#193 -Felix Da Housecat per il Global Underground italiano

La saga dei Global Underground sbarca a Milano e lo fa attraverso il sound scelto e mixato da Felix Da Housecat. Certo, un nome storico per il clubbing internazionale, ma negli ultimi tempi meno under(ground) e più over(ground), e non solo per quella serie di hits inanellate a partire da “Silver Screen” (2001) in compagnia di Miss Kittin. Felix Da Housecat è uno che conosce bene le regole del business e in questo GU tenta, in modo mal celato, di pareggiare la ricercatezza con la prevedibilità. Il primo disco, ‘F*ck Rock’, si compone soprattutto di musica per la massa prodotta da nomi come Sasha, Alex Bau, Armando, Chris Liebing e Josh Wink. Tra i tanti si ritrova perfino Benny Benassi, nome per cui i puritani di un certo settore storceranno sicuramente il naso. Il secondo, ‘F*ck Rave’, mi piace di più, forse per le presenze di Sally Shapiro, Boys Noize, Lopazz, Jojo De Freq, Etienne De Crecy ed Anthony Rother (sebbene a suonare sia “Moderntronic”, uno dei meno esaltanti a mio modo di vedere). Poi un balzo nel passato con “Vicious Game” di David Carretta, “No Ufos” di Model 500 e “Peut Être… Pas” dei Liaisons Dangereuses, un trittico d’autore accerchiato da presenze meno ricche di storia (“Blink” di John Dahlbäck o “Jack U” dello stesso Felix riletto da Angello ed Ingrosso). Un mix-cd in bilico insomma, tra musica ricercata e classico ‘rumore elettronico’ che piace ai giovanissimi.

-Aa.Vv. “Audiomatique Vol. 2.0” (Audiomatique Recordings): il primo volume, curato da Martinez, fu un successo. Per replicare Steve Bug ne affida il seguito ad Adultnapper, artista che negli ultimi tempi ha visto crescere in modo determinante le sue quotazioni a livelli internazionali. Il filone di Audiomatique parte dall’electro-house increspata dagli effetti, prosegue sulla strada del deep e batte, in taluni punti, ritmi technoidi. La ricca tracklist è impreziosita da sei inediti appositamente prodotti da Martinez, Alexi Delano, Martin Eyerer & Stephan Hinz, The Viewers e dallo stesso Adultnapper. Per il resto la parata vede l’alternarsi di altri nomi di rilievo quali Robert Babicz, Gui Boratto e Trentemøller. Il tutto a confermare la stabilità di Audiomatique, la più giovane e, soprattutto, la più sfacciatamente trendy tra le labels gestite da Steve Bug.

-Victor Delicato “E.p.” (Sterpete Dischi): qui viaggiamo nei meandri del vero underground, di quel sottobosco musicale di cui moltissimi ignorano perfino l’esistenza. Sterpete, micro-etichetta con base a Foligno e nata da una costola dell’altrettanto microscopica Heckengäu, ritorna con quattro tracce da brivido. “Koala Crisis” o “Midnight Gazette” vi potrebbero suonare troppo ‘vecchie’ e ‘polverose’ ma l’intento di Sterpete è esattamente quello di smuovere la polvere dai solchi di uno stile rimasto per anni chiuso nei ricordi. E poi “Sabotino Foceverde” ed “Ss2 Breeze”, palesemente ispirate da Patrick Cowley & co., con squillanti tastiere e poderosi ritmi vintage in prima linea. Non so ancora chi sia questo Victor Delicato ma posso affermare, senza problemi di sorta, che il suo e.p. su vinile blu edito in sole 275 copie, è tra quelli che più mi stanno facendo battere il cuore. E le mani.

