#151 -L’antologia di Datapunk

Nata nella seconda metà del 2003 come sublabel della più futuristica e cibernetica Psi49Net, la Datapunk rappresenta il lato crossover di Anthony Rother che, sino a qualche anno fa, non avrebbe certamente potuto immaginare il successo planetario a cui sarebbe andato incontro. Il tedesco peraltro non sapeva nemmeno che di lì a poco avrebbe ricoperto un ruolo di fondamentale importanza nell’estetica dell’electro music contemporanea raccogliendo l’eredità di celebri gruppi del passato (in molti lo considerano il naturale erede dei Kraftwerk) che lo aiuta, almeno nei primi tempi, a svincolarsi da ogni legge di mercato. Dietro Datapunk si nasconde la voglia di avvicinare l’electro ad un numero maggiore di utenza, operazione che trova riscontro anche nelle collaborazioni prestigiose che il tedesco stringe negli ultimi tempi coi guru Sven Väth e Dj Hell. Un ibrido tra techno da ballare ed electro più classicista insomma lo stile di questa label che vede il proprio catalogo ingrossarsi velocemente tanto da rappresentare una trionfale processione di nomi noti e meno a cui comunque la scena attuale deve molto. Per suggellare l’attività (piuttosto frenetica) che Datapunk ha svolto in circa quattro anni è stato ideato il progetto “We Are Punks” che, in tre cd’s, raduna i pezzi migliori editi solo su vinile nonchè qualche novità che arriverà nei mesi a seguire. L’antologia è selezionata dallo stesso Rother che poi ne affida il mixaggio a Matthias Gustke alias Ziel 100, nome leggendario della radiofonia tedesca. “We Are Punks” mette insieme un alto numero di tracce di cui molte (prevedibilmente) firmate dal ‘padron di casa’ che, meritatamente, sfoggia “Bad To The Bone”, “Punks”, “When The Sun Goes Down”, “Youth”, “Father”, “Back Home” (il primo tassello di Datapunk), “Dreamin”, “Roses”, “Don’t Worry” (remixato da Xenia Beliayeva), i più recenti “Moderntronic” (1, 2 e 4), “Springlove” (con Sven Väth), “German Bodymachine” (con Hell) e l’inedito “Thank You”. A ciò si aggiunge una vera sequela di nomi che vanno ad infoltire la scuderia come Gregor Tresher, Bodzin ed Huntemann, Boys Noize, Johannes Heil, Datapunk Rockstars, Terence Fixmer ed Artist Unknown (noti anche come Märtini Brös). E’ nel terzo cd che vengono agglomerate le novità come “Tragolta” ed “Electric Burst” di Kiko, “Sensorized” di Elektrodrei e “Spread Your Wings” di Frank Kusserow aiutato nel suo lavoro da Gez Varley, ex LFO. 38 le tracce da usare per gridare a gran voce: we are punks !

-Gabriel Ananda “Bambusbeats” (Karmarouge): il suo nome è ormai più che noto ma Ananda continua imperterrito il lavoro di ricerca timbrica alla base di quasi tutti i suoi (numerosi) dischi. “Bambusbeats”, follow-up dell’altrettanto magico “Tai Nasha No Karosha” del 2004, lascia bollire ritmi tech-house (a volte dichiaratamente afro come “Bambus”) in pentoloni di rame in cui il mestolo incontra grumosi synths e basslines liquefatti. Fondamentalmente Ananda è un alfiere del suono minimalista tedesco, quella tipologia di suono che la Karmarouge di Alex Multhaup ha sempre promosso mediante le sue releases. Intrecci di suoni e rumori (ormai elemento più che ricorrente nella musica del momento) la fanno da padrone in pezzi come “Sweet Decay”, “Trommelstunde” e nella riedizione di “Take Off” (l’original era già uscita su Treibstoff) che progressivamente mettono da parte le percussioni per lasciar spazio ad elaborazioni contenute entro la parabola dell’abstract più intimista.

