#234 -Album superpop per Tiga

Prima di produrre musica Tiga era coinvolto nell’organizzazione di rave party nella sua città natale, Montreal, nei primi anni 1990. Nel 1994 apre un negozio di dischi chiamato DNA Records e nel 1998 fonda la sua etichetta, la Turbo Recordings, attraverso cui promuove la musica di amici come Adam Beyer, Jesper Dahlbäck, FPU, Chromeo e Mateo Murphy. Per lui le cose iniziano a cambiare radicalmente alla fine del 2001, quando sottopone a Dj Hell “Sunglasses At Night”, cover dell’omonimo di Corey Hart del 1983 realizzata a quattro mani col finnico Jori ‘Zyntherius’ Hulkkonen. Il successo è dirompente e fornisce al canadese la giusta spinta per imporre il suo nome soprattutto come solista. Nell’arco di una sola manciata di anni Tiga James Sontag diventa irrimediabilmente l’idolo della generazione dei più giovani che trovano in lui un modello da seguire poichè irradiatore di suoni inediti (ma solo per chi, come già detto, è penalizzato dall’età): acid, new-wave ed italodisco sono gli stili da cui il dj-producer preleva le giuste ispirazioni per forgiare il suo stile, letteralmente esploso con hits come “Hot In Herre” (remake del brano del rapper Nelly), “Pleasure From The Bass”, “Louder Than A Bomb” (cover dei Public Enemy) e “You Gonna Want Me”, le cui liriche sono ispirate da “I Know” di Candi Staton, ossia la b-side quasi dimenticata della più celebre “Young Hearts Run Free”. Tutte vengono estrapolate dall’album “Sexor”, che vince il Juno Award 2007 nella categoria ‘miglior disco dance dell’anno’ convincendo i clubs ma soprattutto le radio. Nel disco figurano, tra l’altro, anche le cover di Nine Inch Nails e Talking Heads (rispettivamente “Down In It” e “Burning Down The House”). Tiga (che qualcuno a volte americanizza in Taiga) remixa in quantità industriale brani di Märtini Brös., Felix Da Housecat, The Neon Judgement, Drama Society, Tomas Andersson e LCD Soundsystem e, nel contempo, crea con una semplicità disarmante hit su hit. Oggi rilascia il secondo full che si intitola “Ciao!”, prodotto (ancora) coi Soulwax e James Murphy. Il disco si apre con “Beep Beep Beep”, indie-rock replicata nelle partiture di “Love Don’t Dance Here Anymore”. In “Shoes” (estratto come singolo e remixato da Mr. Oizo, Noob e Green Velvet) lo stile bacia l’electro-disco, coi bassi che fremono in tumultuosa attività strisciando come biscioni sull’asfalto rovente mentre in “What You Need” (anch’esso disponibile in formato singolo, con le versioni di Proxy e Zombie Nation) a rincorrersi sono echi techno sulla voce di Jake Shears degli Scissors Sisters. Tra le più convincenti c’è “Luxury”, romantica come i vecchi brani degli Alphaville ed assemblata incollando cocci di Depeche Mode e Human League; non da meno è “Turn The Night On” in cui new-wave e synth-pop vanno ancora a braccetto. Stesura più ovattata, in stile “Pleasure From The Bass” ma con sfibrate meno acide, è quella di “Sex O’Clock”, seguita da “Overtime”, electro-house pregna di voglia di non porre alcun limite nell’uso del basso come elemento conduttore, e “Speak, Memory” inizializzata sul rock. Infine “Gentle Giant” che immortala l’oscurità tipica dei Cabaret Voltaire (a dimostrazione che l’autore è uno che sa e non uno che si limita a scimmiottare il passato). “Ciao!” è un lavoro piacevole, forse più pensato per le radio che per il mondo delle discoteche, che potrebbe condurre Tiga al successo di artisti efebici come Scissors Sisters, Mika, Empire Of The Sun o Hercules & Love Affair, i cui brani accordano perfettamente scariche ritmiche ai classici moduli della canzone pop.