-Downrocks “Beathazard” (Beathazard Recordings): da quando la presenza di Alek Stark è divenuta intermittente, l’electro made in Spain ha subito un calo d’attenzione da parte dell’Europa. Certo, rimane Boris Divider e la sua Drivecom ma non è sufficiente. Per fortuna arriva Downrocks a dar manforte e, per gli amanti di una certa retrospettiva electro, il suo contributo equivale ad una vera boccata d’ossigeno. Come recita lo slogan in copertina, ‘this record sound electro funk’ e, conseguentemente, ‘electro funk is hip hop’. Un legame indissolubile insomma, che nell’e.p. dell’iberico Camilo ‘Kapi’ Sampayo, viene marchiato a fuoco da brani come “A Split Hazard” (con la complicità di Split Dj) e “Beathazard” in cui, meccanici e sincopati, si muovono i connotati della musica un tempo promossa da Afrika Bambaataa. Il mondo di Downrocks è quello dei graffitari in cui la tag più ricorrente è quella del murales, delle scritte in vernice spray, del ballo acrobatico e dei radioloni posati sui marciapiedi. Allora ascoltate “Specie”, “Sentropia” o “Genetic” per ripercorrere quel che accadeva dall’altra parte dell’Atlantico venticinque anni fa. Qui gli ingredienti sono pochi (Tr-808, bassline, vocoder) ma buoni: spesso la semplicità rende più di tanti orpelli. We are (still) the robots.

-James Ruskin “The Dash” (Tresor): quello di Ruskin è un nome leggendario per la techno e il suo nuovo album, seppur non recentissimo, parla chiaro. “The Dash”, dedicato al fondatore della Surface, Richard Polson, spentosi nel 2006, è un gustoso tracciato irto di ritmi primitivi e suoni grezzi tenuti a bada e quasi contrastati da parti melodiche. Ma Ruskin è uno a cui piace martellare: prendete “Under 3”, “Lahaine” o “Outlined” per sudare. Se invece vi piace di più il movimento spezzato correte ad ascoltare “Torridon Void”, “Road Trip” ed “Izzygan”. Per sognare, invece, ci vuole una dose di trip-hop (“Glasshoppers”, “Vox”), a testimoniare che Tresor rimane ancora una label che se ne infischia della settorialità stilistica.

-Art Bleek “Exposed” (Klakson): abbondantemente conosciuto per apparizioni su labels come Loungin’, Resopal Red e Connaisseur, Arthur Pochon alias Art Bleek conquista un posto nel catalogo dell’olandese Klakson. Ad incuriosire Dexter e Steffi sono stati, probabilmente, gli intrecci tra sax e piano di “Exposed”, o l’electro-jazzy ingabbiata in “Deepest Thoughts” o, ancora, i richiami disco di “Deep Night Love”. Rispetto ai classici Klakson si registra l’assenza di una certa componente robotica ma forse è proprio questa peculiarità che darà alla piccola label olandese la possibilità di scavalcare i confini dell’underground e piazzarsi in qualche charts di rilievo internazionale. Le prerogative ci sono.

-Supernova/Francesco Passantino “Tractorbox Vol. 1” (Tractorecords): ad otto mesi dall’ultima apparizione la label del trattore ritorna nei negozi di dischi. Il numero dei mesi coincide, casualmente, con quello del catalogo, dedicato all’iniziativa Tractorbox, ideale ‘scatola musicale’ dalla quale sarà possibile estrapolare suoni e ritmi. Da ballare, ovviamente. Sul lato a il duo dei Supernova (Emiliano Nencioni e Giacomo Godi, acclamato per “Dude” remixato da Francesco Farfa), con “Cala Magia” che ha per davvero qualcosa di magico, coi suoi ritmi sussultori e col suo break centrale melodico. Con “Ghianda”, invece, Passantino costruisce un massiccio muro di microtechno, dalle cui brume si scorgono effetti e voci da frequenze radiofoniche. Entrambe le tracce vengono riproposte nei rispettivi remix: per i Supernova sono stati convocati i tedeschi Groove Rebels (Hammarskjöld, Craft Music, Harthouse Mannheim) che si divertono a giocare con la tech-house tagliata da effetti ascendenti, per Passantino invece si resta in Italia con Dandi & Ugo (Re»»Vox, Lasergun, Stereoseven Plus, Italo Business), autori di una buona saldatura tra new-techno e new-house con frequenti riferimenti alla club music degli anni novanta. Noi, di Tractor, abbiamo fatto del nostro meglio. A voi l’ardua sentenza.

