INTERVISTA A GUY TAVARES di Giosuè Impellizzeri – 11/03/2K5

Fondatore della Bunker nonchè uno dei primi olandesi che ha creduto pienamente nelle potenzialità della musica elettronica, Guy Tavares è oggi un personaggio che si difende più che bene nell’underground internazionale. Attivo come produttore nelle vesti di Unit Moebius, Guy ha preferito rimanere quasi sempre nell’ombra nascosto dietro releases anonime e lontane dal facile business che alcuni pensano di poter trovare inseguendo sonorità sofisticate…Sempre attento alle nuove tendenze e agli artisti capaci di anticipare il sound che (forse) si ballerà domani, Guy Tavares si mette a nudo sulle pagine di Technodisco compiendo un abbastanza ampio excursus temporale grazie al quale si potrà capire meglio cosa gravita attorno alla prolifica scena electro olandese.

Ciao Guy e benvenuto sulle nostre pagine. Iniziamo parlando del tuo primo contatto con la musica elettronica.
"Tutto iniziò nell’ormai lontano 1982 quando ascoltai per la prima volta "The Message" di Grandmaster Flash e The Furious 5. A dire il vero ebbi la maniera di ascoltare qualcosa di dub-reggae l’anno precedente ma l’hip-hop fu il primo vero gradino che mi traghettò verso l’electric-boogie e la breakdance, spesso ritrovata in documentari che testimoniano la graffiti-culture del Bronx. Ero totalmente affascinato da questa visione neo-futuristica della musica e così l’icona dei robots mi conquistò in brevissimo tempo"

Definisci il tuo stile musicale.
"Per farla breve lo inquadrerei in ‘dark-electronic-music’. Prende spunto dall’industrial techno, dal miami-bass, dall’acid, dall’electro-funk, dalla detroit techno, da tutta la dark-synth music tipica delle soundtracks anni ’70. Il drum and bass e l’italo-disco invece sono molto distanti e diametralmente opposti a quello che prediligo come del resto tutte le forme della musica più commerciale"

Sei considerato una sorta di capostipite della scena elettronica di Den Haag: parlaci della tua attività all’interno della music-scene olandese.
"Al momento sto organizzando il primo party nelle squats ovvero in case occupate (una sorta di centri sociali). Il primo gruppo techno di Den Haag era composto da me (Unit Moebius) e Jan Duivenvoorden che oggi lavora sotto lo pseudonimo di Nimoy. La prima etichetta sperimentale della città invece è stata la mia Bunker. Adesso vi è una grande varietà di artisti e di etichette e ciò ha reso possibile un’innalzamento netto dello stile e della qualità del lavoro. Certo, non sto parlando di serate electro nelle quali imbattersi ogni sera e nemmeno di clubs specializzati (come accade in Germania) ma solo eventi irregolari in centri sociali o, per l’appunto, negli squats. Ad essere sincero, non ne sono dispiaciuto anzi lo ritengo un bene visto che l’electro rimane ben ancorata all’underground, lo spazio ove ho iniziato a muovere i miei primi passi. L’electro olandese deriva dall’industrial-techno risalente alla metà degli anni ’90, è influenzata dalla house e dall’acid di Chicago e naturalmente dalla techno di Detroit. A volte viene portato in luce anche qualche elemento dell’italo (visto che, durante gli anni ’80, Den Haag era una città fortemente influenzata dalla cultura musicale italiana). Ricordo che molti hooligans fanatici del calcio si diedero alla gabber, all’happycore e all’eurotrance, generi che in Italia hanno vissuto davvero ottimi momenti. Poi è da registrare anche la presenza dell’hip-hop, del miami-bass, della new-wave, dell’alternative (inteso come gothic e neofolk) e qualche sprazzo dell’hardcore-punk. Come puoi vedere la varietà degli stili dalla quale nasce l’electronic-music olandese è davvero vasta"

Poche righe fa hai citato la Bunker, l’etichetta che creasti nel 1992. Quali sono state le motivazioni che ti spinsero a fondare una tua personale label ??
"Agli inizi degli anni ’90 preparavo molti demos che però erano puntualmente rifiutati dalle etichette discografiche alle quali li sottoponevo. All’epoca ero un punk e frequentavo i centri sociali e così decisi di mettere in pratica il metodo definito ‘do it yourself’ ovvero ‘fare da soli’. Dovevo autoprodurmi visto che nessuno aveva intenzione di investire su di me e sulla mia musica. Una forte ispirazione venne dall’Underground Resistance con le sue atmosfere sinistre, immagini di città morte e misteriose, poche infos sui vinili stampati in modo da lasciare l’acquirente con una sorta di dubbio. L’essere anonimo mi incuriosiva, il produrre musica anonima attraverso macchine anonime e per un mondo anonimo … questo è stato il punto di partenza della Bunker. Ero fortemente attratto dal cyberpunk, dalle novelle del neoromanticista William Gibson, da film come Blade Runner, Akira e dai fumetti italiani (come il Liberatore) che avevano come oggetto il nichilismo. Era il periodo in cui Den Haag iniziava a conoscere abitazioni bizzarre, si organizzavano rave illegali nei parchi corrompendo anche le forze dell’ordine, vendendo la cocaina porta a porta, aizzandosi contro la gente che non voleva pagare il biglietto d’ingresso … si iniziava alle 7 del mattino e si terminava la sera. La musica era house ma molto clubby, i personaggi che prendevano parte a questi raves invece erano costituiti da un mix stranissimo e stravagante di gay, travestiti, punk, artisti di strada, ricchi che erano stanchi di vivere sotto una campana di vetro, gabbers, hooligans … tutte figure che rendevano l’atmosfera ancora più unica e quasi surreale. Ho assistito a cose che (fortunatamente) non ho visto più da nessun’altra parte del mondo. Indubbiamente girava molta droga, sia leggera che pesante, e questo tendeva ad abbruttire molto la situazione dato che erano frequenti le risse. Inutile negarlo, anch’io ho fatto utilizzo di droga (per tre anni consecutivi). Poi la situazione iniziò a mutare soprattutto quando un tipo iniziò a sparare in mezzo alla folla uccidendo due ragazzi"

