#192 -Il nuovo live-mix di Oliver Huntemann

A poco più di un anno dal primo appuntamento consumato tra le mura del D-Edge di San Paolo (Brasile) la saga di “Play!” prosegue col secondo volume nato da una recente gig presso il Rex Club, locale che nella capitale francese è ormai considerato alla stregua di un’istituzione. Il set, registrato lo scorso 22 febbraio, va così ad inserirsi nella lunga e corposa discografia di Oliver Huntemann, attivo sin dal 1995 e divenuto, soprattutto negli ultimi anni, una delle colonne più granitiche del panorama musicale tedesco. In 77 minuti il dj-producer di Brema mixa, con entusiasmo, un euforico collage di musica che si può raccogliere sotto la dicitura ‘new techno’ in cui vengono scanditi rintocchi minimal e ritmi tech-house. In tracklist figurano brani di Clé, Shlomi Aber, Martin Landsky, Da Fresh featuring Xenia Beliayeva, Scratch Massive ed, ovviamente, dello stesso Huntemann, prima con “Paris” e poi con “La Boum” per cui sono disponibili anche i relativi videoclips (cliccate su http://www.youtube.com/watch?v=gAG4NvpseNk e http://www.youtube.com/watch?v=Tq3CT6cP-zY). Da citare anche la presenza del “Rekorder 0.0”, ultimo capitolo della saga Rekorder che Huntemann ha diviso con l’amico Stephan Bodzin per dieci uscite pubblicate tra 2005 e 2007. Il “Play! 02”, su Confused Recordings, sarà in vendita dal prossimo 15 maggio.

-Akiko Kiyama “7 Years” (District Of Corruption): ci sono voluti ben sette anni ad Akiko Kiyama per completare il suo primo album, composto tra Berlino e Tokyo e risultato di un’evoluzione stilistica iniziata nel 2001. La maturità artistica dell’artista nipponica emerge attraverso tracce modulate su percussioni digitali, sub-bass demoniaci, grooves costruiti con pochi elementi e su una chiara scia gotica che, a dire il vero, da sempre contraddistingue le uscite della District Of Corruption. Undici i brani, da “Ant” ad “Isotope”, da “Sirsana” a “The Innocent” e “Bite A Plum” in cui, un orecchio attento, scorgerebbe anche qualche lieve attinenza al mondo Sähkö e Warp.

-Hrdvsion “Playing For Keeps” (Wagon Repair): si scrive Hrdvsion ma si legge Hardvision. E’ l’alter-ego di Nathan Jonson, fratello del più noto Mathew, che per l’occasione ritorna su Wagon Repair col suo terzo esperimento dopo “Sick Memory” e “Gary White”. Ossessionato dall’esplorazione parallela di più mondi musicali, il canadese illumina la sua creatività coi laceranti tagli alla Squarepusher ed Aphex Twin: “Playing For Keeps (Daddy’s Angel)” è piena di energia disarmante, soprattutto per il vivace contrasto creato tra gli stili frullati al suo interno (funk, jazz, techno). L’interscambio continuo tra analogico e digitale poi rende ancor più entusiasmante il trip e “Playing For Daddy’s Girl”, una sorta di reprise, ne è la conferma, tra ritmi agitati e suonini spasmodici ad 8 bit frastagliati secondo un metodo di lavoro molto simile a quello di acts più popolari come Digitalism o Justice. A mettere ordine nella stesura e far combaciare tutto sui canonici 4/4 è The Mole con un remix che riduce il ‘disordine creativo’ di Jonson a favore di un autentico anthem electro-techno che ricorda il più agguerrito Beroshima delle annate 2002-2004. Wagon Repair: una continua sorpresa per le nostre orecchie.

-Alden Tyrell featuring Fred Ventura “Memories” (Moustache): se ne parlava da tanto negli ambienti più legati all’electro-retro (leggi CBS) ed ora scopriamo che a pubblicarlo è la Moustache di David Vunk e Seutek (ossia i Pussycat). “Memories” si annuncia una superhit, forgiata da uno dei migliori alfieri della scuola olandese dedita al recupero delle sonorità degli anni ottanta (Alden Tyrell) ed interpretata da uno che in quegli anni era già una star dell’italo-disco, Fred Ventura. La bassa velocità di crociera riporta al periodo di Xenon, Koto, Miko Mission, Savage e di altri astri splendenti di quel grandioso periodo della musica italiana, purtroppo dimenticato, in primis, proprio dallo stivale tricolore. “Memories” è denso di romanticismo, un pò alla Alphaville, scandito dai fragorosi snare tipici dell’italo e dalla pasta analogica di Tyrell. Da acquistare e conservare gelosamente nel proprio archivio: dischi di questa caratura sono piuttosto rari al giorno d’oggi.

-Scalex/Video Boy “Espion/Laserboy” (Serotonin): da poco resuscitata (ne parlammo in occasione di “Parousia Fallacy” di BPMF, Electronic Diary #165), la Serotonin di John Selway, a cui si deve il merito di aver lanciato “Emerge” dei Fischerspooner, ritorna nei negozi con una doppia a-side. Scalex, con “Espion”, riscopre il buon legame tra techno ed electro, affine allo stile imperante sei-sette anni fa. Il remix di Mesak (Tatu Metsätähti, già in Mr. Velcro Fastener e Star You Star Me) accorcia le distanze da uno stile più embrionale curvandolo positivamente nell’acid. Sul lato b Video Boy, nuovo progetto giapponese, pronto a percorrere la strada della nostalgica italo-disco attingendo spunti da Mr. Flagio, Telex e l’indimenticato Kiko di Hot Banana. Simile, ma ritmicamente più morbido, “It’s Painful By You”, dominato ancora dal vocoder ed accerchiato da un leggiadro pop elettronico.