-C-34 “Watch Yourself” (MinimalRome): la storia di questo brano inizia nel 2005, sulla compilation “Broken Pots Hill Vol. 2”. Il buzz è tanto da prendere in considerazione l’ipotesi di riarrangiarlo e trasformarlo in un singolo. A venirne fuori è il Remanipulation, a firma degli stessi C-34 affiancati da Andreas Herz, un pompato e grintoso anthem electro-techno in 4/4 con vistose influenze di rock distorto, quasi alla Vitalic prima maniera. Contestualizzato intorno ad un’electro più linda, ma ancora sequenzata su misure quaternarie, il remix di Feedback, con poca melodia sacrificata per basso e ritmo imperante. Arriva da Stoccarda, invece, la rivisitazione di Mick Wills che profuma di chicago-house insaporita da un susseguirsi di suoni lancinanti sorretti dall’ipnotismo più marcato, tipico dell’artista emerso tra le mura dell’International Deejay Gigolo. La chiusura, a firma di Heinrich Dressel, è platealmente cinematica, con un suono dalle attitudini alla John Carpenter, un’intersezione tra soft electro ed ambient, diametralmente opposta alle esigenze del dancefloor. MinimalRome diventa una garanzia.

-Dynarec “Ordinary Day E.p.” (Puzzlebox): tra quelli che continuano ad attingere costruttivamente dal campionario drexciyano per plasmare la propria musica, Dynarec approda alla mitica Puzzlebox fondata da Keith Tucker (Aux 88) ed Anthony ‘Shake’ Shakir. Quattro le tracce che il misterioso artista ci mette a disposizione, tutte segnate da richiami e reminiscenze dei vecchi (ma indimenticati) Cybotron, Model 500 ed altri pilastri della scena di Detroit. Da “Pneumatic Transport”, “Stellar Wind” ed “Ordinary Day” vengono fuori i caratteri distintivi dell’electro a stelle e strisce mentre “Second Life Chronicles” propone una serie di leggere attinenze alla disco di Bobby Orlando, altro amore che Dynarec si porta dietro dagli esordi e che, talvolta, lascia filtrare attraverso il moniker Chris Kalera.

-Falko Brocksieper “Heavy Day” (Sub Static): da uno come Brocksieper mi sarei aspettato il classico full-lenght in stile tedesco, fatto da quella essenzialità a cui inizio a diventare seriamente allergico. “Heavy Day”, contrariamente alle previsioni, invece è stata una gradita sorpresa. Falko, infatti, si sforza di andare oltre il loop montato ed incastrato in cinque minuti preferendo incamminarsi ed esplorare i meandri di inedite frequenze intersecando digitale ed analogico (guardate, in copertina, cosa porta in spalla), e tenendo viva e vegeta una passionalità che, negli ultimi tempi, la musica dance pare aver perso quasi del tutto. “Lament”, “The Whole Story” e “Private” sono solo alcuni degli esempi da citare per farvi capire a cosa mi riferisco quando parlo di passionalità. Su tutte metterei “Emotional Support”, in cui campeggia la suadente voce di Richard Davis: fantastico, da pelle d’oca, emozionale per l’appunto. Falko Brocksieper, di cui anni fa potemmo ammirare anche le qualità da grafico (prendete “Total Destruction” degli Ural 13 Diktators, 2000), è uno che di cose da dire ne ha tante, più di quelle che s’immaginano. Ed oggi, con “Heavy Day”, sembra uno dei tedeschi ‘meno tedeschi’ del momento. E forse è meglio così.

