#237 -House e techno simbiotiche per Abe Duque

Eroe ‘sotterraneo’ della techno, rispetto a nomi commercialmente più appetibili come Sven Väth o Richie Hawtin, Abe Duque è stato tra i primi ad intuire, in tempi del tutto non sospetti (1993-1994-1995) le potenzialità creative che si celavano dietro la simbiosi tra house e techno. Divertendosi ad adoperare pseudonimi svariati per i propri brani (da N.Y. TK a The Super Secret Symphony, da Tension Posse a Fantastico sino ai più noti Kirlian e Rancho Relaxo Allstars), Carlos Abraham Duque Alcivar, dall’Equador, ha progressivamente imposto il suo stile. La sfavillante carriera da dj, che ormai da tempo lo porta ad esibirsi praticamente in ogni continente del mondo, non gli impedisce di continuare il lavoro in studio che nobilita la sua musica in ogni parte. Con questo presupposto elabora le idee del nuovo album, legato più o meno saldamente ai precedenti “So Underground It Hurts” e “When The Fever Breaks”. “Don’t Be So Mean”, questo il titolo, esce su Process Recordings e spazia su un terreno irto di ritmi techno ed house, su cui si innestano, in modo del tutto naturale, basslines dark, percussioni latine e segmenti di electronica eterea. Undici i brani tra cui “Following My Heart”, con la voce della brasiliana Virgina Nascimento, “Getting There” realizzata in coppia con Gennaro Lefosse e “Trash Acid House”, un vero inno per i nostalgici della jackin’ house qui abilmente ricollocata nella trance. A chi ama la battuta sincopata Abe Duque regala “Why They Need US” e a chi cerca qualcosa di svincolato e libero dagli schemi la sognante “Salute The Dawn”, realizzata sulle note di un classico eseguito al pianoforte di Claude Debussy. Tra le materie più palpabili per il dancefloor invece “Wake Up” e “Let’s Take It Back”, entrambe nate dalla collaborazione con il leggendario Blake Baxter. House e techno ormai sono davvero una cosa sola.

-Various “Cd 11” (International Deejay Gigolo): sono serviti ben dodici mesi a Dj Hell per approntare l’undicesimo volume di una saga iniziata nel 1997. La sua International Deejay Gigolo ha cambiato ‘pelle’ lasciandosi sottoporre ad un’intervento di lifting, sia a livello grafico che sonoro, e non è più quella di un tempo che, puntualmente ad ogni release, faceva parlare la critica e i dj’s di tutto il mondo grazie a trovate originali, strambe ed anticonformiste. Nonostante tutto rimane una label di riferimento capace di mantenere intatto (o perlomeno medio-alto) il livello qualitativo dei suoi prodotti. Nel doppio cd Geier raduna con pazienza una serie di brani che attingono, più dichiaratamente rispetto alle trascorse edizioni influenzate maggiormente dall’electro degli anni ottanta, dal repertorio techno-house statunitense. I nuovi eroi della scuderia, succedutisi alla vecchia generazione che ha fatto la vera fortuna dell’etichetta tedesca, si alternano veloci l’uno all’altro: The Model, Captain Commodore, Actor One, Snuff Crew, Herman Schwartz, Bennie A, Joe Le Bon. Poi lo svedese Jor-El che si reinventa del tutto utilizzando il suo nome anagrafico (Joel Alter), Peter Kruder, Dj Pierre, Opiates (Billie Ray Martin e Robert Solheim), Richard Bartz, Acid Junkies, l’italiano Marascia, Abe Duque, Lopazz, Phobia ed altro ancora che rende omaggio, con rare eccezioni (G. Rizo, Motor, Seelenluft) alla house e alla techno dei primi anni novanta. Certo, un pizzico in più di coraggio e di voglia di sconfinare oltre la classica misura in 4/4 non avrebbe disturbato il concept del progetto, ma l’ascoltatore può ritenersi comunque soddisfatto. La missione è compiuta.

-Dj Stringray/Heinrich Mueller “Drexciyan Connection” (WéMè Records): due vecchi amici, che ormai vivono separati dall’Oceano Atlantico, tornano ad incidere sullo stesso vinile. Da un lato Sherard ‘Stingray’ Ingram, ovvero il dj dei Drexciya, dall’altro Gerald Donald, che insieme al compianto James Stinson creò gli stessi Drexciya, non conscio di iniziare una fase creativa che difficilmente si sarebbe potuta ripetere in futuro. In “Drone Factory” e “Much Hate” di Stingray suoni appartenenti all’idm vengono limati e messi insieme secondo un quasi rudimentale schema dance, anche se di musica propriamente ‘da ballo’ c’è davvero poco in questo 12″. Non di formula dissimile “Drone FX” di Mueller, elaborato sull’effetto flanger e su una successione ritmica di una cassa freneticamente scomposta che plana su atmosfere nebulose. Potremmo considerarla la naturale evoluzione dell’electro-techno made in Detroit.

