedita accoppiata quella dei Munk ed Asia Argento, scopertasi dj da qualche anno a questa parte. La versione originale (pubblicata unicamente in cd per il magazine tedesco Groove) però non compare su questo Gomma #109, riempito da tre remix ed un’accappella. Quello di The Juan MacLean è funzionale per le grandi piste, ma stilisticamente perde un pò la magia dei precedenti (“By The Time I Get To Venus”, “Der Half-Machine”). Spavaldamente funky è il suono di Headman (Robi Insinna per gli amici), che predilige le liriche in lingua italiana. A completamento di tutto la versione di Maral Salmassi e Zero Cash, disco-funk psicotica, plasmata e modellata seguendo l’esempio dei primi Daft Punk (“Homework”, 1997).

-Eddy meets Yannah “Remixes” (Compost): dopo il grande successo dell’album “Just Like…” il duo croato formato da Eddy Ramich e Jana Valdevit torna negli shops con un 10″ più indirizzato ai clubs e farcito da due ottimi remix. “Solid Ground”, rimesso a nuovo da Crazy Penis (Crazy P per non inimicarsi la stampa più moralista), e suonato da Pete Tong e Jazzanova, è immerso in ambientazioni disco-soft-house, con un grande sfoggio di archi e violini. Per “No One’s Gonna Love You”, cover del classico della The S.O.S. Band del 1984, il prescelto è invece Ilija Rudman, anch’egli croato e tra i massimi sostenitori dell’ ‘electro-disco-house-afro-funk’. Questa volta, però, la sua combinazione sonora la trovo più soporifera rispetto ai lavori su Red Music, Love Is War Music o Rong, ma comunque in grado di vibrare le corde della dance più elegante del momento. Un disco da ballare in giacca e cravatta.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

Lascia un commento