Quando Marcus Henriksson e Sebastian Mullaert fondarono il progetto Minilogue, nel 2000, lo idearono come supporto di arte musicale e visiva. Gli esordi in sordina sulla svedese Maskros Music sono ormai dei lontani ricordi: dal 2005 il duo ha inanellato una serie incredibile di successi su etichette di spessore, come Traum Schallplatten, Sprout Music, Crosstown Rebels, Wagon Repair e Cocoon, che gli hanno fornito progressivamente la spinta necessaria per imporsi in tutto il mondo come espressione di un cosmo popolato da animali di fantasia, mossi a tempo di musica avanguardista. Musica ed immagini quindi sono le componenti essenziali della filosofia del duo, che oggi vengono convogliate in un progetto di rilievo supportato dalla citata Cocoon di Sven Väth. Trattasi di “Animals -The Movie”, un dvd che racconta, attraverso i visuals, il credo surrealista dei Minilogue. L’esplorazione un pò macchinosa del cd, che a prima vista appare quasi come un labirinto di finestre, viene abbondantemente compensata dal contenuto: mai come questa volta musica ed arte visiva sono andate d’accordo. I colori, le animazioni grafiche, le ambientazioni contribuiscono di continuo nel creare un universo sintetico in cui l’estro di Henriksson e Mullaert galleggia di continuo. La tracklist è lunga ed emozionante, e vista nella sua globalità dà l’impressione di guardare un film-documentario. I patterns ripetitivi trovano nell’arcobaleno pittorico delle immagini la giusta locazione, ed ipnotizzano l’osservatore-ascoltatore sino a trascinarlo in una dimensione astratta e parallela a quella reale. Complici le programmazioni artistiche di Rob Zohrab, Kristoffer Ström e Dylan Pharazyn, atte alla creazione di un’arte nuova, innovativa, slegata dagli schemi classici, priva di una collocazione spazio-temporale. Come la musica dei Minilogue.
-Keen K/P. Muench “The Spiral/Connection Flight” (Perfect Stranger Records): è già ormai qualche anno che produzioni di questo tipo riescono a vedere luce solo grazie alla passione e ad un’organizzazione casalinga, che esula dai soliti schemi. La coppia formata da Kai Lüdeling e Phillip Münch (anni addietro insieme nei The Rorschach Garden) si fa interprete di una doppia a-side da brivido. Il range esplorato è ancora quello della electro più classica, intarsiata di elementi new-wave ed italodisco. Questo è “The Spiral”, scandito da un fraseggio melodico che fa molto Vangelis. Due i remix: quello del francese Makina Girgir, che ci ipnotizza con un ancestrale arpeggio dreamy, e quello dei Polygamy Boys, dalle venature più gotiche. Per “Connection Flight” si ricorre ad un rotolante quanto plastico giro di basso ed una corposa successione armonica. Il remix è di Electrosexual, romantico ma robotico quel che basta per essere annoverato a pieno titolo in un contesto electro, lontano da stupide nomenclature dettate dal cieco business.
-Junesex “Sex In Times Of War” (Junesex International Airlines): cercando sempre di abbattere ogni regola e barriera ideale tra un genere e l’altro, i Junesex ritornano all’attacco. Il quartetto francese si fece già ben notare nel 2004 per “So Fucking Chic” in cui, ad essere mescolati, furono il rap, l’hardrock, l’electro e il pop. Nel nuovo full le ispirazioni non si discostano molto da ciò, ritornando su itinerari un pò indie ed un pò pop, un pò rock ed un pò electro. La direzione sembra essere quella segnata dalla 1st Decade dei Northern Lite mentre il filone è classificabile in ‘cyber-rock’, che trascende tempo e mode. In “Sex In Times Of War” infatti combaciano referenze pop della musica anni ottanta a strattonate electro di fine novanta. Eccentrico e nel contempo emozionale, l’lp si snoda su undici tracce tra cui ballate lente quasi alla Serge Gainsbourg (“The Road Seems Endless”, “Ballad Of Tom Scraw”, “No River”), funk robotico e moderno (“Left Foot”, “Boy With Your Tongue”), rock alla Warren Suicide e Neonman (“I Like It (Singing To You Know)”) ed inflessioni acide post-chemicaliane (“Eye Of The Tiger”, che davvero nulla divide col classico dei Survivor).