-Alexander Robotnick “Obsession For The Disco Freaks” (This Is Music): nata un anno fa come tributo a tutti i collezionisti di dischi (in vinile) dell’italo-disco e dell’hi-nrg, “Obsession For The Disco Freaks” trova finalmente la maniera per essere pubblicata. Naturalmente su vinile. L’Original Mix corre sui binari di simpatica e ridente electro-disco pensata esclusivamente per essere ballata. Scorre senza troppi fronzoli, diretta ed essenziale, così come sono la maggior parte dei brani del buon Dami. Tre i remix ad affiancare la versione che già da sola giustificherebbe l’acquisto: l’Heavy Feet eretto sulle tipiche distorsioni dell’attuale french-electro, il Rory Phillips strutturato su suoni grattugiati e il David Carretta, spassionata electro-techno col cuneo ebm. Segnalo anche la visione più acida di Andy Blakes, edita già da qualche tempo su Dissident.

-Various “Machine Gum Vol. 01/02” (Kaugummi): Kaugummi nasce alla fine del 2007 dalle ceneri di Panache Area come punto di scambio tra produzioni discografiche ed eventi legati alla musica elettronica. Dopo mesi di gestazione e preparativi, finalmente escono i primi due volumi di “Machine Gum” (acquistabili separatamente), che dichiarano gli stili a cui la struttura francese è più legata. “Paradise Of Fear” di Rude 66 è l’espressione più chiara dell’electro olandese costruita su grezzi basslines, taglienti come lame che affondano nelle carni del ritmo. Molto simile è “Je T’Aime Goodbye” di Blackskirt, nata sulle vibrazioni di synths analogici e ricami new-wave. Ashley (ossia Cédric Octor, ideatore di Kaugummi) invece graffia con la post-electro-punk di “Like A Drug Dropped On Your Lips” che, in alcuni punti, ci ricorda lo stile di ExchPopTrue e di Robots In Disguise, mentre gli spagnoli Women Affair si lanciano nell’electro-house più commercia(bi)le mediante “This Night”. Il Volume 2 di “Machine Gum” non lascia calare il livello di interesse grazie ai contributi dei Kitbuilders che, con “City Of The Damned”, riportano in vita la loro sferzante breaking-electro, zampillante di ritmi lividi ed incursioni vocali punkeggianti, e dei La Veuve Electro, artefici, con “Time, Lies & Movement”, di un tracciato costituito da disco remota, punk decadente, new-wave ed ebm. Altrettanto esuberante “Behind The Mask” di O. Lamm, cover dell’omonimo degli Yellow Magic Orchestra riqualificata in schemi electro-techno alla The Hacker/Kiko, coi synths che sorridono nell’essere macinati in ingranaggi ritmici. Tira il sipario Imiafan con Epidémia, electro-disco solare (forse troppo?) dai costrutti melodici a dir poco ruffiani. Un progetto che merita di essere supportato in toto.

-Justus Köhncke “Don’t Go” (Kompakt): è raro che una label come Kompakt possa lasciare spazio alla disco. A Colonia, lì dove sorge la sua stratosferica sede, è più facile lasciarsi andare sulle astrattezze minimali che sulle romanticherie in stile anni ottanta. Ma per Köhncke l’eccezione si deve fare. Baciato dalla fortuna nel 1997 per l’avventura nei Whirlpool Productions, il tedesco lascia vibrare le corde del funk elettronico in un brano che richiama, apertamente, il cosmic sound di Daniele Baldelli oltre a riportare in auge una vena pseudo-trance ottenuta con archi e voci parzialmente filtrate nel vocoder. Fa leva sui beats house invece il remix di Dirk Leyers, astro nascente cresciuto in ambienti fatti essenzialmente di contaminazioni stilistiche.

-André Walter “2nd Key Of Henoch” (Stigmata): la mitica label che lanciò, anni addietro, il genere hot-schranz, si rinnova ma non tradendo le aspettative dei suoi fans. La materia è Techno, ma quella con la T maiuscola, seppur variata in chiavi più attuali per trovare la giusta maniera per penetrare nel mercato e, soprattutto, nei gusti odierni. “Kolobos”, “Draconis”, “Fracture” e Them” rappresentano la techno del post-duemila, edificata (ancora) sull’uso del loop e del ritmo come unico filo conduttore. Potreste optare per la versione ‘Premium’ che racchiude anche il cd, il poster e l’adesivo.

