Intervista a Mathew Jonson di Giosuè Impellizzeri 16/02/2006

E’ canadese, arriva dalla fredda Vancouver e negli ultimi anni è riuscito a ritagliarsi un posto di rilevante importanza nella scena internazionale della musica elettronica. E’ Mathew Jonson, appassionato di jazz, fusion, drum’n’bass e naturalmente di house e techno, gli stili che si miscelano in modo quasi acrobatico nelle sue produzioni che hanno invaso anche il continente europeo. Attirato dal mondo dei computer e della musica elettronica sin da quando era poco più che un bambino, Mathew affina il suo stile sino a focalizzarsi sul segmento minimal che oggi segue con particolare attenzione. Le prime produzioni appaiono sulla piccola label canadese Itiswhatitis che gli fornisce la visibilità necessaria per raggiungere l’europea Perlon: grazie ad “Alpine Rocket” infatti vola a Ginevra per collaborare con Luciano. In seguito i suoi beats seminali attirano l’attenzione di Ritchie Hawtin (che lo vuole sulla M_Nus) e di Sven Väth che dimostra una particolare predilezione per i suoi prodotti. Dopo fugaci apparizioni su Sub Static e Kompakt Extra, Mathew riappare con la sua label, la Wagon Repair, sulla quale viene pubblicata la fortunatissima “Marionette”. Tra i tanti remix che ha confezionato quelli per Nelly Furtado, Duplex 100, Hiem ed anche hits dalla risonanza popolare come “Slipping Away” di Moby e “Believe” dei Chemical Brothers.

Ciao Mathew. E’ mia abitudine ‘rompere il ghiaccio’ parlando degli esordi. Cosa ricordi del tuo primo avvicinamento alla musica creata con le macchine ?
“Quando ero bambino mio padre dirigeva un teatro e mi lasciava sedere insieme agli assistenti tecnici durante i concerti così mi trovai catapultato in mezzo a grandi mixer già all’età di sei/sette anni. A nove i miei genitori mi proposero di iniziare a prendere lezioni di pianoforte. Papà era molto interessato alla nuova tecnologia e così, anzichè comprare un pianoforte, optò per un sintetizzatore col quale dovevo iniziare ad esercitarmi. A dieci anni componevo già la ‘mia’ musica elettronica. Il primo pezzo che ebbe un impatto devastante su di me fu “Rocket” di Herbie Hancock”

Oltre ad Herbie Hancock chi ti piaceva ?
“Dai dieci ai tredici anni mi piacevano moltissimo i 2 Live Crew, i Public Enemy, NWA e molta heavy-metal”

Con quale stile musicale ti identifichi maggiormente ? O forse non ti piacciono molto le classificazioni …
“In effetti al momento ritengo che sia meglio oltrepassare la soglia della definizione. Se qualcuno per la strada mi chiedesse quale stile seguo risponderei semplicemente ‘electronic music’. Sento di non appartenere a nessun filone specifico”

Quali sono stati i motivi che ti hanno portato alla fondazione della tua label, la Wagon Repair ?
“Ho fatto nascere Wagon Repair (grazie al supporto di alcuni amici) con l’intento di pubblicare i pezzi che più mi piacciono racchiudendoli negli art-work di giovani artisti. Il nome nacque quando Graham, dopo aver ascoltato per la prima volta la mia “Marionette”, disse: ‘this will fix your wagon !’ (un simpatico gioco di parole che voleva sottolineare la funzionalità del brano e la sua potenzialità per il mercato)”

A cosa stai lavorando in queste settimane ?
“Il prossimo disco che uscirà è quello che ho realizzato con la mia band chiamata Cobblestone Jazz. S’intitola “Dump Truck” ed occupa il #014 del catalogo Wagon Repair. Successivamente sarà la volta del mio “Mañana De Verano”, ancora su Wagon Repair (il #016). Ti posso anticipare che come Cobblestone Jazz abbiamo terminato anche un altro 12″ che s’intitolerà “India In Me” e che sarà pubblicato durante la prossima estate”

