Intervista a Thomas Schumacher di Giosuè Impellizzeri 05/05/2005

Avviato alla carriera discografica nei primi anni ’90 grazie all’inglese Bush Records che decise di pubblicare i suoi primi lavori (tra cui gli indimenticati “Ficken?”, “Electric Ballroom”, “Lust”, “Shelford Road” e “When I Rock”), Thomas Schumacher è oggi uno dei nomi che tengono più in alto la bandiera tedesca della musica elettronica. Inizialmente dedito ad un sound techno che non scendeva ad alcun tipo di compromesso se non con cenni hip-hop ed electro, lo Schumacher di oggi pare aver completamente rimosso dalla sua mente (e dal banco mixer) quei suoni fragorosi e stridenti a favore di strutture più lineari, linde ed aderenti ad un gusto in grado di fare crossover. Tra le tante perle del forziere si ritrovano le spudorate “Tek 29” e la martellante “Train To Tokyo” forgiata nel 2000 in compagnia dell’amico nipponico Tobi Izui. Fu nello stesso anno che il dj di Brema spopolò in tutta l’Europa con “Schall” firmato come Elektrochemie LK, un disco techno capace di lasciare una scia ben visibile nel mercato che all’epoca vedeva la preminenza assoluta della trance. Proprio quell’Elektrochemie LK che adesso, depurato dalla LK, il tedesco ha riportato in auge lasciandosi affiancare dall’amico Stephan Bodzin e dalla cantante Caitlin Devlin. Uno Schumacher rinnovato in tutto e per tutto dunque che, a poche settimane dall’uscita del nuovo album, torna a parlare di sè all’Italia.

Con enorme piacere torno a parlare con te Thomas, dopo la prima intervista del 2001. Quando hai iniziato la tua avventura nel mondo della musica elettronica ?
“L’anno era il 1989, quello della acid house. In quel periodo ero solito ascoltare molti stili musicali senza avere una precisa preferenza nei confronti della dance. La scintilla avvenne quando iniziai ad incuriosirmi al mondo dei dj’s che, manipolando vinili e giradischi, riuscivano a far impazzire il pubblico. Da quel momento ho iniziato a comprare i primi dischi e a frequentare i party acid-house e techno che si organizzavano a Brema, la mia città natale, e a Francoforte”

Avevi degli artisti preferiti in quel periodo ?
“I miei genitori non avevano un buon rapporto con la musica e la parte della Germania in cui vivevo era orientata al country. Il primo gruppo che rapì la mia curiosità fu quello dei Depeche Mode. Nel 1984 mentre ascoltavo a casa l’album “Construction Time Again” ne rimasi stupefatto tanto da riascoltarlo in continuazione in un ideale loop. In breve divenni un fan sfegatato dei Depeche Mode ed iniziai a collezionare ogni loro disco che conservo, abbastanza gelosamente, ancora oggi. Oltre ai Depeche Mode mi piacevano altri gruppi come i Kraftwerk ma andavo anche oltre la musica elettronica. Trovavo geniali i The Smiths, i The Jam e i Frankie Goes To Hollywood. Ero (e sono) un amante di tutta la musica in generale, di quella che ha l’anima”

E la tua musica come la definiresti alla luce degli evidenti cambiamenti apportati negli ultimi anni ?
“International style electronic dance music. Ma gli elementi chiave dei miei pezzi continuano ad essere le emozioni e l’intensità dei suoni. Quello che è cambiato è il metodo di composizione ma non gli elementi”

Già , ma è innegabile che negli ultimi tre anni il baricentro d’interesse si è spostato in maniera determinante dalla techno più spudorata ad un mix tra electro ed house piuttosto fruibile. Perchè ?
“Non riesco ad immaginare una carriera artistica fatta solo ed esclusivamente da uno stile preciso e determinato che si rincorre nel tempo. Per un artista come me una certa maturità è necessaria ed è quella che mi ha aiutato a ridefinire la mia musica e a dare nuovi contenuti ai miei brani. Non mi interessa affatto se il pubblico definisce le mie produzioni house, techno o minimal: per me la musica dance è quello che la gente riesce a ballare”

La tua personale label si chiama Spiel-Zeug Schallplatten: quali sono state le motivazioni fondamentali che ti hanno spinto a crearla ?
“Ho iniziato la carriera nei primi anni ’90 militando nella scuderia di una label inglese chiamata Bush. Dopo fortunate releases come “When I Rock” ed “Electric Ballroom” che divennero vere e proprie hits internazionali ho iniziato ad avere i primi problemi visto che non ricevevo mai i soldi relativi alle royalties. Allora capii che l’unica maniera per poter controllare bene la propria musica è quella di fondare una label. Non ho fatto tutto da solo: un ruolo importantissimo è stato svolto dal mio amico e partner Jan Langer. Fu con lui che nacque la Spiel-Zeug Schallplatten. Credo che sia stata questa la decisione migliore che abbia preso nella mia carriera !”

