Intervista a Onirika di Giosuè Impellizzeri 10/12/2005

All’anagrafe è Roberta ma la scena musicale internazionale la conosce come Onirika. Tra le poche donne dj italiane, Roberta vanta un vasto background che trova in generi musicali disparati (come l’heavy-metal e il rock) le fondamentali linfe vitali. Tra le prime (in Italia) a credere nella tipologia progressive-house importata dall’Inghilterra, la brava Onirika è riuscita ad addentrarsi, seppur da pochi anni, nel campo discografico ricoprendo il ruolo di A&R della LDU Records, la piattaforma attraverso cui le sue emozioni prendono forma diventando tracce incise su vinile e cd. Un passato militato nelle file dei ravers ha spinto Onirika ad imboccare la strada della musica underground, quella che sacrifica i numeri delle vendite pur di mantenere intatta la sua anima e il suo messaggio. Nella breve (ma intensa) discografia trovano alloggio il fortunato "I Can’t Stand" che conquistò molti favori oltre le Alpi e vari remix realizzati per pezzi come "Lost In Tokyo" di Freddy Mayers e "So Dance" ed "Extasy" del tarantino Cristian Manolo.

Ciao Roberta. Partiamo parlando del tuo primissimo contatto con la musica dance. Quando e con quali artisti ti sei avvicinata al mondo delle sette note ?
"Ciao Giosuè. Tornando indietro con la memoria ricordo molto bene che nel 1979 mia madre mi portò al concerto dei Rockets e che il loro album "On The Road Again" era già mischiato tra i 45 delle sigle dei cartoni animati assieme a "The Age of Plastic" dei Buggles, "Knock On Wood" di Ami Stewart oltre a "Meteor Man" ed "Automatic Lover" di DD Jackson che, sempre grazie a quella ‘matta’ di mia madre, ebbi occasione di ascoltare live. Una selezione musicale piuttosto colorita che proponevo a tutti i miei compagni di classe durante l’intervallo alle scuole elementari con il mio ‘mangiadischi’ arancione, (mi pare si chiamasse Penny …) Se poi saltiamo il passaggio dell’adolescenza in cui nel mio sangue scorreva dell’heavy metal e della psicadelia pinkfloydiana (che non mi ha mai abbandonato), possiamo dire che la dance elettronica è parte integrante della mia genetica. Per quanto riguarda gli esordi come dj invece, i raves illegali che organizzavamo nel Carso circostante la mia città natale (Trieste) sono stati quelli che mi hanno forgiato per questa professione e che mi hanno indirizzato verso le sonorità più underground della musica elettronica"

Perchè hai optato per lo pseudonimo Onirika ?
"Come ben saprai, il mondo onirico è quello dei sogni ed effettivamente il mio pseudonimo deriva etimologicamente dalla radice greca ma è anche un dato di fatto visto che una mattina mi sono svegliata con questo nome ben impresso nella mente"

Ti batti, ormai da anni, per sostenere e portare avanti dei discorsi musicali che affondano le radici nella musica progressive-house. Credi che questo stile troverà nuovi stimoli in un immediato futuro ?
"Fondamentalmente mi batto per la buona musica. In questi ultimi anni ciò che ho ritenuto musicalmente migliore (e che quindi si adattasse al meglio per espressività, atmosfera, qualità e struttura) è sempre stata la progressive-house. Ogni stile musicale, chiaramente, ha e fa il suo tempo, si evolve come si evolvono gli artisti e come altrettanto fanno le tecnologie che questi hanno a disposizione per produrre. Personalmente amo la linea melodica che è insita dentro questo genere e spero che il calore ed il clima della progressive-house e progressive-trance si conservi nel tempo ovviamente mutandosi ed adeguandosi alle nuove tendenze musicali"

Tra poche settimane vedrà luce il primo volume di "Screening", la prima collection digitale realizzata dalla Screen Recordings di Stefano Greppi per cui hai curato la selezione e il mixaggio. Parlaci dell’interessante progetto.
"Lo ritengo un progetto bellissimo. Si tratta di un mixed dj-set, il primo della collezione, che contiene il meglio del catalogo Screen con tracce che tutti ricordano, remix e versioni inedite che convogliano l’ascoltatore all’interno di uno ‘schermo’ ove le molteplici sonorità si amalgamano tra loro creando un ascolto unico nel suo genere. Alcune tracce sono state poi personalmente editate e guarnite da ulteriori suoni in modo da realizzare qualcosa di veramente esclusivo a livello sonoro. E’ un grande onore ed un’enorme gratificazione per me mixare le tracce di Screen Recordings in un modo ‘esclusivo’ visto e considerato che Screen è una label coerente e molto rispettata in tutto il mondo. Sono molto felice di dare inizio a questa collection"