Hai mai pensato di incidere anche un album ?
“Si ma al momento è una cosa che non ha priorità . A dire il vero trovo difficile raggruppare molte tracce utili a realizzare un album. Per questo motivo preferisco far uscire singoli”

Come hai anticipato poche righe fa, con Danuel Tate e Tyger Dhula fai parte della formazione dei progetti Cobblestone Jazz e The Modern Deep Left Quartet. Parlaci di questa collaborazione che negli ultimi anni si è rivelata ben più che fruttuosa.
“Daniel e Tyger sono riusciti ad elaborare un sound unico. Entrambi sono influenzati dal jazz e possono vantare un’educazione musicale in tutte le direzioni. Danuel sfrutta il suo talento prima come disegnatore e poi come compositore ed arrangiatore. Tyger invece lavora bene i samples estraendoli da una vastissima collezione di dischi. In The Modern Deep Left Quartet figura anche The Mole che si è aggiunto al gruppo nella veste di dj per le nostre esibizioni live”

Abiti in Canada, precisamente a Vancouver. Com’è la scena musicale della tua città ?
“La scena di Vancouver è molto giovane e in questi anni inizia a mostrare i suoi lati migliori. Ci sono già tanti bravi produttori e dj’s ma per quanto concerne i clubs invece non possiamo vantare esibizioni di un certo rilievo con cadenza settimanale. I festivals estivi sono indubbiamente i migliori dell’anno anche perchè coadiuvati dal panorama incredibile che ci offrono le foreste e l’oceano”

Hai mai avuto contatti con la scena italiana ?
“Ho sempre ammirato Marco Carola, sia come produttore che come dj. Più recentemente ho scoperto anche il bravo Donato Dozzy che sforna ottimi dischi oltre ad essere un bravissimo disc jockey”

Nutri il medesimo interesse per la scena europea ?
“La adoro ! Non ci potrebbe essere di meglio. Apprezzo in particolar modo Ricardo Villalobos, Luciano, Isolee, HansPeter Lindstrøm, Squarepusher, Ed Rush, Nico, Trace, Photek, Hidden Agenda, J. Majik, Doc Scott e molti altri ancora”

Attualmente il trend che imperversa sulla scena musicale del vecchio continente è indubbiamente quello del minimal sound. Quali credi che possano essere le nuove vie da esplorare in un vicino futuro ?
“Mi è sempre piaciuto il mix che scaturisce dall’unione della techno col drum’n’bass. Inoltre amo anche la combinazione tra techno e jazz. Magari potranno essere queste le due strade sulle quali si focalizzeranno le attenzioni dei producers nei prossimi mesi”

Sempre di più quelli che parlano della scomparsa del vinile al contrario dei files mp3 che probabilmente prenderanno il posto anche del cd.
“Sono assolutamente contrario a ciò. Gli mp3 suonano come un computer provvisto di una pessima scheda audio. Non è affatto possibile fare un paragone tra vinile ed mp3 e soprattutto credo che il disco non morirà mai. Il suono analogico del vinile continua ad essere il migliore e la gente che afferra questo discorso non si lascia abbindolare dal freddo file digitale. Il vinile aggiunge del colore alla musica tanto da renderla inimitabile”

Il tuo studio vede una prevalenza di strumenti hardware o software ?
“Mi piace molto usare l’SH-101 in quasi tutti i miei pezzi. I plugins non mi piacciono per niente e per questa ragione preferisco utilizzare ancora strumenti hardware. Probabilmente se avessi un computer più veloce (come il nuovo Mac ad esempio) userei maggiormente i software. Per il momento il computer lo adopero solo per registrare e per realizzare i live-acts”

Siamo arrivati in fondo Mat.
“Grazie mille a Giosuè e a tutti gli amici italiani ! Peace. Mathew Jonson”

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