-Cass “Merry Go Round” (BluFin): mandato in soffitta il progetto Cass & Mangan ormai definitivamente sostituito da Deadset, Cass Cutbush si rifà avanti, dopo “You Dont See”, in veste da solista. Il suo stile ruota intorno ad una house modernizzata, dominata dalle timbriche dell’elettronica e per l’occasione rischiarata da una parte vocale potenzialmente capace di trasformare un brano da club in hit da classifica. Addolcita da pads trance, infatti, la traccia si presta molto bene anche ai passaggi radiofonici. Il remix è del socio Tom Mangan che ne dona un tocco più gotico, nato dall’incrocio tra tech-house e minimal, binomio che pare la maggior tendenza sul mercato di questo primo squarcio del 2008.

-Loco Dice “7 Dunham Place” (Desolat): album di debutto per il tunisino trapiantato prima in Germania (Düsseldorf) e poi in America (New York) e divenuto, nell’arco di un tempo relativamente breve, uno dei dj’s più richiesti sulla piazza internazionale. La sua musica equivale all’interpretazione moderna di house e soul, fuse alla perfezione in contesti che spesso sfiorano l’afro e la musica nera. “7 Dunham Place” è un ‘pacchetto sonoro’ che racconta ritmi e storie di un personaggio che ha visto crescere in maniera esponenziale il valore della sua creatività: a catturare maggiormente la mia attenzione “La Esquina”, coi ricordi piano-house posati su lidi esotici e balearici, “Got Leaks In The Roof” scandita da un’affascinante linea esoterica, e “Pimp Jackson Is Talkin Now!!!”, candidato come primo singolo da estrarre e trasformare in hit estiva.

-Sam Lowry “Moesia E.p.” (Dumb Terminal): solo 200 le copie disponibili del #001 della Dumb Terminal, nuova arrivata nel panorama electro. A tagliare il nastro inaugurale del catalogo è Sam Lowry che, da Rio De Janeiro (sarà vero?), ci manda “Moesia”, un conturbante trip localizzato tra toni scuri ed arpeggi che volteggiano su ritmi lividi, e “Slightly Off Course”, uno scorcio acido in mezzo ad un gorgo psichedelico. La musica del misterioso artista, che presto ritroveremo anche sulla Strange Life di Legowelt, mostra legami anche con l’electro più essenziale tagliata da scorribande acide: a sottolineare il concetto sono le restanti “Mutant Amphibian” ed “Uncle Scam” che, in parte, pagano il tributo a Stinson. Il #002 di Dumb Terminal è già pronto: si tratta di di “Skizopolis E.p.” di MANASYt sul quale, probabilmente, torneremo a parlare nelle prossime settimane.

-Reecoba “So Easy” (Lebensfreude): l’etichetta fondata da Heiko Werner e passata, ormai da un anno, nelle mani di Gunne, ritorna sul mercato con la musica dell’ungherese Reecoba. “So Easy” è un brano che nasce dal turbinio dell’effettistica e dalla progressiva sovrapposizione di grooves carichi e pronti per essere ballati. Più contenute invece le materie acustiche di “Terminal”, sequenzato su controtempi ed avvicendamenti del basso usato a mò di rullante. Più deep e funky il remix di Ruede Hagelstein, perfettamente in linea col livello creativo tedesco degli ultimi anni.

-Viermalair “360” (Styledriver): Ron Ractive e Rekardo Rivalo, ovvero i Viermalair, si propongono come (ennesimi) combinatori di electro ed house. In questo caso però il connubio mi pare vincente rispetto alle classiche commercialate che appesantiscono il mercato europeo: c’è più raffinatezza nella scelta dei suoni ed, indubbiamente, una maggior compostezza nella dinamica. La Tokyo Club Mix è modulata sulla linea deep-techno, quella a cui qualche anno fa autori come Kowalski, Laux e Diego diedero un grande supporto. Più rinchiusa nel glitch è la Japeur Mix, quasi un tool alla Karloff. Straordinaria la Dub Mix, stesa per lungo sulla logo side: la voce in lingua giapponese rende il tutto più inusuale del solito sebbene oggi l’incrocio tra fascinosa deep-house e minimal non risulti certamente una novità. Nella globalità mi ricorda lo stile pungente di David Hausdorf.

-Namlook “Subharmonic Atoms” (Macro): gli intenditori dell’electronica d’autore lo ‘mangeranno’ in un sol boccone. Certo, si toglieranno il piacere di degustarlo ed assaporarlo ma la musica di Pete Namlook è fatta di immediatezza: o la ami o la odi. Personaggio di riferimento nell’ambiente ambient-techno (più di qualcuno, negli anni, lo ha definito il perfetto erede di Klaus Schulze), Peter Kuhlmann (questo il suo vero nome) vede risorgere una traccia composta nel 1995, prelevata dall’immenso catalogo della sua Fax +49-69/450464. “Subharmonic Atoms” è un brano dal quale i giovani d’oggi potrebbero attingere molto pur ignorando i legami con la techno di Jeff Mills e con le prime sperimentazioni del giovane Richie Hawtin. Decisamente più legate a contesti dance le versioni del parigino Pépé Bradock, molto simili tra loro e scaturite dall’incrocio tra house e deep, a dimostrazione che la Macro non abbia dimenticato le esigenze dei dj’s legati ai canonici 4/4.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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