-Elitechnique “Mirror Men” (Clone X): che gli Elitechnique siano divenuti i nuovi pupilli di Serge ‘Mr. Clone’ Verschuur non è certo novità. Per il follow-up dell’interessante “Fingerfood E.p.”, il duo formato da Florentijn Boddendijk e Remco De Jong continua a pigiare i tasti di una funk-electro-disco dalle inequivocabili venature retro. E’ esattamente il caso dell’ottima “Elektrik Evening”, melodica quel che basta per risvegliare i sensi dei patiti dell’italo-disco, o della title-track “Mirror Men”, con quel basso alla Madonna (o della Madonna?) o ancora di “Autumn Abyss”, in cui il funk familiarizza col soul in un contesto inedito per la label olandese. L’e.p., al momento pubblicato in una stretta limited edition, anticipa il primo album su cui non si fa che dire un gran bene nonostante la frammentarietà delle news sinora trapelate.

-Felix Kröcher & Eric Sneo “Connected” (Beat Disaster): quando ho letto i loro nomi sulla copertina del nuovo Beat Disaster ho pensato ad un nuovo capitolo hardtechno. In realtà “Connected”, oltre a “Hustle & Bustle”, di hardtechno ha davvero poco e niente. E’ un lavoro che riesce abbondantemente ad oltrepassare la soglia di quello che i due artisti ci hanno fatto ascoltare più frequentemente negli ultimi anni, scomodando la dark-noize-techno (“Confusing”, “Dirty Filter”, “Walk A Bass”) e tirando in ballo addirittura il vocoder e porzioni melodiche quasi neo-trance. Groviglio che stride tra techno e glitch è invece “Der Knarzige”, raggiunta da altre prove interessanti come “Distorted Disco”, un ‘treno’ tribal-techno, o “Peaktime” e “Planet Phunk”, collocati nel filone coniato da Umek agli inizi del decennio. La ciliegina? “Take A Step”, vivacizzata dagli interventi vocali di Dj Rush.

-Lady B “When The Beat Comes E.p.” (Citizen): Bruno Gauthier, veterano della scena rave francese, approda sulla label dell’amico Vitalic con due tracce che già godono del supporto da parte di Blackstrobe e The Hacker. Meno melodico rispetto ai passati “Cruising Around Motor City” o “Dead!”, “Turn It Up” è una scarica electro-rock a cui il citato Vitalic (e più in generale la scuola francese) s’ispira sempre più frequentemente negli ultimi anni. Con la title-track, “When The Beat Comes”, si prosegue sulla strada delle distorsioni, dei bassi mostruosamente fragorosi e delle caratteristiche filtrate spesso dalle produzioni Ed Banger. Un disco prodotto per essere consumato nei clubs.

-Guru Josh Project “Infinity 2008” (Big City Beats): nato come inno underground presso l’Hacienda Club di Manchester, “Infinity” di Guru Josh è considerata una delle più grandi hits europee degli anni novanta. Milioni di copie vendute e charts stravolte grazie all’indovinato giro eseguito al sassofono, divenuto motivo d’ispirazione per altri successi (tra i tanti anche “Ocean Whispers” del torinese R.A.F. by Picotto, 1996) per un pezzo rimasto negli annali e che oggi, grazie alla Big City Beats di Francoforte sul Meno, torna a suonare. Due le versioni, pronte a far muovere le folle europee. Quella di Jerome Isma-Ae, graffiante tech-house dal tiro clubby, e quella più commerciale di Klaas, destinata a conquistare gli alti posti delle classifiche. Pare che in arrivo ci sia anche il videoclip. E si sente già odore di hit.

-Rogue Audio “Haphazard” (Global Underground): musica per la mente. E non solo. Musica per lo spirito. E non solo. Si tratta di 17 tracce orchestrali, magiche, scaturite dalla manipolazione dell’ambient, mai eccessivamente tetro. In qualche occasione abbiamo a che fare anche con delle infiltrazioni new-wave, come quelle di “Future Sound Of Pornography”, paragonabile per certi versi al suono disperso di gruppi come It & My Computer o Le Syndicat Electronique. Ma “Haphazard” riserva anche altre sorprese, come il reggae-pop di “Warrior”, gli scardinamenti drum’n’bass di “Security For All” e di tante altre alchimie che lascio a voi scoprire.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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