#226 -Album in capitoli per King Roc

Martin Dawson alias King Roc è tra i dj’s più richiesti sulla piazza internazionale: i suoi sets viaggiano dal Brasile alla Cina, dall’Australia agli U.S.A., passando per i top clubs inglesi e centro europei. Parallelamente si rivela un ottimo producer, sia in progetti paralleli (Two Armadillos con Giles Smith, Muse Zikka, Silver Sonic, Tomahawk e TM con Tom Neville) che in quelli da solisti, come per l’appunto King Roc, con cui oggi presenta l’album di debutto. Si chiama “Chapters”, esce sull’inglese Process Recordings ed incarna tutto quello che la musica elettronica può trasmettere slegandosi dai canoni legati al mercato. Ciò accade fondamentalmente perchè Dawson fa sua la musica come se fosse un’estensione dei propri arti, ignorando quel che il grande pubblico vorrebbe ascoltare. “Chapters” in effetti sembra più pensato per la mente che per il corpo, visto che nutre passione per il trip-hop alla Orbital o Barbara Morgenstern (“Random Chances”, “Phidias Gold”, “Flow”), per un downbeat dal sapore sperimentalista (“Lunar People”, “Beautiful But Weird”), per le sensazioni cinematiche (“The Growing Phrase”, “Tube Whistle”), per l’electro narrata nell’oscurità dell’IDM (“A Pocket Full Of Prose”), per il melanconico dream pop (“Everything From Nothing”, “Melon Koly Flower”) e per la più intensa electro-punk-funk di “DiscoVery #1”. Come si può vedere “Chapters” è un elaborato globale, aperto e chiuso da un intro ed un outro celestiali (“The Beginning”, “The End”), e che incarna il concetto dell’avanguardia nel mettere in sequenza brani non legati tra loro dallo stile bensì dalla voglia di evadere dal reticolato del ‘già fatto’ o del ‘già pensato’. Un ego totalmente ‘free’ insomma quello di King Roc, che merita ampiamente di essere ricompensato.

-Ritmolider “Kaleidoscope” (Mellophonia): il disco di debutto di Ritmolider inizia nel punto di raccordo tra disco, afro e funk, sulla scia segnata dai ‘nostri’ Loda e Baldelli ed oggi proseguita da una corposa serie di artisti che desiderano tener vivo tale filone. L’Original Mix di “Kaleidoscope” inoltre pizzica anche qualche corda moroderiana, e ciò si evince da alcune sfibrate sintetiche che si rincorrono nella stesura. Il remix di Ryan ‘The Beat Broker’ Bishop, pur non discostandosi molto dalla versione originale, tende ad evidenziare esattamente certe parti che potrebbero passare inosservate. Il 12″ poi prosegue con altre due tracce di fighissima synth-disco reinterpretata facendo attenzione a tutti quelli accorgimenti che la fanno preziosa. Ed ecco “Futuristic Romance” e “Tonight At The Discotheque”, vicine alla disco anni settanta, ma non a quella da balera (Village People, Santa Esmeralda, Gloria Gaynor) bensì a quella nata sull’uso dei synths analogici di prima generazione. Ed infatti Mellophonia va a stabilizzarsi proprio sulla linea di demarcazione tra ciò che i Kraftwerk iniziarono ad ideare e i ritmi di uno stile di cui si generalizza troppo facilmente senza comprenderne la vera essenza ed ignorando, pertanto, la sua natura.

-Miss Kittin & The Hacker “PPPO” (Nobody’s Bizzness): un tempo fu definita la ‘coppia dell’electroclash’ ma oggi mi sembra sempre più un progetto anonimo e che vorrebbe vivere di rendita. Non c’è nulla da fare, la Hervé continua a deludermi, sia come solista che in coppia col ritrovato Michel Amato che, aimè, pare non avere proprio nulla di nuovo da offrirci. “PPPO” (ossia People Pleasure Objects Power) suona piuttosto acerbo, sia nell’Original con la voce un pò depressa della Kittin, che in quella di Function, palesemente influenzata dalla neue berliner minimal school. Si tratta del primo estratto da “Two”, il full con cui i due francesi vorrebbero (il condizionale è d’obbligo) rilanciarsi ed eguagliare i risultati eclatanti degli anni d’oro. Staremo a vedere ma, soprattutto, a sentire.