-Oliver Huntemann “H-3” (Ideal Audio): il nuovo album di Huntemann parla chiaro sin dal titolo. A quasi vent’anni dal suo esordio discografico, il producer di Brema cavalca l’onda grazie alla capacità di adattarsi, ma senza imporsi uno stile, alle continue evoluzioni a cui la musica elettronica viene sottoposta. Un tempo alfiere della trance, poi dell’electro-rock e della micro-electro, Huntemann è stato in grado di costruirsi una più che solida reputazione che lo ha portato a remixare brani di stelle mondiali come Chemical Brothers, Depeche Mode ed Underworld. “H-3” nasce da un’evoluzione di “Fieber” del 2006, che già mostrò quanto esteso poteva essere il panorama della musica dance, ma non ne incarna una replica. E’ la sintesi della nuova dance del Duemila, nata a cavallo e sulla compenetrazione tra techno, house ed electro, a dispetto di chi pensava che questi tre generi non avrebbero mai potuto incontrarsi e convivere. Sinuoso, nebbioso e caratterizzato da stesure che paiono astratte rispetto al classico incasellamento della musica da ballo, “H-3” vuole (e riesce) a far ballare, esplorando toni un tempo scartati dalla dance più canonica perchè ritenuti troppo ‘dormienti’. Oggi “Shanghai Spinner”, “Dios” (la hit prodotta con Dubfire dei Deep Dish), “Krake”, “Lousy Nights”, l’efficacissima “Senso”, “Albino”, “Bloody Mary” e “Rikarda” (prossimo singolo in uscita, remixato anche da Paul Ritch) raccontano appassionatamente quel che è l’essenza del suono di Huntemann e l’epopea di una rivitalizzazione stilistica, partita anni fa. Il formato cd contiene anche il bonus disc con altre tracce, già ben note, come “Sao Paulo” e “Paris”.
-Peter Kruder “Visions LTD” (International Deejay Gigolo): negli ultimi anni anche il dancefloor più generalista ha imparato ad apprezzare musica non necessariamente rumorosa e, il recente successo della minimal, depone a favore di ciò. Questo nuovo Gigolo, da non confondere con minimal, è la colonna sonora di un sogno riflesso nelle luci stroboscopiche di un club. “Visions LTD” è soft progressive, sognante, leggiadra come una piuma, pacifica nella sua stesura così linda e priva di alterazioni tonali. Ma è in “Shine” che il producer viennese riesce ad infondere ancor meglio il suo stile, vagando tra accenni chicago-house decisamente retro e samples modernisti.
-Steve Bug “Time Flies” (Poker Flat Recordings): si è detto più volte, proprio su queste pagine web, di quanto sia stata fondamentale la presenza di Stefan Brügesch per lo sviluppo della corrente musicale nata in un’intercapedine tra techno ed house ed identificata, nei primi tempi, come microhouse. Divenuto figura-chiave dell’espressione di tale formula, ormai popolare negli ultimi anni, Steve Bug celebra dieci anni di musica prodotta sempre con passione e voglia di riscatto. L’album digitale ri-afferma gemme senza tempo come “You Make Me Feel”, “Wet”, “Smackman”, “I Like Your Booty” (edita come Traffic Signs), “The Morning After”, “November Girl” (tratta dal mitico “Sensual”, del 2002), “Bug In Your Brain”, “Shock” (con Matthias Tanzmann), “Behind The Curtains” (con Clé) e “Loverboy”, estratto dal primo vinile di Poker Flat edito esattamente un decennio addietro. A colorire “Time Flies” anche un inedito, “Loop The Tube”, pronto ad esaltare l’essenza della minimal house prodotta in virtù della propensione verso questo genere e non perchè influenzata dalle mode.
-Jimmy Edgar “Private 1/3” (Semantica): alfiere della Warp e recentemente espostosi in progetti complementari come Creepy Autograph ed Her Bad Habit, Edgar sbarca sulla label spagnola di Svreca. Lo stile sofisticato del producer di Detroit trova appoggio in Semantica che promuove, da un triennio a questa parte, certe astrazioni sonore che rompono i classici stilemi della techno da ballo. La traccia che trova alloggio sul single sided è “Warm Play Look Away” ed è costituita essenzialmente da ritmi sincopati ed asincronici, sui quali scorrono le distorsioni tipiche dell’idm concettualista per cui Edgar si è fatto portabandiera. 100 le copie, numerate a mano.
Electric greetz