#080 -Decimo anniversario per I Love Techno [11-12-2005]

E’ uno degli eventi leader della techno europea che ormai si svolge, con cadenza annuale, in quel di Ghent (Belgio). E’ I Love Techno che giusto qualche settimana fa (precisamente il 12 novembre) ha festeggiato il suo decimo anniversario. A presenziare alla serata (memorabile) sono stati artisti celebri come Underworld, Dave Clarke, Tiga, Super Discount, Sven Väth, Miss Kittin, Chris Liebing & Speedy J, T. Raumschmiere, Matthew Dear, Marco Bailey, Nathan Fake, T-Quest e Tony Rohr. Come di consueto anche quest’anno è stata realizzata la compilation ufficiale dell’evento, selezionata e mixata dal già citato T-Quest, resident al Fuse Club nonchè A&R della popolare Music Man Records. Nella tracklist presenzia una forte dose di techno miscelata ad un’electro piuttosto embrionale e minimalista che pare avere la meglio nell’ultimo periodo. Da “Snabeln” di Hugg & Pepp a “Nightbird” di Richard Bartz, da “Speedy Gonzales” di René Breitbarth a “Night Heat” di Sterac Electronics per finire ad “Isotope” di Deetron, “Marionette” di Mathew Jonson, “Rancho Relaxo” di Anja Schneider & Sebo K e alla bonus-track “I.L.o.v.e.T.e.k.n.o.” firmata dallo stesso T-Quest. Per dare maggior risalto e lustro al decimo anniversario dell’evento, la N.E.W.S. di Ghent ha deciso di rilasciare un’ulteriore progetto disponibile su triplo cd e in un cofanetto di cinque vinili (acquistabili anche separatamente). Trattasi di “I Love Techno Classics” che raccoglie il meglio della musica prodotta dagli artisti che negli ultimi dieci anni hanno partecipato all’evento. Balzo nel passato con “Orange Minus 01” di Richie Hawtin, “Red 2” di Dave Clarke, “Wake Up” di Laurent Garnier, “Gatex” di Umek, “Windowlicker” di Aphex Twin, “Flash” di Green Velvet, “Freak” di LFO, “Murder Was The Bass” di DK8 e “Timeless Altitude” di Secret Cinema alle quali s’aggiungono le storiche “Booster” di Planetary Assaut Systems (progetto di Luke Slater), “Acid Phase” di Emmanuel Top, “Spastik” di Plastikman e “Positive Education” degli Slam. All’appello non manca nemmeno la nota “Pontape” di Renato Cohen e la pluridecorata “Rocker” degli Alter Ego. Ottimo per i collezionisti che vorrebbero recuperare parte della storia della musica techno scritta nella passata decade.

-Westbam “Do You Believe In The Westworld” (Platik): prevalenza di sonorità acustiche sulle digitali per il berlinese Maximilian Lenz alias Westbam che, imbracciando una chitarra elettrica, compone tracce come “Like That”, “Bang The Loop”, “Prototype”, “My People” e “Something” alle quali vanno aggiunte varie collaborazioni con Claude Chevalier, Pierre Deutschmann, Kirk Brandon ed Aksel ‘Superpitcher’ Schaufler. In rilievo la cover di “Sunday Morning” di John Cale & Lou Reed (l’originale è del 1967) e l’immediata “Lovers No More” interpretata da Darryl Pandy. I tempi cambiano, Westbam resta. Sulla cresta dell’onda.

-Larry Tee feat. Princess Julia “The Noughties” (Beautycase): la sinergia tra il dj di New York e la cantante londinese, già sperimentata col progetto W.I.P., torna a pulsare in questo “The Nouhties”, primo singolo estratto di un album che si intitolerà “Rock n Rave”. Nell’Original riffs semplici sono alternati a brevi inserti vocali mentre nei due remix dell’ungherese Napsugar si assiste a miscelazioni electro-house e distorted-disco. Nonostante suoni piuttosto bene, il pezzo è fin troppo semplicistico e privo di quelle idee che lo potrebbero elevare dal mare di uscite quotidiane a cui siamo abituati. Dov’è finita la spregiudicatezza delle prime releases Beautycase ?

-Richard Bartz “Big” (Kurbel): dopo il break (forzato) causato da problemi di distribuzione, la Kurbel pare aver ritrovato la forza che la contraddistingueva negli anni ’90. Ad evidenziare il momento aureo è il nuovo lp dell’honcho Richard Bartz che plasma un elaborato capace di mostrare quanto oggi siano inutili i confini e le restrizioni musicali. Il monegasco infatti passa con straordinaria facilità e naturalezza dalla chicago-house alla rediviva acid toccando la rave techno e versanti ebm. Il tutto immerso nella polvere degli strumenti analogici, comune denominatore che lega l’artista ai passati (e numerosi) lavori.

