Scarica Metope – Black Beauty su Amazon
E’ passato molto tempo dall’ultima volta in cui mi sono imbattuto in un disco di Metope, ma devo ammettere che la “riscoperta” mi ha lasciato piacevolmente soddisfatto. La musica di Michael Schwanen, uno dei fondatori della Areal Records, non ha subito impoverimento creativo: qui non compaiono né abbozzi melodici composti alla spicciolata, né tantomeno loop da quattro soldi assemblati con l’etica del niente e del nulla mescolati al desiderio di aumentare la fama investendo appena il tempo di un upload. Il tedesco ha preferito attendere ben sette anni prima di tornare ad incidere un album, e pur non prendendo troppo le distanze dal precedente “Kobol”, realizza un disco valido che riflette la sua natura in una sorta di impressionismo/astrattismo sonoro (correlato alla copertina). Anche se non molto incisive, le strutture ritmiche (paragonabili agli elementi architettonici greci e romani, le metope per l’appunto) sono presenti quel che basta per fare di “Black Beauty” un lavoro destinato anche ai DJ. Si rintraccia molta musicalità grazie alla chitarra di K_Chico che scandisce “The Hessian”, oltre al crescendo di “Bar Walks Into A Guy”, “Rough Romance” e “So Cutoff”, in cui si scorge qualche rimando allo stile di Superpitcher, altro artista che, negli ultimi tempi, sembra aver limitato le proprie apparizioni. “No Self-Control”, col featuring di Sid LeRock, desta voglia di old school, in quel minimalismo condito da vocal à la Detroit Grand Pubahs, “Night Rider”, in coppia con Undo, è uno spiraglio verso la musica Ambient, concetto ripreso pure in “Blood River” (con l’apporto di Stiggsen). In mezzo ci sono altri esempi di musica moderna in 4/4 (“Deep Sheep”, “Alive” e “Girl On A Meadow”), segmenti articolati che suscitano passione ed emozione. Un disco che si pone in posizione intermedia tra la Progressive House britannica e il minimalismo berlinese, frammisto ad echi intimisti (mi ricordano Moshikop su Forte) che lo rendono un elaborato da ascoltare anche a casa, magari a luci spente. Un’iniziativa coraggiosa e lontana dalle ricette tradizionali della club dance teutonica, spesso troppo poco desiderosa di sconfinare gli stereotipi.