“Non hanno mai suonato ai VIP party di Berlusconi pur amando il Bunga Bunga Funk”: si apre in modo così spiritoso l’info sheet che la Compost Records ha allegato alle copie promozionali di “Phreek Party”. Era ora che i Phreek Plus One incidessero un album, quasi dovuto dopo quei quattro EP piazzati su Compost Black Label dal 2006 al 2009, pieni zeppi di fantasiosi itinerari a cavallo tra Disco, Funk ed House che hanno rallegrato chi iniziava ad avvertire un certo senso di vuoto dopo l’invasione della più rozza e chiassosa Electro House o della blanda Minimal dietro cui si è celata spesso mancanza d’inventiva. Alla fine Ivan Savoldi, Alessandro Cattenati e Giovanni Guerretti ce l’hanno fatta, e il risultato parla chiaro: cultura e background fanno ancora la differenza. Già, perchè i brani di “Phreek Party” al loro interno celano Acid Jazz, Soul, Garage, House, Disco, Funk, generi che non s’improvvisano o che si scimmiottano durante un pomeriggio di pioggia trascorso davanti al laptop armati di solo mouse. Raccogliendo alcune cose già note (“Back To Fatback”, “The Model”, “Bikini”, “Astro Boogie”, “New York Dolls” e “That’s It”), il trio bresciano ripercorre lo stesso itinerario che qualche anno prima avevano seguito anche i Pigna People (Francesco De Bellis, Marco Passarani e Mario Pierro), divertendosi a riassemblare i cocci di generi del passato, caduti quasi in disuso e relegati alla memoria degli appassionati più tenaci. Da “Passion” (col featuring di Mr. White) a “Sottocosto” (proiezione italica del sound alla Faze Action), da “Who Knows” (la voce è di Nasreen Shah) che riaggancia la House nostalgica di primi anni Novanta a “Don’t Wanna” e “True (I Know It)”, entrambe potenziate dall’apporto vocale di Ovasoul 7, ripescaggi a metà strada tra Deep e Funk, tra la House made in NYC e i bassi rotondi di Giorgio Moroder, messi in sequenza su reticoli psichedelici, quasi Krautrock. Non da meno è “2013” (interpretata da Isabelle Antena, accreditata esponente della scena Nu Jazz), che rallenta le pulsazioni ritmiche friggendo tante di quelle sensazioni retrò da creare una miscellanea omogenea e mai forzata. Un full lenght col cuore nei 70s, l’anima negli 80s e le gambe nei 90s, fuso nelle avanguardie francesi (Arpadys, Space, Jean-Michel Jarre, Alec R. Costandinos, Charlie Mike Sierra, Black Devil), in cui il caldo suono di sintetizzatori analogici trasmette gioia di vivere e ci fa sentire fortunati nel possedere un disco come questo.