#117 -Album digitale per Legowelt [24-09-2006]

L’olandese Danny Wolfers, noto in primis come Legowelt e poi con una vera sequela di progetti paralleli (come Gladio, Klaus Weltman, Polarius, Raheem Hershel, Salamandos, Squadra Blanco e Venom 18) rimane uno dei capisaldi della scuola electro olandese. A portarlo sotto i riflettori è stata sicuramente la capacità nel mischiare, come in un ideale cocktail, il misterioso ambient nato negli anni settanta, la disco tipica degli ottanta e il vigore della techno sorta nei novanta. Proprio con questo concetto ha messo le mani su “Shake That Thing” di Marcus Mixx su Clone (dividendosi il lavoro col romano Marco Passarani) e collaborando col Melvin Oliphant alias Dj Traxx per il rumoroso ed acido “Stranger In The Stranges Of Lands E.p.” uscito a luglio su Crème. Le novità dell’autunno iniziano dalla Strange Life, la label che Danny ha fondato nel 2004 per dare libero spazio alla sua più fervida immaginazione. Legata solo ed unicamente alla passione, la piccola etichetta indipendente sta per rilasciare il nuovo album di Smackos intitolato “Computer Day”, il terzo della serie dopo gli esaltanti “The Age Of Candy Candy” e “Waiting For The Red Bear”. La storia inizia nel 1985 in una zona poco popolosa degli U.S.A. dove un uomo decide di comprare un computer: da questo momento prende avvio un’avventura tragica e tinta di nero che Legowelt narra attraverso pezzi come “Telcom Mountain Computer”, “Radio Shack” e “Police Research”. Sempre Strange Life la destinazione di “Cloak & Dagger”, l’album di debutto di Grackle snodato intorno a 15 pezzi di oscura elettronica da ascolto di tanto in tanto squarciata da ritmi minimali dalle costruzioni eccentriche. A seguire sar� la volta del full-lenght di Unit Black Flight e del singolo (ancora privo di titolo definitivo) di Mathematicians Of The Black Diaspora. Parallelamente viene rilasciato, solo in versione digitale in esclusiva su iTunes, il nuovo album di Legowelt intitolato “Astro Cat Disco”, una collection di tracce del passato (come “Berlinostbahnof”, “Bonn 1978”, “Crystal Cat” e “Drivin’ For Our Love”) alternate ad altre mai uscite prima d’ora fatte da suoni old disco ed electro come “Film Star 18”, “Make Your Move”, “Strada 83” ed “Interflugelectro”. Paiono persi nei meandri del mistero più fitto invece i singoli “Africa” (annunciato su Crème Organization l’anno scorso) ed “Equestrian 707″, atteso ancora su un 12” marchiato Strange Life.

-Arpanet “Inertial Frame” (Record Makers): terzo album per Arpanet con cui Gerald Donald si scosta sensibilmente dall’electro germogliata in una moltitudine di progetti paralleli come Glass Domain, Heinrich Mueller, Dopplereffekt, Intellitronic e Japanese Telecom. L’intento di “Inertial Frame” è quello di ritrarre ed immortalare il mondo cibernetico governato da corpi e cervelli elettronici capaci di spodestare l’inutile presenza umana. Linkato all’electro purista e scevra di ogni tipo di nodosit� commerciale, il disco è composto da una serie di elementi plastici aggregati e giustapposti per materia seguendo una regola programmaticamente casuale ed assai complessa. Un album che paga il tributo agli scienziati del ventesimo secolo che, con le loro straordinarie scoperte, ci stanno facendo vivere un presente da fantascienza.

-Ellen Allien & Apparat “Jet” -remixes- (BPitch Control): il 2006 è vissuto sotto la stella lucente di “Orchestra Of Bubbles”, l’album dal quale viene prelevato anche questo terzo singolo dopo “Turbo Dreams” e “Way Out”. Da un lato la perspicace Ellen Allien, dall’altro l’oscuro ed enigmatico Apparat, al centro la loro musica che tende la mano alle soundtracks per film di fantascienza pur vagheggiando sopra le misure quaternarie tipiche della dance. Ora ad impreziosire il tutto c’è l’ombra dark di Ben Klock, il fascinoso suono deep di Kalkbrenner e gli squarci industriali di XTC. Un pezzo perfetto per la Berlino avvolta dalle nubi e dalla pioggia battente.

