Legowelt – Gardens Of The Ghetto (Crème Organization)

Poichè richieste da un consistente numero di fan, alcune delle bonus tracks destinate alla versione in CD di “Vatos Locos” (pubblicazione peraltro disturbata da un’erronea stampa che vide la ripetizione di alcuni brani a discapito di altri) vengono convogliate su vinile, supporto che chi segue Crème Organization continua a preferire. Dell’estroso musicista de L’Aia, a ragion veduta tra le massime cariche della scena Electro contemporanea, si evidenzia la metodologia compositiva: come dichiarò in un’intervista di quasi dieci anni fa, la sua musica è assemblata come si fa coi mattoncini colorati delle costruzioni dei bambini (e non è un caso che le più famose al mondo abbiano ispirato il suo alias più noto). Per il resto il campionario sonoro attinge dalla House, dalla Techno e dall’Electro, sempre in proporzioni uguali tanto da mettere in difficoltà chi si ritrova, come me, a descrivere la sua musica tentando, spesso invanamente, di trovare ad essa una precisa definizione. I quattro brani del 12″ incrociano gli stili sopraccitati con una maestria senza pari, e ne fanno qualcosa di unico perchè simile solo ad altre cose dello stesso autore. Ma non bisogna pensare che Wolfers copi sè stesso privandosi del piacere di imprimere un’evoluzione alla ricerca sonora. “Gardens Of The Ghetto” (che in “Vatos Locos” era “Guardians Of The Ghetto”) staziona tra le soundtracks di Carpenter o Badalamenti e gli scalpitii della House di Chicago. Ovvio che il colore del tutto tenda al nero, sebbene presenzi una progressiva evoluzione orchestrale più luminosa che prende pieno possesso al centro della stesura. La House primordiale è il punto d’origine anche per “Escape 5”, in cui un basso pizzicato in stile Funk viene incorniciato da tutta una serie di celestiali tappeti. Le citazioni dell’olandese affondano le radici negli anni Ottanta (e nei primi Novanta), e si sente da come programma la batteria di “Topaz Lagoon”, soprattutto per gli hihats e per gli snodi di snares, e il bassline di “Cholobass”, così vicino al ceppo dell’Electro di Detroit. Ritmo pulsante, suoni che prima si accendono e poi si spengono sotto la spinta dei ride, variazioni melodiche: questo il sunto dell’ennesimo (capo)lavoro di Legowelt, già adorato da chi sa che la Techno e la House non sono nate in Europa.

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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