-Moderat “Moderat” (BPitch Control): le ultime annate musicali della label di Ellen Allien non mi hanno emozionato un granchè, forse a causa del piallamento creativo generale a cui è andata incontro la produzione discografica tedesca. Ma per i Moderat faccio un’eccezione. Il trio formato da Sascha Ring, (Apparat), Sebastian Szary e Gernot Bronsert (Modeselektor) ritorna a lavorare insieme a sei anni da “Auf Kosten Der Gesundheit”. Maturati artisticamente, i tre intersecano le proprie esperienze in un album dai suoni solari e coincidenti col pop anticonvenzionale. Realizzato esclusivamente con strumentazione analogica presso l’Hansa Studios (lì dove David Bowie registrò “Heroes”), “Moderat” suona modernissimo, con un sound che sfuma nel pop celestiale e nell’hip-hop setacciato nell’elettronica (avete presente Dabrye?). La mano di Apparat si sente distinta in brani come “Berlin”, “3 Minutes Of” e i due “Porc” (Part 1 e Part 2). Più dancerecci i grooves di “A New Error”, “Seamonkey” e “Nasty Silence”. A quanto pare invece, causa beghe legali, “Beatswaysick” (col featuring del rapper californiano Busdriver) vedrà luce solo in formato digitale. La sinuosa “Rusty Nails” è la prima ad essere estratta come singolo: in arrivo i remix di Shackleton e dei Booka Shade.

-Junior Rafael “Darkroom Traxx II” (Mighty Robot Recordings): il volume I uscì nel 2007 e dai crediti riportati sull’etichetta sembrava nato da incisioni risalenti al 1991. Forse non sapremo mai se Junior Rafael si sta beffando di noi o dice il vero, ma certa è la sua netta propensione alle materie sinuose della vecchia acid-house che diede il meglio di sè tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta. La formula dietro “Anything 4 Ur Love” è identificabile in: techno + house + acid. Il risultato ricalca lo stile di indimenticate gemme ai tempi pubblicate dalla Trax Records di Chicago (Robert Armani, Paul Johnson, Joe Smooth, Joey Beltram, Armando, Mr. Fingers, Phuture, Farley Jackmaster Funk, Maurice Joshua giusto per citarne alcuni). Ancor più aderente al jackin’ style, con la Tr 909 che impone la sua presenza attraverso un fragoroso e tonante snare, è “Promise Me”. Il lato b invece, mediante “Satisfaction” e “4 All Da Men In My Life”, tende a far rivivere appieno la techno dei primi novanta (Kenny Larkin, Steve Pointdexter, Moby, Tyrell Corp., Altern 8, Roland Casper). Tirando le somme, quel che fuoriesce dal nuovo Mighty Robot è la fedele ricomposizione della scena che fu e che continua ad essere grazie all’impegno costante di labels e producers sparsi per il globo. Techno will never die.

-Sare Havlicek “Dimitri’s Room” (Pizzico Nobel): la main division dell’italiana Pizzico (è bene sottolinearlo vista la carenza creativa che la musica prodotta entro i nostri confini lamenta negli ultimi anni) è lieta di annoverare tra le proprie file Jure Havlicek. L’artista sloveno, attivo sin dalla metà del decennio scorso mediante pseudonimi come Freeze, Hyperactive, Moob e Sare Muratore, va ad infoltire quella schiera di producers dediti a riscostruire il sound degli anni ottanta ricollocandolo in ambiti moderni. Sfruttando strumenti d’altri tempi, poco presi in considerazione ed addirittura ignorati dai più giovani, Havlicek plasma due tracce di schietta e decisa electro-disco: “Dimitri’s Room” e “Dragonflight” seguono lo stile di Viewlexx, Clone, Disco Praline e di altre decine di labels europee intenzionate a dare futuro alla musica del passato. Per la sua ispirazione cosmic-disco Jure decide di diventare Sare anche per “Star Women EP” su Mullet, al quale consiglio di prestare un attento ascolto. Non me ne vogliano gli altri (i vari Enzo Ponzio, Ichisan & Nakova, Junji Masayama) ma credo che questa sia la release più bella del catalogo Pizzico: meriterebbe di essere stampata su vinile.

-Ada “Adaptions -Mixtape #1” (Kompakt): arriva da Colonia, lì dove il minimal appare da sempre come un faro guida, la selection di Michaela Dippel, meglio nota come Ada, lanciata discograficamente dalla Areal. Nell'”Adaptions -Mixtape #1″ c’è tutto quello che la dj-producer tedesca reputa più importante della sua carriera, tra remix che ha realizzato per artisti di rilievo (Tracey Thorn, Booka Shade, Alex Smoke, Andi Teichmann) e quelli che altri hanno confezionato per i suoi brani (Michael Mayer, Dj Koze, Dee Pulse). In mezzo, quasi come a farcire una torta millestrati, brani inediti come “Lovestoned” (col featuring di Raz Ohara) e “Our Blindhouse (Each And Every One)”, riedizione del primo pezzo edito su Areal nel 2002 che la Dippel firma con Daniel ‘Cosmic Dj’ Sommer degli International Pony.

-Various “Final Song #01” (Get Physical Music): chissà quante volte vi è capitato di leggere nelle interviste a personaggi famosi la fatidica domanda del brano da portare con sè su un’isola deserta. La raccolta in questione nasce esattamente dal medesimo concetto: Get Physical Music, ormai etichetta leader nel settore della house contemporanea, ha chiesto ad una schiera di noti dj’s e producers di selezionare un brano che non faccia però obbligatoriamente parte del mondo della dance. Il risultato è un’escursione tra latin ed indie-rock, tra abstract ed ambient. Dj T. sceglie Eric Satie, Storm opta per Photek, Dj Hell riesuma The Stranglers, Laurent Garnier punta il dito verso i Radiohead, Ricardo Villalobos abbraccia i conterranei Inti Illimani. Ma il viaggio è lungo, e si snoda tra altre ‘scelte d’autore’ effettuate da Ewan Pearson, Richie Hawtin, Coldcut, Francois K e il mitico Kevin Saunderson, l’unico a preferire la dance con la storica “Supernature” di Cerrone.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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