-Remute “Ouahahaha/Hahahaoua” (Remute): l’ego creativo di Denis Karimani, nonostante l’assoluta prolificità degli ultimi tempi, continua a dare buoni risultati e il nuovo sulla sua Remute lo conferma. I titoli si prestano a cattive trascrizioni ma il sound che fuoriesce dai solchi del vinile è decisamente interessante. C’è poco di minimal ma tanto di influenze alla french-touch di fine anni novanta. Daft Punk filtrati nella techno tedesca? Forse si. Un pizzico di techno, di house, di disco, di electro: questa la ricetta del producer di Amburgo. Entrambe derivano dalla stessa idea ma io opto per la più carica, ma sempre sghignazzante, “Ouahahaha”. Basta coi dischi scuri e senza anima!

-Terry Lee Brown Jr. “Selected Remixes Part 3” (Plastic City): label capostipite della scena tedesca anni novanta nonchè depositaria della tendenza europea legata alla deep house, Plastic City rilascia il terzo atto dei remixes di Norman Feller, altro pilastro statuario del movimento mitteleuropeo. “Selected Remixes” ha lo scopo di radunare i remix che il dj-producer ha realizzato nel corso della sua carriera: questa volta sono raccolti i brani di nomi più o meno conosciuti, tra cui Cooccer, MoBeatz, Roddy, Robert Manos, Kalliope, Forteba, The Timewriter, Jeff Bennett ed altri ancora che gravitano sul filone deep house, sempre ‘sonnecchioso’ ma elegantissimo e tanto ‘viaggioso’.

-Moon Unit “Connections” (Supersoul Recordings): la Supersoul di Xaver Naudascher è una delle labels tedesche che più è riuscita a conservare e preservare la propria identità e il proprio ego in un mercato che risente fin troppo di una omologazione stilistica. Coerente fino in fondo a quel che si è prefissata dalla sua prima apparizione (2006), rieccola con un brano in cui convergono squarci di synth-pop anni ottanta macinati su una base non propriamente dance (non è downbeat ma le attinenze sono tante) e su una voce femminile (di Rosalind Blair) decisamente sexy. Ad iniettare un pò più di groove è Ewan Pearson, che gioca con le linee sintetiche e stridule dei sintetizzatori. Musica indipendente dalle mode quindi per i Moon Unit (ossia il citato Naudascher affiancato da Paul Mogg degli Psychonauts), e per questo meritevole di supporto.

-Özgür Can “Turn The Page” (Blu Fin): mentre sono in corso i preparativi per volare dall’altra parte dell’Atlantico e partecipare al WMC di Miami con un massiccio showcase, la Blu Fin incorpora nel suo già vasto roster artistico Özgür Can. Il talentuoso artista di Stoccolma, giovane quanto versatile e prolifico, dà vita ad un brano sinuoso e languido, che armonicamente ricorda cose di Booka Shade o Martin Landsky uscite in un recente passato. Una sorta di neo-trance insabbiata con cura nel ritmo post-techno. A piallare i grooves linearizzandoli è l’altrettanto fecondo Namito, che nel suo remix rende il tutto più appetibile per i dj’s che cercano sempre il disco per ribaltare la pista.

-Kap Bambino “Red Sign/Acid Eyes” (Because Music): era un sacco di tempo che non sentivamo una così potente electro-punk, paragonabile a quella degli ADULT., di T. Raumschmiere o a quella delle indiavolate Chicks On Speed. I Kap Bambino (ossia i francesi Orion Bouvier e Caroline Martial) rilasciano una vera scarica di adrenalina mediante due tracce incise su vinile 7″. “Red Sign” è uno spasso, con quelle violente schitarrate rock abbinate ad un ritmo livido e ad una linea vocale che ricorda la Kittin di “The Game Is Not Over” (2003). Non da meno “Acid Eyes”, che qualcuno potrebbe inquadrare in contesti noiz pop, sulla falsariga di quel che accade solitamente nelle produzioni dell’olandese Basserk. Se siete in cerca di distorsioni è il disco che fa per voi.

-Viermalair And Orange Society “007” (Styledriver): i soliti ragazzacci di Styledriver ne hanno combinata un’altra delle loro: dopo essersi recentemente esibiti al Tresor di Berlino insieme ad artisti come Play Paul e Savas Pascalidis, tirano fuori dallo studio un’altro progetto discografico che rispecchia la moderna visione di musica elettronica. Tre le versioni di “007”: della Air Hostess Mix si mette in evidenza la buona progressione e gli efficaci incastri che tanto ammiccano allo stile seguito da artisti come The Glitz, Nils Nilson, Carsten Franke o Kollektiv Turmstrasse. Più flessuoso, frastagliato e serpeggiante il loop mentale della Superflight Mix, di cui consiglio l’utilizzo mediante software (Live, Traktor). La mia preferita è comunque la Heissluft Mix, in cui il team lavora più sul ritmo e su matrici microhouse. Il vinile è bianco latte.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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