-Maxime Dangles “Manyflexy E.p.” (Scandium): sull’onda del recentissimo “Plane E.p.” il giovane dj-producer francese incide un nuovo 12″ per la Scandium di Paul Nazca ed André Dalcan. “Manyflexy” mette in correlazione la trance e l’electro più ballabile, quella dei basslines continui ed aperti dai filtri, “Fly With Her” si getta tra le braccia dei glitches e dei bassi alterati dai mutamenti di forma d’onda che, coi loro movimenti curiosi e sempre fluttuanti, rendono omaggio alla nuova scuola francese. Per ultima appare la versione che Delon & Dalcan hanno realizzato per la title-track, rivisitazione a metà strada tra hypno-trance ed una strana progressive che molto ricorda suoni e stesure in voga negli anni novanta.

-The Timewriter “Soulstickers” (Plastic City): nuovo album per Jean Frank Cochois, il quinto dopo “Letters From The Jester”, “Jigsaw Pieces”, “Diary Of A Lonely Sailor” e “Paintbox”. Il lavoro ondeggia tra ritmi tech-house ed arrangiamenti deep tra i quali s’infila anche un pò di soul. A valorizzarlo ulteriormente sono collaborazioni strette con Terry Lee Brown Jr. (“Is This Life”), Jimmie Wilson (“Sunshine In The Backyards”), Theresa Baltimore (“Vintage Circuits”) e Mary Joe (“Mary’s Wisdom”). Classe senza pari.

-Koop “Remixes 3” (Compost): consacrati in tutta l’Europa dall’album “Koop Islands” i Koop (Magnus Zingmark ed Oscar Simonsson) tornano da protagonisti su Compost con ulteriori reworks di pezzi estrapolati dall’lp in questione. “Drum Rhythm A” gode di una versione ad opera di Christian Prommer dei Trüby Trio che costruisce un ritmo quasi batucada ricamandone intorno deep chords e linee elettroniche che mettono in relazione il tutto in modo magistrale. Poi “Let’s Elope” che i Sirs ricoprono di strutture deep-house e l’ormai popolare “I See A Different You” in un’inedita Instrumental Mix dei Beanfield in cui si riassapora la club-house dei primi anni novanta. Per la serie ‘non c’è due senza tre’ …

-Aardvarck “Cult Copy” (Rush Hour): il suono di Mike Kivits alias Aardvarck (apparso per la prima volta nel 1993 sulla Djax-Up-Beats di Miss Djax) è pieno di riferimenti alla chicago-music della decade passata, spesso intriso di quella tipica effettistica che riporta a pensare a certe cose made in Germany (avete presente i primi Klang Elektronik ?). Intermezzate da pseudo-intro in chiave ambient sono tracce dai beats imponenti, tagliati da fiammanti linee di bassi e da scintillanti ricordi disco (“Cult Copy 2” gira su un sample di Bobby Orlando). Libero accesso anche ad una deep-electro (“Dear Tom”, “Komt Goed”) che ricorda molto le produzioni Delsin ed un saltellante incrocio di afro-funk (“Cult Copy 3 Dub”) utile a (s)muovere anche le rocce.

-Mark Almaria “Let You Go” (Carizma): il ritorno dell’americano sulla label di Tokyo, dopo “Feel My Heart E.p.” del 2005, viene siglato dall’esplosivo “Let You Go” in cui il funk anni settanta viene miscelato ai beats frenetici della techno anni novanta. Ad emergere è anche una parte cantata che tende un pò alla ‘house mafia’ di Eric Prydz, Angello, Ingrosso & Co. ma non talmente commerciale da essere additata come pop. Sul lato opposto il remix che si concede un tiro più new-school, scandito dai tipici synths grattugiati e moderni che combaciano perfettamente con la dicitura electro-house sebbene rivisti in chiave più technoide.

-Africans With Mainframes “Rock The World” (Crème Organization): a qualche mese di distanza da “Mogadishu” gli African With Mainframes (Noleian Reusse e Jamal Moss) ritornano sulla label olandese ormai votata quasi unicamente al fenomeno dell’acid-house. In queste quattro tracce si riassapora perfettamente il gusto minimal-acid-funk che un tempo giungeva da oltre l’Oceano Atlantico: il ghetto sporco e putrido rivive in “Rock The World”, la 808 viene messa a dura prova da “Zodiac Rhythms”, la 909 batte il ritmo e travolge rovinosamente la 303 di “Zulu” e “Can U Hear Me Now” propone strani gorgheggi di synths che sembrano intonare canti etnici del continente nero. Si tratta in sostanza di una rivisitazione talmente fedele del movimento jackin da poter essere tranquillamente confusa per un disco prodotto nel 1990.