Sono in tanti a parlare della definitiva morte del vinile sul quale, probabilmente, prenderà il sopravvento il formato digitale. Cosa pensi in merito a ciò ?
"Personalmente credo, come ho già detto prima, che tutto si evolva. Il vinile è semplicemente un supporto più vecchio rispetto al nuovo, quello digitale, ma non vuol dire che questo debba scomparire per forza. E’ come se, per esempio, con l’avvento del forno a microonde nessuno avesse più usato il tradizionale forno a gas: si sa benissimo che le torte più buone si fanno con il forno della nonna ! Secondo me la creatività e la manualità del vinile non potrà mai essere rimpiazzata dalla fredda meccanicità del digitale anche se con quest’ultimo si può raggiungere senz’altro la perfezione tecnica. Personalmente mi trovo ad usare un pò di tutto, senza discriminazioni, anche se nelle mie serate ho scelto di utilizzare il disco, il mio ‘primo amore’ a livello professionale"

Il tuo studio vede la preminenza di strumenti hardware o software? A cosa è dovuta la tua scelta ?
"Prevalenza di software. In primo luogo per motivi logistici, in secondo luogo perché chi possiede uno studio hardware spesso produce da molto più tempo di me e possiede delle macchine che solo ‘l’anzianità di servizio’ ti dà la possibilità di avere. Io non produco da molto anche se faccio la dj da tanto. Come producer quindi faccio parte della nuova generazione. Lo studio del mio partner (leggermente decentrato dal mio di un qualche metro) vede anche moduli ed expander hardware. In comune utilizziamo il compressore Alesis 3630 ed alcuni moduli Aphex"

Prendendo in esame la scena musicale tricolore, quali sono i nomi che ritieni maggiormente validi e coerenti ?
"Francesco Farfa, Stefano Greppi ed Andrea Doria: professionisti seri, musicisti geniali e grandi amici. Apprezzo particolarmente i lavori e lo stile di Jonny20, sicuramente una nuova leva da tenere d’occhio"

All’estero invece ? Ci sono dj’s, producers e labels che nell’ultimo momento ti hanno colpita per qualcosa in particolare ?
"Visto che lo spazio a mia disposizione non è infinito, dovrò limitarmi nel parlare degli artisti che mi vengono in mente sul momento. Seguo, anche per un fattore di amicizia, l’evoluzione musicale di Benoit (Pole Folder), sempre pronto ad inviarmi cose che ‘lasciano il segno’ in senso positivo ed apprezzo James Holden per la genialità che riesce ad inculcare nelle proprie produzioni. Al momento mi piacciono le releases di Sultan, Snake Sedrick, Marc O’ Tool e Chris Micali oltre ad artisti con diverse direzioni musicali come Steve Stoll, Marc Romboy, Mreux e Jeff Bennet. Ascolto tantissima techno anche grazie al mio partner Massimo Nero. Ci sono tantissime produzioni ed artisti interessanti che mi piacerebbe citare ma l’elenco diventerebbe troppo lungo"

Credi che al giorno d’oggi il rapporto italiano tra musica e radiofonia sia conflittuale? Si parla di ‘ignoranza’ in materia e forse i network non fanno nulla per poterla azzerare …
"I network italiani vanno avanti in base alla domanda. Se la domanda è qualitativamente scadente, è ovvio che questo rapporto è negativo. L’orecchio dell’utente medio dovrebbe, in primis, essere rieducato alla buona musica ed aiutato a ritrovare l’individualità del gusto personale. La massificazione e la commercializzazione che contraddistingue la nostra società sta letteralmente ‘tappando le orecchie’ sia a chi produce che a chi ascolta la musica in Italia"

Nel 2004 ti sei occupata, assieme a Jonny20, di "Club Revolution", operazione coraggiosa poiché l’unica in Italia a credere ed investire nel filone progressive-house. Credi che prima o poi potremo assistere ad un naturale seguito ?
"Fu un’esperienza molto positiva a partire dalla produzione assieme a Jonny sino a vederla prender forma. Mentre in Italia tutti parlavano di ‘provare’ a fare una compilation mixata, noi l’abbiamo fatta senza pensarci due volte. Con tantissimi sacrifici alle spalle, possiamo essere orgogliosi di essere stati i primi italiani ad uscire in tutto il mondo con un dj-set mixato ufficiale dedicato alle sonorità progressive-house. E’ stato un lungo lavoro che ci ha dato parecchie soddisfazioni. Molti sono stati gli amici che ci hanno supportato in questo progetto che, ancora oggi, fa parlare di sè: Pole Folder, Stefano Greppi, Mert Yucel, Andrea Doria, Austin Leeds, Marc Grabber e tutti gli altri che hanno dato il supporto per le tracce contenute nel cd. Io e Jonny pensiamo di aver dato qualcosa di diverso ai clubbers italiani che ascoltano house music, interpretandola nel nostro modo con le nostre scelte musicali. Per quel che riguarda un volume 2, penso che non ci sarà anche se, sempre con Jonny20, stiamo preparando un altro mixed-cd che uscirà intorno all’inizio dell’estate 2006 sulla LDU Records"