–=UHU=- “Constellation Mixes” (International Deejay Gigolo): da non confondere col quasi omonimo collante, -=UHU=- è il progetto che porta alla ribalta Gatis Pastars. E’ dalla fredda Lettonia che vengono fuori le quattro tracce nelle quali l’ispirazione è chiaramente fornita dall’electro di Detroit (in particolare quella di Gerard Donald, attivo sotto svariati pseudonimi come Dopplereffekt, Japanese Telecom, Arpanet e Der Zyklus). La musica di -=UHU=- vede il trionfo delle macchine, dello stile automatizzato e della gloriosa robot-music che rintraccia la sua linfa ispiratrice nei Kraftwerk. Pensare al futuro porta ad immaginare mondi dominati dalle macchine ed illuminati solo dalle luci di led luminosi: se un giorno tutto ciò diventerà realtà, -=UHU=- rappresenterà la sua colonna sonora. We are the robots.

-T-Total “Give Me Funk” (Harlem Electric): la white-label mi impedisce di capire se dietro questo disco si celi il medesimo team di produzione che qualche mese fa approdò sulla berlinese Beautycase con “Beat Me, Bite Me, Whip Me, Fuck Me”. A giudicare dall’Original Mix pare proprio di si vista la costruzione in tipico stile electroclash inglese marcatamente segnata dai canonici 4/4. Electronic-house invece per la Pravo Mix di Phil Dockerty che tira fuori anche un (non preminente) vocoder-vox. Una discreta uscita per la ‘sorellina elettrica’ della Harlem di Steve Lawler giunta così al suo #004.

-Time Lock “Power Charge” (YoYo): secondo album per il giovane Felix Nagorsky alias Time Lock, reduce di ottimi feedbacks raccolti da un pubblico internazionale col precedente “10 Seconds Away” uscito nel 2004. La strada, spianata dal singolo “Out Of Sight”, appare ora in discesa con un lavoro che si snoda su territori psy-trance messi in sequenza da nove tracce alle quali s’aggiungono anche due bonus: la hit estiva “Un:Balanced” (prodotta assieme a June Rashva) e il remix della nota “Cities Of The Future” degli Infected Mushroom. Quelli di Time Lock sono veri e propri missili di psychedelic-trance a volte imparentati con l’elettronica europea e con della rediviva goa.

-Stone Lions “Snow Over Arizona” (Marine Parade): leader del movimento breakbeat inglese, la Marine Parade (fondata nel 1998 da un’allora poco conosciuto Adam Freeland) tende a stabilizzarsi su un segmento più dance del solito. L’Original Mix di “Snow Over Arizona” infatti ci porge un bassline continuo in stile 80’s che progressivamente abbraccia pads un pò tetri ed un beat deciso. E’ con la Melting Ice Caps Dub che si riscopre un pò d’acustico nella batteria sebbene la traccia scorra via fin troppo tranquillamente.

-Hell “Tragic Picture Show” (International Deejay Gigolo): ennesimo estratto dall’album “N.Y. Muscle” che trova ora modo di esporsi su un affascinante 7″. L’Alternative version, prescelta per questa centosessantottesima uscita della Gigolo, è stata composta da James Murphy alias LCD Soundsystem (che ha donato al tutto un tocco acustico) mentre i vocals sono dell’iperproduttivo Tommie Sunshine. Da collezione.

-(A)pendics Shuffle “Rampant Passenger” (Mo’s Ferry Prod.): dopo releases apparse su Planet MU, City Slang, Tigerbeat 6, Force Tracks, Orac, Narita, Proptronix e SKOR, Kenneth James Gibson alias (A)pendics Shuffle sbarca sulla Mo’s Ferry Prod. di Dapayk con un e.p. che nasce dall’abstract e che trova modo di esporsi attraverso melodie zigzaganti ed incroci di samples centrifugati col beat. Il lato b vede una vicinanza alla detroit-techno grazie ad un incremento nei bpm dei grooves lineari che, di tanto in tanto, s’incurvano e lasciano trapelare anche sferzate acidule.

-Amari “Grand Master Mogol” (Riotmaker): Dariella, Pasta e Cero si fanno interpreti di un pop ‘diverso’ non solo per l’inserzione di ‘voci inconsuete’ quali H.C. Rebel (ai giradischi), Marcopiano (alle chitarre e synths) e Barakus ed Enri Colibrio alle drums, ma per un’impostazione generale che va ben oltre quella classica dei modelli italici. Setacciando il quotidiano il trio rintraccia un motivo conduttore che viene addossato a rumori elettronici e a beats che fanno muovere il piede a tempo. Con “Un Altro Basso di Polvere” s’intravede anche il mondo degli Amiga e dei Commodore 64, una volta contesi e protagonisti dei pomeriggi di migliaia di adolescenti ma ora dimenticati in ripostigli, mansarde, cantine e, nella peggiore delle ipotesi, finiti in mercatini domenicali di oggetti di un tempo che fu.