-Rancho Relaxo Allstars “The Answer Is Always Yes” (Abe Duque Records): la label del dj equadoriano più famoso al mondo continua a vivere una parabola ascendente grazie ad una vena produttiva che oltrepassa la soglia della banalizzata minimal. Dietro ADR infatti aleggiano ombre sinistre che solo a volte trovano il modo d’insediarsi in beats soffici come cotone. Il contenuto di questo album lo fa assomigliare ad una sorta di alambicco pieno di singolari intrugli sonori la cui paternità la si riconosce a Susanne Brokesch, John Selway, Dietrich Schoenemann, Jason Szostek e Zachary Vietze. Dalle provette escono fumosi liquidi giallastri che, a contatto con l’aria, si trasformano in ipnotici loops cristallini addolciti da suadenti appigli ambient.

-Paul Kalkbrenner “Altes Kamuffel” (BPitch Control): nome piuttosto ricorrente quello di Paul Kalkbrenner, tra i paladini della BPitch Control insieme a Kiki e Sascha Funke. In “Altes Kamuffel” si scorge una vena soft-trance decisamente romantica infiltrata abilmente in beats duri come granito. A coadiuvare i movimenti del ritmo sono anche claps secchi, paragonabili a foglie autunnali. Sul lato b “Ick Muss Aus Dit Milieu Heraus” che ne ricalca lo stile sebbene attraverso suoni estrapolati da una tavolozza differente. Meno cinematico rispetto a lavori precedenti come “Press On” e “Chrono”, il Kalkbrenner del 2007 si presenta con abiti nuovi ed uno stile completamente rinnovato che si potrebbe azzardare nel definire ‘neo techno trance’. Che sia l’inizio di un nuovo filone ?

-Frost “Love! Revolution!” (Frostworld Recordings): da non confondere con l’omonimo progetto trance tedesco, dietro Frost operano la cantante Aggie Elisabeth e i musicisti norvegesi Grøndal Peterson e Per Martinsen aka Mental Overdrive. Questo nuovo album, follow-up di “Melodica”, è un lavoro sopraffino, idealmente ubicato tra electro meno combattiva e downtempo, trainato da pezzi come “Modesty”, “Free Your Heart”, “Spare Some Time”, “Messages” e “Trainstop”. In questi giorni potrete imbattervi anche nel secondo singolo estratto, “One Hundred Years”, rilasciato nelle versioni di Mental Overdrive, Kompis, Cato Canari e SkatebÃ¥rd.

-Guy Gerber “Late Bloomers” (Cocoon): a giudicare dalle energie spese da Cocoon nei suoi confronti (tre singoli ed un album), pare che quello dell’israeliano sia uno dei nomi da tenere più a portata di mano (e d’orecchio) nei prossimi mesi. La ricetta si fonda essenzialmente su tre ingredienti, house, techno e trance, assemblati con gusto e padronanza. Dall’epica “The State Of Change” alla deep “Late Bloomers”, dalla sfiziosa “Unfulfilled” (edificata sugli accordi della celebre “Another One Bites The Dust” dei Queen) alla granulosa “Are U Naked?” per finire su “Belly Dancing” (in cui oltre alla trance e alla house si ritrova anche un bel bassline italo-funk) e su “Sea Of Sand”, ‘viaggiosa’ come certe cose che uscivano sull’inglese Bedrock. Per la serie ‘l’Israele non è solo psy-trance’ o ‘la progressive sbarca su Cocoon’.

-Cobblestone Jazz “DMT” (Wagon Repair): forti del successo raccolto coi precedenti “India In Me” e “Dump Truck” i Cobblestone Jazz (Tyger Dhula, Danuel Tate a Mathew Jonson) tornano in studio per divertirsi nel confezionare un altro ‘lungo viaggio’. “DMT” incarna la progressione nel senso mistico più sensuale, un tool che rivela tutto l’ipnotismo a cui gli autori fanno riferimento per la loro musica fondamentalmente installata sui loops programmati con le groovebox. Intrecci di fx poi completano questo lavoro, inciso su un vinile monofacciata, che anticipa il primo album previsto per il prossimo 18 settembre.