Perchè un amante della musica dovrebbe comprare i tuoi dischi ? Cosa è possibile trovare e raccogliere nelle tue produzioni ?
"Un amante della musica dovrebbe comprare sempre ciò che piace. Nel mio piccolo cerco di programmare brani che per prima cosa piacciano a me e poi immaginando che effetto possano avere sulla pista di un club. Quindi tento sempre di realizzare cose che facciano ballare (visto che a me piace molto il ballo). A volte cerco atmosfere più dedicate alla mente e meno alla fisicità. Dipende dal periodo che sto vivendo, dal vibe che mi circonda in quel momento e penso sia così un pò per tutti, almeno per chi fa musica con passione e non per business"

Nell’ultimo periodo si assiste ad una vera e propria invasione di musica ribattezzata ‘electro-house’ spesso intrisa di acid. Credi che questa formula sia ormai prossima alla saturazione ?
"L’electro (nel vero senso del termine) sono anni che esiste e che esce regolarmente in vinile. Ora stiamo vivendo una sorta di ibrido chiamato appunto ‘electro-house’ che ha raggiunto l’apice della povertà in termini di idee e qualità. Spero che il ‘filone’ in questione venga sviluppato ulteriormente poiché credo che con l’andare del tempo questa staticità possa portare appunto verso l’auto-distruzione dei producers che lo seguono. Sto percependo, con grande piacere, un graduale ritorno alle sonorità anni ’90 e con esse una certa linea melodica che ultimamente si era persa in sounds e grooves piuttosto meccanici, poco dinamici e davvero poco personali. Resta comunque un fenomeno interessante per quanto riguarda l’aspetto della programmazione visto che c’è un grande ritorno all’uso dell’analogico ed alle sonorità legate a questo tipo di attrezzatura che fornisce un’anima diversa e forse più ‘umana’ alle produzioni. Spero che questo modo di interpretare l’electro (anche se chiamarla così oggi è molto riduttivo) finisca e che si ritorni alla ricerca sonora e qualitativa senza dar nulla per scontato e senza, soprattutto, interpretare un pezzo come se fosse una suoneria del cellulare"

Cosa manca alla club-culture italiana per potersi allineare alla situazione dei Paesi d’oltralpe (Germania in primis) ? Forse più passione per la musica e meno per il business ?
"Diciamo che alla club-culture italiana manca la proprio la ‘culture’. L’Italia, per una serie di svariati motivi che hanno anche radici storico-sociali (nelle quali non mi addentrerò per non dilungarmi in discussioni polemiche), non è stata mai abituata ad intendere l’industria del divertimento e della musica come accade in altri Paesi come ad esempio la Germania. Abbiamo avuto un periodo florido una decina di anni fa nei nostri clubs quando tutto era meno commerciale e di massa ed ovviamente tutti puntavano molto sulla musica e meno sul business. Ma è il concetto fondamentale di club-culture che manca al pubblico italiano: non vedremo mai nel nostro Paese eventi del calibro di Love Parade, Mayday, Energy, Glastonbury e tutti quei festivals dove l’unico denominatore comune tra tutti i partecipanti è l’amore per la musica a discapito di ogni altro aspetto, abbigliamento, ideali, acconciatura … Purtroppo ora in Italia, più che in altri momenti, è più importante l’apparenza e l’immagine: i ragazzi seguono modelli e stereotipi che li portano inevitabilmente verso la superficialità e la perdita di individualità ed i clubs ne sono triste specchio come la musica dance che si ascolta in giro"

Hai suonato in numerosi locali sia in Italia che all’estero (Grecia, Romania, Slovenia, Croazia, Austria): dove hai trovato i feedbacks più appaganti da parte del pubblico ?
"Mi piace molto lavorare in Romania dove la gente è fresca, attenta ed apprezza il tuo lavoro con orecchie critiche e grande entusiasmo. Ma questo succede anche negli altri Paesi europei e risiede in ciò il motivo per cui amo molto lavorare all’estero. E’ bello perché avere un pubblico attento, critico ed allo stesso tempo che si diverte, ti sprona a lavorare bene e meglio, ti fa assaporare realmente qual è il gusto di questa professione. E’ decisamente appagante per un dj"

L’ultima riga è, come di consueto, dedicata ai saluti.
"Una vita senza musica è come un corpo senz’anima. Ciao a tutti. Onirika"

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