-Kid Alex “Young & Beautiful” (Rotor): primo tasselo per la sublabel più ‘frizzante’ della Milk & Sugar. A firmarlo è il talento Alexander Ridha già noto per l’avventura Boys Noize apparsa su labels d’alto calibro quali Gigolo e Datapunk. All’Original Mix (che predispone in prima linea un felice costrutto electronic-techno-pop dal facile ed immediato impatto) s’aggiungono tre remix firmati da Ego Express, Tommie Sunshine ed Error Error. Il migliore, a mio avviso, è l’ultimo (prodotto da Denis Karimani alias Remute) che tira fuori il meglio della traccia originale e lo tratta con additivi chimici, suoni metallurgici e ritmiche incandescenti.

-Danilo Vigorito/Joy Kiticonti “Our Friend’s E.p.” (Orion Muzik): si parla di amicizia in questo ottavo capitolo per la Orion di Danilo Vigorito. E’ proprio questo il sentimento che spinge il partenopeo a collaborare col toscano Joy Kiticonti, reduce di una release sulla tedesca Unleash. Vigorito, con “My Friend Ghost”, ci riporta ai primi mitici Primate con un bassline ovattato ed una costruzione ritmica sempre ben congeniale mentre Kiticonti, con “My Friend Leo”, si poggia su tutt’altra scuola non caratterizzata dal culto per il groove ma dalle costruzioni minimali ed ossessive che personalmente non apprezzo molto poichè fin troppo legate a mode del passato.

-Sebastien Leger “Epoxy” (Black Jack): nell’attesa che esca il suo album (previsto per il prossimo marzo) Sebastien Leger (noto anche come Sebago) rilascia questo singolo che rinnova l’amore per la commistione tra electro, techno ed house. L’Original profuma di Vitalic con le persuasive melanconie sparse lungo la stesura mentre il remix di Oliver Klein gravita su un costrutto rumorista, filone che negli ultimi mesi pare avere la meglio sull’invasione di electro-house ormai prossima alla saturazione.

-Aa.Vv. “Freshly Composted” (Compost): dieci anni di intensa attività per la label monegasca di Michael Reinboth che, per festeggiare lua sua release #200, rilascia una speciale collection incisa solo su cd. Ben 14 le tracce incastonate che, come tradizione vuole, passano con dimestichezza dal future-jazz al downtempo toccando la modernista electronic-dance. Da Ben Mono feat. Bajka a General Electrics, da Beanfield feat. Ernesto a Product.01 sino ad Alex Attias e Jean-Paul Bondy & Carl A. Finlow. Il tutto è racchiuso in un super-jewel-box che rende più che bene omaggio al lungo lavoro di Reinboth dettato dalla sola passione che spesso ha portato la sua Compost fuori dalle logiche di vendita.

-Moonbootica “Pretty Little Angel” (Moonbootique): estratto dal recente album “Moonbootica”, “Pretty Little Angel” (composta assieme ad IAMX) si avvale ora di due inedite versioni remix che spingono ancor di più su questo binomio che pare indissolubile tra electro ed house. Infarinatura alla Zombie Nation (con bassi strascicanti) per la rivisitazione di H-Man (meglio noto come Huntemann) mentre un tocco assolutamente non banale è imposto da quella del danese Tomas Barfod, leader della band dei WhoMadeWho (senti Gomma Records).

-My My “Serpentine E.p.” (Playhouse): arriverà a breve il follow-up del “Klatta E.p.”, ancora edito dalla Playhouse, ormai da tempo specializzata in un sound minimale che in questi mesi pare avere la meglio su tutti gli altri. Tre sono le tracce in puro Villalobos-style: “Serpentine”, un vero minimal-tool che porge giochi di suoni su un beat levigato, “Backdoor Pilot”, nella quale la cassa fa sentire maggiormente la sua presenza alternandosi a patches di vecchi videogames e “Small Steps” che incrocia la deep-house con la micro in un risultato più conturbante e variopinto.

-Marc Wannabe “Things Don’t Last Very Long” (90% Wasser): Marek Wantzéck alias Marc Wannabe parte dal concetto di estrapolare la musica del futuro da vecchie radio e da transistors impolverati: l’effetto è reso in modo perfetto in questo terzo lp nel quale predominano i rumori e le cacofonie a volte interrotte dalle incursioni vocali di MOWE e Column One. Voto di merito anche alla copertina che ricorda il Nouveau Réalisme di Robert Rauschenberg e il pop-art di Mimmo Rotella.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

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