Perchè hai optato per il nome Bunker ??
"Il nome mi venne in mente in un periodo particolare della mia vita. Immaginai della gente che ballava per una sorta di rituale in un luogo angusto, piccolo, buio, illuminato solo da una luce stroboscobica. Questo era un bunker, il luogo dove poteva essere proposta la mia musica. Inoltre attorno a Den Haag si trovano ancora oggi molti bunker abbandonati risalenti alla prima guerra mondiale. Il bunker mi affascinava perchè era qualcosa di sotterraneo e protetto che oggi appare una sorta di monumento sinistro proveniente da un caotico passato della storia umana. Le sue caratteristiche come l’essere minimalista, robusto, funzionale, anonimo, riflette la stessa identica struttura della mia musica … il contatto era ormai inevitabile ed in breve nacque la Bunker Records"

Parlaci un pò dei nuovi progetti che usciranno nei mesi a seguire.
"Ci sono svariate releases marchiate ‘Robot Dystopia’ pronte ad uscire nel 2005 e tutte, come di consueto, sono limited-edition. In questi giorni invece è uscito "Beyond The Congo" di Legowelt e la raccolta "The Bronson Quest" con la quale abbiamo fatto un tributo al noto attore Charles Bronson scomparso nel 2003"

Perchè le releases Bunker sono tutte delle limited-edition ??
"Semplice: con le limited-edition tutto è semplificato a partire dalla distribuzione per finire alla vendita. Se dovessi attendere i soldi dal distributore relativi alla release precedente sarei costretto a lasciar passare svariati anni prima di poter far uscire il disco successivo ;o)"

E’ ormai risaputo che nell’ultimo periodo il business legato alla musica non vive un bel momento. Quali credi che siano le cause di ciò ??
"E’ un problema che (fortunatamente) non sussiste per me e per la mia etichetta. In Europa ci sono tantissimi amanti del vinile che desiderano avere la propria copia che va ben al di là dei fantomatici files mp3 scaricabili attraverso la rete. E’ quindi un problema che interessa soprattutto le grosse aziende e tutti quelli che vedono uscire i loro prodotti principalmente su supporto cd (che poi è quello che costa maggiormente rispetto a tutti gli altri formati)"

Cosa pensi della scena musicale europea ??
"Mmm, sinceramente non ne ho la più pallida idea visto che è da parecchio che non compro più vinili. A casa ho una vasta collezione di dischi hip-hop ed hardcore-punk degli anni ’80, qualcosa di psychedelic risalente ai ’60 e cimeli hardrock, punk e reggae dei ’70. Le labels che mi hanno incuriosito maggiormente negli ultimi anni sono state la finlandese Sahko gestita da Jimi Tenor, la viennese Cheap, la B12, l’Irdial e tutte le tracce della londinese Rephlex, la celebre label di Richard James alias Aphex Twin. Purtroppo non conosco molto bene la scena attuale a parte il ghetto-tech che è una formula che definirei vincente"

E la scena italiana invece ti ha mai attirato ??
"Non ho mai avuto la possibilità di collaborare con artisti italiani ma spero che questo accada presto. Mi piace molto lo stile di Marco Passarani e del sound romano della sua Nature Records"

Quando sei in studio preferisci utilizzare i costosi hardware o i più maneggevoli software ??
"L’hardware, senza ombra di dubbio !! I software non mi sono mai piaciuti. Le uniche piattaforme che utilizzo sono l’Amiga 500 e il 1200 corredate dall’Octamed, il mio programma preferito. Il mio equipment ?? una chitarra Gibson, vari drumkits risalenti agli anni ’60 e ’70, un potente amplificatore, un Guild thunderbass, una chitarra-basso Rickenbacker, vari distorsori, l’Electric Mistress Flanger etc etc … ora credi che sia un pazzo !! :o) Inoltre sono un patito della batteria e, nel mio passato, ho fatto anche il cantante in un trio di blues-hardrock chiamato Orange Sunshine incidendo anche dei dischi su Motorwolf Records (www.motorwolf.nl)"

Pensi che internet rappresenti la nuova via da seguire ??
"Certo, visto che aiuta nel fare moltissime cose che sino a qualche anno fa erano letteralmente impensabili"

Il tempo a nostra disposizione è terminato: lascia un messaggio agli amici italiani di Technodisco.
"Per favore, lasciatemi una ragazza libera !! Donne di tutto il mondo, ricordatevi di me !! :o) Guy Tavares"

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