A cosa stai lavorando in questo periodo ?
“Ci sono molti progetti che bollono in pentola. Il primo riguarda l’uscita (prevista a giugno su supporto cd) del mio nuovo album che s’intitolerà “Home”. Ad anticiparlo saranno tre vinili 12″ (su Spiel-Zeug) che usciranno tra maggio, giugno e luglio e che si snoderanno sulle tracce racchiuse dal cd. Devo ammettere che sono molto eccitato da questo progetto visto che non incidevo un album da ben 6 anni. Il lavoro è stato prodotto assieme all’amico Stephan Bodzin, uno dei migliori talenti che la Germania può vantare nell’ultimo periodo (trovo favolose le sue releases sulla Systematic di Marc Romboy). Il sound dell’album non sarà troppo pressante e tracce come “Heat It Up” rappresentano in pieno la nuova strada dello Schumacher sound. Stiamo preparando anche una vasta promozione per l’uscita di “Home” che mi porterà a viaggiare molto nei clubs di tutta l’Europa. Parallelamente sto lavorando anche per una nuova uscita marchiata Elektrochemie destinata alla Get Physical”

Sono tanti quelli che parlano nel lato minimale della house e della techno. Ritieni che sia questa la nuova dimensione della dance elettronica ?
“La cosiddetta minimal, negli ultimi due anni, è divenuta molto popolare qui in Germania. A causa di ciò ci si imbatte, con troppa frequenza, in etichette che sfornano dischi a raffica ma senza badare alla qualità e affidandosi sempre e solo al medesimo sound. Ad essere onesto credo che il minimal abbia iniziato a stancare ed annoiare come del resto l’electro-house che ha saturato molto il mercato. Comunque con ciò non voglio dire che in circolazione ci siano solo produzioni scialbe nel frangente electro-house e minimal: continuano ad esserci ottimi producers ed ottime labels che seguono il trend ma non fossilizzandosi sugli stessi schemi e clichè. Nel contempo credo che sia ancor più bello poter ascoltare i dischi di coloro che se ne infischiano delle mode e dei trends”

Nel 1998 la tua “When I Rock” fu licenziata anche in Italia, seguita poi, nel 2000, da “Schall” edita sotto lo pseudonimo Elektrochemie LK. Cosa pensi della scena italica ?
“Conosco ben poco della scena musicale italiana. Ho avuto modo di suonare qualche volta e devo ammettere che mi sono divertito. Dalle tue parti pare che il pubblico vada in visibilio col minimal e con l’electro-house di matrice tedesca e non posso che essere felice per ciò. Magari in futuro potrò tornare con maggior frequenza a suonare dalle tue parti, la patria dell’italo-disco che ricordo con molto piacere ;o)”

Sei un sostenitore del vinile o anche tu credi che abbia le ore contate ?
“Facendo riferimento alle vendite degli ultimi tempi non credo proprio che il vinile stia morendo. Al momento qui in Germania vendiamo molti più vinili rispetto a quelli di due anni fa. Credo che il mercato per il disco sia stabile nonostante molti dj’s optino per una via più conveniente e veloce nel comprare la musica. Personalmente nutro un particolare amore per il vinile perchè lo collego ad una sorta di forma d’arte del dj e per questo continuo a comprarlo e a suonarlo nelle mie serate. Naturalmente mi piacciono anche i cd’s, supporto che mi da la possibilità di proporre le tracce ancora unreleased e i promo degli amici. Preferisco di gran lunga i giradischi al tanto osannato Final Scratch, accessorio completamente inutile per me”

In studio invece preferisci il modernismo del software o lo spessore dell’hardware ?
“Per svariato tempo ho adoperato sintetizzatori analogici, drum-machines, effetti ed un grande banco mixer ma da circa un anno ho apportato importanti modifiche al mio studio. Adesso prediligo il software privo di tanti cavi e ricco di potenzialità fornite da un numero esagerato di plug-ins che il mercato offre a prezzi competitivi. Con computer potenti e veloci (come il mio G5) e software come Arturia Vintage Series riesco ad ottenere lo stesso risultato di quello derivato dall’uso dell’hardware. Attualmente sul mio desk ci sono un Mac G5, i monitors Mackie 824, una semplice tastiera midi ed un Firebox. Come sequencer invece mi affido a Logic”

E con questo è tutto caro Thomas. Alla prossima.
“Ciao Giosuè e ciao a tutti gli amici italiani. Mi piace il vostro modo di vestire per andare ai party … avete un grande senso della moda ! Thomas Schumacher”

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