-Detroit In Effect “FM Sucks (Give It To ‘Em)/Nothing’s Like Detroit” (M.A.P. Records): tra i nomi storici dell’ancor fiorente scena electro americana ci sono i Detroit In Effect (spesso apparsi con l’acronimo D.I.E.), duo creato a metà degli anni novanta da Tameko J. Williams ed Odell Perry. Le loro più recenti, ma alquanto sporadiche comparsate, si sono registrate su Clone e Marguerita mentre il 12″ uscito da pochi giorni riporta in vita, per la gioia degli ascoltatori più attenti, la M.A.P., inattiva sin dal 2003. “FM Sucks (Give It To ‘Em)” è il mosaico costruito dai cybersuoni tagliati dalla secca ma potente Tr-808, virtuosa nel suo vivace alternarsi tra cassa, snare, hihat e crash. “Nothing’s Like Detroit”, sul lato opposto, incarna il classico stereotipo dell’electro detroitiana inventata da Juan Atkins alla metà degli anni ottanta. Electro, miami-bass, hip-hop: questi gli ingredienti che i D.I.E. continuano a mescolare l’uno all’altro senza il timore di sbagliare o risultare troppo prevedibili.

-Alek Stark “En Las Calles De Madrid” (Transient Force): Serafín Gallego è annoverato, insieme a pochi altri (come Downrocks, Sace 2, Robert Calvin e Sbles3plex) tra gli artefici della scena electro iberica. E’ arrivato ad impersonare Alek Stark nel 2000, dopo una serie di trasformazioni (Elektrosher e Khosmaker), trovando, nel contempo, le energie sia per fondare Star Whores Records, che si farà sentire sino al 2004, sia per creare Illektric col rapper Aqeel. A fare del suo stile qualcosa di completo quanto estroso è indubbiamente la compenetrazione tra l’electro e l’hip-hop: il madrileno riesce a far convivere i Kraftwerk ed Egyptian Lover, Man Parrish ed Anthony Rother, I-F ed Afrika Bambaataa, i Drexciya e John Foxx e sente di appartenere, contemporaneamente, alla generazione delle macchine (we are the robot era lo slogan di “We Love You”) e a quella della breakdance. Oggi, a ben tre anni di distanza dall’ultima apparizione, rimaterializza la sua figura nel catalogo americano della Transient Force. “En Las Calles De Madrid” rappresenta esattamente la coesione tra il mondo dei cavi e quello dei balli acrobatici, ottenuto sull’alternanza di uno pseudo freestyle (in lingua spagnola) e l’uso massiccio del vocoder. In “I Sold My Soul” invece assistiamo all’avvicendarsi di echi ebm che rumoreggiano in una stesura su cui troneggia, come sempre, il vocoder. Transitando per “I.W.A.N.T.I.T.”, poco più di un interludio frutto della manualità a cui la musica di Gallego è sottesa, si giunge a “Too Much Secrets” in cui s’intraprende una scia che mira alle melodie eteree di Vangelis, ma sempre tranciate di netto dalle sincopi tra cassa e rullante. “Polarity Reversible”, infine,mette a nudo il volto più astrattista del producer di Madrid che distorce i toni, pialla la cassa, sminuzza il vocoder e tinge di nero quel che rimane della sua preziosa electro.

-Legowelt “Slompy Jitt EP” (M>O>S Recordings): l’ennesimo degli EP del prolifico Legowelt esce sulla label diretta da Aroy Dee ed è un ibrido tra la vecchia house di Chicago e il funk più grezzo, stili che l’olandese ha appreso da Farley Jackmaster Funk, Armando e Larry Heard. “Lovestory SH21” ricorda quel che Wolfers fece già diversi anni fa attraverso pseudonimi come Polarius e Gladio: i suoni sporchi, estratti direttamente dalle macchine, incontrano il funk astrale che è divenuto, un pò, il suo cavallo di battaglia. La title track, “Slompy Jitt”, ne ripercorre i passi infiltrandosi ancor più marcatamente in venature retro. Una quasi timida Tb-303 s’insinua nelle fessure ipnotiche di “Police 303” ed infine si segnala la monumentalità ieratica della Jackin’ House orchestrata su suadenti archi in “Deerdrive JX 10”. L’eroe dell’underground più vero continua a stupire.

-Plastique De Rêve “Lost In The City” (Supersoul): la versione originale fu anticipata alla fine della passata estate da “Nobody Knows Anything” (ne parlammo in Electronic Diary #203) ed oggi, a quasi un anno di distanza, ne apprezziamo due remix pubblicati sulla label di Xaver Naudascher. I 40 Thieves ricavano una house molto ciclica, derivata dai vecchi esperimenti di Chicago, infilata nella tech-house più modernista ravvivata a sua volta da svirgolate acide. Di maggior impatto la versione di The Juan MacLean, caratterizzata da frammenti di bassline e cascate melodiche sottratte alla trance.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

Lascia un commento