-Audiofly X “Lost” (Moodmusic): tra i progetti più hot del momento, ricercati da labels come Connoisseur, Mobilee, Adrift e la Souvenir dei fratelli Tiefschwarz, troviamo quello di Anthony Middleton e Luca Saporito in arte Audiofly. Per questo ritorno su Moodmusic, dopo il fortunato “Somewhere” firmato come Rekleiner assieme all’amico Stuart Geddes, fanno affidamento su “Lost”, traccia dai synth che solleticano le atmosfere dark-wave. Il beat poi, che personalmente trovo un pò fiacco, oscilla tra electro e synthetic house. Sull’altro lato è incisa la più facilotta “Til Mari” eseguita su un collage di samples e sospinta verso la trance ibizenca di qualche anno fa.

-Renato Figoli “Le Stelle Sono Tante” (Trapez): rammentando lo slogan del salumificio Negroni che recitava anni or sono in tv, Figoli approda alla Trapez. Il dj-producer sardo (ancora ignorato dal pubblico italiano ma ben rispettato oltre i confini) pesta i piedi su tracciati minimalisti, molto glitch nella a-side (“Le Stelle Sono Tante”) e più groovy-oriented nella b (“Milioni Di Milioni”). Belle pulsazioni modaiole (ma non troppo) alle quali s’aggiunger� presto un remix ‘viaggioso’ che l’autore ha realizzato per “Blueten Sind Dem Grossen Schillerfalter Fremd” di Dominik Eulberg (su Traum). E nel frattempo l’Italia resta a guardare. E forse a sentire.

-Andy Stott “Merciless” (Modern Love): in bilico tra ambient e dance, l’album di Andy Stott è un lavoro genuino che racchiude entro di sè l’electro, la modaiola minimal e le suadenti atmosfere della musica da camera. Da consumare anche a casa standosene seduti comodamente in poltrona dopo una faticosa giornata lavorativa, “Merciless” è un viaggio ideale verso scenari cupi e misteriosi inframmezzati da melodie rumorose e breaks che appaiono come lampi a ciel sereno. Ritmi cavernosi tipici della minimal-techno tanto di moda negli ultimi mesi completano poi il quadro musicale dipinto dall’artista che alza la testa e si fa largo con ritmi da ballare e melodie da sognare.

-Soulkut “Night Trip” (Elektrotribe): buon esordio per la berlinese Elektrotribe che rilascia il primo album del francese Soulkut. “Night Trip” è figlio dell’amore per la musica electro ed hip-hop ed è in grado di lasciar passare sotto le sue note anche le ombre del quasi dimenticato trip-hop. Tutto accade in sole 7 tracce aperte ad un ampio range stilistico che al suo interno ingloba numerose scene ed influssi musicali. Un viaggio avventuroso insomma, che si burla di tutti coloro che si piegano alle mode e che si prende gioco dei cliches sempre troppo diffusi nel nostro Paese.

-TJ Kong & Nuno Dos Santos “Circus Bell E.p.” (Compost Black Label): un olandese ed un portoghese che riportano sotto i riflettori della dance la batucada (gi� ‘sfruttata’ nel 1995 dall’argentino Dj Dero). Il tutto si esterna con questo nuovissimo Compost Black Label #011 in cui s’alternano le tipiche lead-lines della techno-trance ai movimenti afro. Il tutto è rinchiuso entro palizzate cyber non così poi tanto lontane dallo stile alla Âme. Spiccatamente curioso e per questo da tenere a portata d’orecchio.