-Electronicat “Chez Toi” (Disko B): Fred Bigot alias Electronicat è una vecchia conoscenza per gli amanti della Disko B che crede da anni in questo suono pop distorto ed inselvaggito da ritmi spezzati. “Chez Moi”, il quinto album di una discografia iniziata nel 1999, è un lavoro sbilenco, che raschia il funk con l’industrial per poi filtrarlo e strizzarlo mediante imbuti electro-pop. Ospitate gradite per la nipponica Masumi Kobayashi, Catriona Shaw aka Miss Le Bomb (“Seveneves”) e G.Rizo (“Nu Day”) che impreziosiscono ulteriormente il mosaico claustrofobico segnato da chitarre distorte ed una personale visione del neo-pop alla base di tutti i lavori sinora proposti da Bigot.

-White Light Circus “Interrupted Time” (DC Recordings): White Light Circus è il progetto più recente di Dean Meredith che i più attenti dovrebbero ricordare per un numero imbarazzante di progetti (da Thieves Of Bagdad a Dope Brothers, da Red Medicine a Blip Blop sino agli storici Bizarre Inc e ai più recenti Chicken Lips), quasi sempre divisi con l’inseparabile Andrew Meecham (The Emperor Machine). La title-track lega con la vecchia italo-dance anni ottanta soprattutto per i beats che paiono dividersi le percussioni con una “Dirty Talk” messa a nuovo e graffiata da un numero consistente di effetti. In “Secret Operator” invece il basso strizza l’occhio ai polverosi Gary Low, Koto, Ryan Paris o Ken Laszlo e viene pizzicato di continuo da synths squadrati e gommosi.

-JPLS “Twilite” (M_nus): noto in Europa come accreditato esponente di una microdub dal forte impatto mentale, Jeremy Jacobs alias JPLS è tra i migliori alfieri che la M_nus di Richie Hawtin ha fatto scendere in campo. Flussi incessanti di beats attraversati longitudinalmente da effetti liquidi costituiscono la spina dorsale di “Twilite”, album in cui serpeggiano singolari evoluzioni timbriche ed altrettante strambe visioni ritmiche frequentemente interessate da sincopi e contrasti di suonini aguzzi come aghi montati ad incastro secondo la vecchia metodologia di Detroit opportunamente rivista e corretta. “Twilite 6.1” e “Twilite 6.2” sono quelle che trovo più indicate alle piste in cui ipnotismo e magia ritmica si fondono a meraviglia.

-Robert Babicz “A Cheerful Temper” (Systematic): sganciato quasi del tutto dalle ritmiche indiavolate della 909 graffiate e lacerate dalle sgroppate di 303, Babicz si lega ad un filone che trae spunto dal minimalismo dei primi anni novanta e che oggi i tedeschi hanno saputo reinterpretare talmente bene da farne diventare un trend in continua ascesa. Tra ritmi minimali, evoluzioni deep-house, sensibilità electro-house, glitches moderni ed un’austera progressive, il popolare producer polacco raggiunge la maturità artistica che entra in contrasto con le scorribande edite un tempo come Rob Acid. Il suo nuovo ego è meno compulsivo, meno martellante e meno frenetico ma più moderno ed adatto alle situazioni che la scena musicale del 2007 richiede.

-Jamie Jones “Get Lost 02” (Crosstown Rebels): l’estro di Jones, non sfuggito a Tiefschwarz, Steve Bug, Steve Lawler e Sven Väth che in passato hanno scelto i suoi pezzi per le proprie compilations, pervade per intero nel nuovo appuntamento con “Get Lost”. Si passa da Cassy a Plasmik, da Tanzmann & Stefanik a Ripperton, da Jeremy Caulfield a Sebbo sino a Zander VT, John Keys, Dennis Ferrer e lo stesso Jones con l’esclusiva “Panama City”. Inedito è anche “Come Down To Earth” firmato da Jennifer Cardini (la voce di “Me And Madonna” dei Black Strobe) e Shonky raggiunto dai ritmi tech-house di Nico Purman con “Lunatique” e dalla consueta solidità di Larry Heard con “Sun Can’t Compare”.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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