-Ryukyudisko “Peekan” (Platik): secondo album (dopo “Ryukyudisk O Tech”) per i gemelli Tetsushi e Yosuke Hiroyama. Sono 16 le tracce che contengono i tipici fraseggi orientali modulati su misure quaternarie dal retrogusto technoide. E’ come se il culto per i dragoni venisse rivisto in chiave dance con tanto di terzine a mò di festa in piazza. Suoni ‘nazional popolari’ per il popolo dell’estremo Oriente si miscelano su bassi in levare, strings pizzicate e ritmi fluenti: si tirano fuori esempi come “Uchina Experience”, “Fascinating Instruments” e “Wire Dengu (Rechamploo)” nella quale si fanno avanti i tipici suoni techno-progressive-trance del passato. Musica festaiola quella dei Ryukyudisko, ideata su un atollo disperso nel Pacifico coi gabbiani che rasentano le acque splendenti di un mare ancora incontaminato.

-My Robot Friend “Swallow/Dead” (Soma): portato nel ‘vecchio continente’ nel 2002 dalla Dekathlon di Zombie Nation, il newyorkese My Robot Friend continua a far girare il suo nome in maniera capillare. Eccolo nuovamente all’azione col terzo singolo estratto dal secondo album edito dalla scozzese Soma. “Swallow” incarna bene lo stile legato all’electro, al discofunk e alla cultura degli MC americani riscontrabile in modo netto nelle liriche rap old-school. A rimettere i suoni in ordine geometrico è Derrick Carter che ci regala un remix funky dal fascino tech-house (il Weirdy Vox) ancora più esacerbante nella We An Army che si connette in maniera diretta alla vecchia house di fine anni ottanta dalle ritmiche squadrate e dai bassi saltellanti. A concludere è “Dead”, umoristico pezzo che si avvale dei riff di violini suonati da AutoJulie3000 arrotolati su un ottimo involucro dall’eco funk reverberato da picked-bass ed impreziosito da vocals lievemente funerei.

-Robert Natus “Hardtechno vol. 2” (Alphabet City): dopo il primo volume mixato da Sven Wittekind riecco in forma smagliante la raccolta nata col preciso intento di diffondere in maniera capillare questo filone nato dalla commistione tra l’hardgroove e la dimenticata hardcore di paternit� olandese. Questa volta al mixer c’è Robert Natus che, in due cd’s, sceglie e miscela il meglio dell’hardtechno in circolazione firmato da artisti come Dj Rush, Mario Ranieri, Felix Kröcher, Frank Kvitta, Matt M. Maddox, Marcel Cousteau, Razor ed altri ancora. Non manca lo stesso Natus ‘travestito’ da Deadly Sins che davvero nulla ha a che fare con l’omonimo progetto italo-dance di inizio anni novanta lanciato dalla voce di Glen White dei Kano.

-Thugfucker “Disco V/Knight Rider” (Thugfucker Recordings): seconda apparizione per la label dei Thugfucker (Holmar Filipsson e Greg Oreck) ancora orientata alla riedizione della disco e della prima electro. Il concetto si esplica bene in “Disco V” ove tastiere analogiche la fanno da padrone assieme a ricordi afro. Non è da meno “Knight Rider” (composta pensando alla famosa serie tv Supercar, quella con lo statuario David Hasselhoff nella veste dell’investigatore Michael Knight) in cui i synths rotolano all’interno di un piano elettrico e di uno scenario tipicamente retro. Un disco polveroso ed un pò triste visto che tende essenzialmente a riportare a galla i ricordi dei tempi che non verranno più. ‘Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia …’ Lorenzo De Medici docet.

-Leo Abrahams “Scene Memory” (Bip-Hop): piuttosto differente dal primo album (“Honeytrap”) uscito nel 2005, “Scene Memory” tralascia il folk e le influenze etniche mantenendo intatta solo la sua vena evocativa. Frutto di una parziale improvvisazione, il disco lascia trapelare la sensibilit� della musica new-age tenendo per tutta la sua durata (poco più di 40 minuti) una calma ed un’inimitabile aria bucolica. In pezzi soavi come “Anemone”, “Empty Shell” e “Route II” così risulta facile intercettare il dolce scorrere della chitarra elettrica alternata sapientemente ad uno studio appassionato di modulazione sonora, riflessiva e dolce quanto miele e zucchero.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Technodisco

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